venerdì 29 luglio 2011

Mai gay!


Quello dell’omosessualità è un argomento che compare spesso su Stampa Libera. Il titolare del sito contesta ai gay la spettacolarizzazione fastidiosa delle loro rivendicazioni, mediante comportamenti pubblici che possono scandalizzare gli astanti. Si contesta anche il fatto che le autorità permettano i “gay pride”, le giornate di orgoglio omosessuale, in un’ottica di attacco alla famiglia, intesa come nucleo della società e fatta di un uomo, una donna e relativi figli (e gli animali?).
Questo concetto mi ricorda molto quel simpaticone di Giovanardi e quando sento parlare di nucleo tradizionale della società, la mano mi corre al revolver, per parafrasare Goebbels. Che abbiano fatto un “gay pride” a Roma anni fa lasciò perplesso anche me, quando lo venni a sapere, perché da laico agnostico quale mi reputo lo considerai come un palese affronto al Vaticano. Oggi, che i “gay pride” stanno proliferando, mi pongo altre domande, che esulano dal fastidio che l’argomento può ingenerare nel clero cattolico. Il quale, va ricordato, è stato per secoli ricettacolo di uomini e donne dichiaratamente omosessuali: basta leggere “Dentro il convento”, una raccolta di testimonianze di suore lesbiche, pubblicato in Italia per la prima volta nel 1986.

giovedì 28 luglio 2011

Homo homini lupus



Nel film “La vita è bella”, Roberto Benigni spiega a suo figlio perché sulla vetrina di un esercizio commerciale c’era scritto: “Vietato l’ingresso agli ebrei e ai cani”, dicendogli che ai padroni di quel negozio non sono simpatici né gli uni né gli altri e che ogni negoziante ha diritto di manifestare le proprie antipatie. Tanto è vero che in un negozio più avanti – è ancora Benigni che spiega – si trova un altro cartello con su scritto: “Vietato l’ingresso ai cinesi e ai cavalli”.
La verità, a volte, è difficile da spiegare ai bambini, anche se Tahar Ben Jelloun ci ha provato con sua figlia [1]. La verità è che abbiamo la convinzione, consolidata in millenni di storia, che i diversi da noi possano costituire un pericolo, se non altro perché non riusciamo a capire ciò che dicono. E potrebbero quindi fregarci. La confusione di lingue derivata, come punizione, dall’arroganza di voler costruire una torre alta fino al cielo, se accettiamo per vera ciò che è solo una leggenda, è stata la peggiore iattura che potesse capitare all’umanità. Non dico che non ci sarebbero state guerre e conflitti, ma almeno, con una lingua comune, avremmo avuto una possibilità in più per appianare le controversie grazie al dialogo. In questo senso, i propositi massonici di costituire un unico governo mondiale, con un’unica lingua, sarebbero anche attraenti di per sé, se non fosse che, conoscendo i nostri polli, sappiamo come andrebbe a finire: con un’implacabile dittatura liberticida.

martedì 26 luglio 2011

41 eroi caduti, finora, per la democrazia



Sopra il campanello di casa, un mio amico ha attaccato un adesivo, con sullo sfondo l’aquila patriarcale friulana, che dice: “L’Italie e je in guere; jo no!”. Non credo che la traduzione sia necessaria. Nella coscienza collettiva degli italiani non è entrata l’idea che il Bel Paese stia combattendo con il proprio esercito in una lontana contrada di cui non sappiamo nulla.
Anche le notizie dal fronte, che riguardano unicamente le nostre perdite, non ci fanno entrare nell’ordine d’idee che stiamo combattendo una guerra. Si tratta di singoli morti e non elevano l’emotività degli italiani che sono da decenni abituati alle stragi. Solo Falluja, con i suoi 19 morti, è riuscita a raggiungere il quorum dell’emotività, ma anche quella storia ormai è stata dimenticata, come sono dimenticati i morti delle stragi di Stato.

domenica 24 luglio 2011

Tiro al piccione



A forza di sparare, sotto lo sguardo severo dei giudici, a piccioni, storni e quaglie, gli amanti delle armi si sono imbaldanziti e hanno fatto il famoso salto di specie, come virus impazziti e manipolati.
In Italia ci sono 750.000 seguaci dello scoppio calibro 12, ma quanti sono in Norvegia? A chi sparano? Sparano ad alci, cervi e forse anche agli odiati ghiottoni. Si mettono tute fosforescenti, a differenza degli sparatori nostrani che preferiscono la mimetica, e si disperdono negli umidissimi boschi scandinavi in cerca di grossa selvaggina. I loro colleghi marittimi s’imbarcano su baleniere e vanno a sparare ai cetacei, nonostante le preoccupazioni degli ecologisti che temono l’estinzione delle balene. Ci sono anche gli isolani delle Lofoten che si appostano sulle scogliere a picco sul mare e con lunghi acchiappafarfalle insaccano le pulcinella di mare. Non hanno altro da mangiare, poverini, in quelle ventose isole refrattarie all’agricoltura.

venerdì 22 luglio 2011

La mia Genova



Non so per quale misteriosa forza d’attrazione andai anch’io a Genova. Forse perché mi si erano presentate le condizioni giuste. Avevo infatti una ragazza, all’epoca, disposta ad accompagnarmi; avevo una macchina e dei soldi da parte; c’era anche una mia conoscente tedesca che mi prestava la sua casa delle vacanze, in provincia di Savona. E poi ci andavano tutte le associazioni animaliste. Adriano Sofri dal carcere scrisse che per un giovane, non andare a Genova, sarebbe stato come tradire i propri ideali. Io giovane non lo ero già più, ma conoscevo quel ritornello che dice: “….e se non partissi anch’io, sarebbe una viltà!”.

mercoledì 20 luglio 2011

Demonangeli


Cosa pensereste di me se vi dicessi che a volte credo di essere un angelo esiliato fra voi terrestri, per educarvi al rispetto degli animali? Che sono affetto da qualche malattia mentale, probabilmente. E se vi dicessi che spesso mi capita di ricevere aiuto dagli angeli, sotto forma di persone che vorrei incontrare e che, inaspettatamente, incontro, o di oggetti che mi servono e che, improvvisamente, mi vengono fatti trovare? Che anche questa è una forma blanda di malattia mentale, come quando qualcuno crede di sentire le voci o di vedere gnomi e fate.
Prima di accingermi a scrivere questo articolo, avevo in mente una serie di contenuti che stroncassero inesorabilmente ogni credenza nelle manicheistiche entità spirituali chiamate angeli e demoni, poiché che io sia un angelo in sembianze umane o che riceva aiuti di scarsa importanza da angeli veri e propri, sono io il primo a non crederci veramente. Dunque, almeno qualcosa di positivo c’è: non sono un malato mentale. Non per questi motivi, almeno.

sabato 16 luglio 2011

Segnali d’incipiente nausea cibernetica



Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.
La rosa in origine stava nel suo nome.
(Ora abbiamo a che fare solo con nomi vuoti)





Dopo Paolo Barnard [1] sembra che anche TNEPD e Mondart vogliano chiudere i loro siti. Il motivo è che le chiacchiere fatte in questi ultimi anni su internet si sono rivelate sterili e infruttuose. Le battaglie virtuali contro un nemico invisibile, come avviene ne “Il deserto dei tartari” di Buzzati, li hanno logorati a tal punto che hanno deciso di chiudere baracca e burattini e voltare pagina.
Non lo faranno! Io non ci credo!
Rispetto l’intima esigenza di dare una svolta alla propria vita, per motivi personali (ogni tanto è necessario farlo), ma siccome conosco di persona il titolare del sito TNEPD, so che essi, TNEPD e Mondart, come il sottoscritto, sono drogati di internet. Sono stati, come me, accalappiati nella rete del ragno. Siamo web-dipendenti, amici, rendiamocene conto! Chissà che non fosse proprio questo l’intento originario di internet che, non va dimenticato, nasce come arma militare? 

venerdì 15 luglio 2011

Il coraggio di dire signornò



L’ho comprato per un euro. Su una bancarella a Gorizia. S’intitola “Signornò” ed è stato pubblicato da Guaraldi nel 1973. E’ forse il primo libro di Francesco Gesualdi [1], scritto all’età di 23 anni. Un resoconto ragionato della sua personale esperienza come militare di leva. Da quando aveva otto anni, Franco fu allievo della scuola di Barbiana e amico di Don Lorenzo Milani fino alla di lui morte, avvenuta nel ’67.
A leggere il libro di Gesualdi si capisce che ha avuto un bravo maestro. Erano gli anni della contestazione, in Occidente, ma molte cose ancora non si sapevano e a un lettore smaliziato di oggi, il libro appare permeato di ingenuità. Per esempio, Gesualdi credeva nei valori della democrazia, mentre noi sappiamo che anche questa forma di governo è usata dai dominatori per manipolare la gente. Credeva anche che l’esercito fosse al servizio del popolo, anche se verso la fine del testo Gesualdi stesso avanza dubbi in proposito. Riteneva che si dovessero formare sindacati anche fra i militari di leva e portava a prova di ciò gli articoli della Costituzione che garantiscono libertà di pensiero e riunione, ma si rendeva anche conto che un cittadino, nel momento in cui viene arruolato, perde il suo status e diventa materia utilizzabile in guerra e in pace, come una pedina su un’enorme scacchiera. Nella prima parte del libro evidenzia le contraddizioni, le ingiustizie, il classismo e gli sprechi di denaro pubblico compiuti dalle gerarchie militari ai danni dei soldati di leva e del resto della popolazione. Gesualdi faceva l’autista e un giorno, per andare a prendere nove chili di miccia fu mandato con un camion capace di trasportare 150 quintali.

mercoledì 13 luglio 2011

Animali nocivi


“Non è uomo ma bruto chi si compiace di torturare un animale. E’ un’azione empia, altamente riprovata dalla morale; l’ignoranza la spiega, ma non può scusarla. Anche se l’animale fosse nocivo, sbarazziamocene con la morte, ma guardiamoci sempre dall’infliggere inutili dolori, dal far soffrire al solo scopo di far soffrire. Significherebbe inaridire in noi uno dei più nobili sentimenti: la compassione, risvegliando istinti feroci, che troppo spesso conducono alle terribili conseguenze del delitto. Chi si compiace di torturare le bestie non può compatire le miserie dei suoi simili; è un cuore duro, propenso al male”.
Jean Henry Fabre, “Gli ausiliari”


Mi corre l’obbligo di fare una doverosa premessa. Non è mia intenzione scrivere articoli per rattristare i lettori: ci pensa già la tivù a presentarci un mondo tormentato da accadimenti orribili, così da far venire meno la fiducia nelle buone qualità dell’uomo, che pure esistono, e ottenere un’utenza spaventata e malleabile, utile all’élite per portare a compimento i propri piani. Si deve però tener presente che gli animali sono la categoria di persone storicamente più maltrattata e oppressa e un articolo che parli dei rapporti uomo-animale è ovvio che non possa raccontare cose allegre. Del resto, ci pensano già i mass-media della “corrente principale” (mainstream) ad occultare le nostre responsabilità come specie superiore, tenendo nascosta la violenza con cui di solito trattiamo gli animali. Sarebbe quindi colpevole da parte mia presentare gli aspetti piacevoli ed edificanti di questo nostro rapporto con il mondo animale, limitandomi solo a quelli, e se ho quindi la tendenza a mettere in mostra gli aspetti crudi della faccenda è per colmare una lacuna delle altre fonti d’informazione che agiscono in modo omertoso.

sabato 9 luglio 2011

Giuditta e il suo inferno



“S’i fosse foco, arderei lo mondo; s’i fosse vento, lo tempesterei; s’i fosse acqua, i’ l’annegherei; s’i fosse Dio, mandereil’ en profondo; s’i fosse papa, allor serei giocondo, che tutti cristiani imbrigarei; s’i fosse imperador, ben lo farei, a tutti tagliarei lo capo a tondo”
Cecco Angiolieri



Qualcuno mi spieghi, di grazia, perché voi terrestri avete il brutto vizio di tagliare la testa alla gente! L’ultima notizia raccapricciante di questo tenore, giunta agli orrori della cronaca, è di pochi giorni fa ed è successa in Sicilia. La testa mozzata di un cane è stata fatta ritrovare sulla porta di qualcuno, a mo’ di avvertimento [1].
Non è la prima volta che si decapita un animale per mandare un segnale a un umano. Lo avevamo già visto nel film “Il padrino”, dove una testa di cavallo viene fatta trovare addirittura sotto le lenzuola di un uomo. Deve aver avuto il sonno molto pesante quel tipo!
A un signore elvetico amante della natura, che si era trasferito in un podere, in Sardegna, una mattina fu fatta trovare la testa del suo asinello, infilzata su una staccionata. Qualche vicino non gradiva la sua presenza e voleva convincerlo a tornarsene in Svizzera. In fondo, anche gli svizzeri sono extracomunitari. All’ex direttore del parco nazionale d’Abruzzo, Franco Tassi, hanno fatto trovare la testa di un orso, sulla porta dell’ufficio, a testimonianza del fatto che nessuno può fermare i bracconieri. 

mercoledì 6 luglio 2011

Siena, vituperio delle genti




“Non c’era colpa nell’uso comune del cavallo. Ma quando venne costretto a gareggiare passò da essere un dono di Dio ad essere al servizio dei demoni”
Tertulliano, “De spectaculis”



A Siena ne hanno assassinato un altro! [1] Una morte annunciata, reiterata nel tempo. La banalità del male concentrata in una piazza. Se Dante fosse ancora vivo, forse metterebbe Siena al posto di Pisa [2], perché non è possibile che in un paese sedicente civile succedano queste cose. Perseverare nell’errore è diabolico, tuttavia, senza voler arrivare ad ammettere che i senesi siano dei demoni, bisognerebbe almeno rivedere la terminologia e guardare in faccia la realtà. D’accordo che l’Italia, in quanto sede del Vaticano, è, per una sorta di contaminazione osmotica, la patria dell’ipocrisia, ma c’è un limite a tutto e il Palio di Siena va chiamato con il suo nome: barbarie istituzionalizzata, senza cercare di nobilitarlo con l’abito della tradizione. Chiamiamolo pure gioco al massacro, dove a morire non sono persone umane come nel Colosseo, ma persone non umane: le prime, prepotenti e arroganti, da sempre schiavizzano e perseguitano le seconde. Se si arriverà ad ammettere questa semplice verità, che il Palio di Siena è uno spettacolo basato sulla morte altrui, la morte come spettacolo, si sarà fatto già tanto, in direzione di un’eventuale redenzione, ma molti italiani, e per primi la totalità dei senesi, non lo ammetteranno mai. E’ più facile continuare a sguazzare nella menzogna, anzi la menzogna è il presupposto per continuare a commettere il male.

lunedì 4 luglio 2011

150 anni di dominazione



Mi cimento anch’io sul tema dei 150 anni dell’unità d’Italia. Non sono uno storico, ma mi sento legittimato a parlare dell’argomento perché da anni frequento amici friulani che mi parlano di “nazion furlane” e considerano l’Italia come l’ultimo straniero in ordine di tempo che abbia invaso questa mia terra. Alla quale sono legato sentimentalmente per diritto di nascita, ma non allo stesso livello dei miei amici perché, essendo stato espropriato del linguaggio, penso di rappresentare l’esempio vivente di come la cultura e la lingua dei miei avi siano stati snaturati. La Cina sta facendo la stessa cosa con il Tibet, ma lo fa da soli cinquant’anni, mentre con noi friulani lo stato italiano ha avuto tre volte tanto, di tempo, per operare l’annichilimento della nostra lingua e cultura.
In altre parole, mi sento friulano per affinità di indole, carattere e mentalità, ma penso e parlo nella lingua dei dominatori. E non riesco proprio a farne a meno. La mia è solo una testimonianza fra le tante e i napoletani potrebbero raccontare storie simili, così come anche i siciliani e i sardi. Ogni etnia ha le sue idee in merito alla costituzione del regno d’Italia, prima, e della repubblica italiana successivamente. Io, ovviamente, parlo di ciò che è successo nella mia zona.