domenica 11 dicembre 2016

L’odio viscerale dei malgasci per l’escremento


Una cosa che abbiamo in comune con le scimmie è la paura istintiva di ragni e serpenti. Probabilmente, è il risultato di una sedimentazione di esperienze negative di secoli, se non di millenni. Il perché si capisce. Poi, in tempi storici, ci hanno spiegato che la circoncisione è stata inventata per motivi igienici. Idem per l’astensione dalla carne di maiale per i musulmani, spiegabile con le malattie dovute al consumo di tali carni in climi caldi. Per l’astensione dalla carne bovina, da parte degli induisti, non ci sono, a mio modo di vedere, spiegazioni di tipo climatico, ma solo meramente religioso. L’avversione che i malgasci animisti hanno per gli escrementi rientra nella categoria delle salvaguardie di tipo igienico, dal momento che gli insetti coprofagi sono veicoli di molte malattie. Se gli si chiede perché, magari, i malgasci non sanno dare una spiegazione razionale. Perché si è sempre fatto così, forse risponderebbero. Fatto sta che quando un malgascio passa vicino a un escremento, animale o umano che sia, non può fare a meno di sputare, aumentando probabilmente in tal modo la quantità di microbi nell’ambiente, essendo egli stesso, a sua insaputa, un portatore più o meno sano di agenti patogeni, al pari delle mosche.




Una volta Tina aveva comprato un cappello di paglia nuovo, con tanto di nastrino. Una folata di vento, mentre facevamo una passeggiata, lo fece cadere in terra, in un luogo dove, oltre alle solite immondizie, non mancavano a suo dire escrementi umani. Preferì lasciare il cappello lì dov’era. E tirò dritto. Questo succedeva anni fa, quando abitavamo ad Ambolanahomby.




Il 10 dicembre 2016 ne ho combinata un’altra delle mie! Lo scarico del bagno di casa è a pozzo nero. Così ho imposto l’abitudine tipica dei bungalow e dei rifugi di montagna di gettare la carta igienica usata in un cestino a parte, collocato vicino alla tazza del cesso. Quando il cestino si riempie, a me sembra che la soluzione migliore, per smaltirne il contenuto, sia di dargli fuoco. Ho quindi acceso un fuocherello in un angolo del cortile e per rintuzzare il materiale durante la combustione ho usato la stessa paletta di metallo che Tina usa per ravvivare il fuoco della “fatapera”, il fornello a carbone che i malgasci poveri usano per cucinare. Non l’avessi mai fatto!




Stavo bellamente rimestando tra la carta igienica accartocciata, affinché prendesse bene fuoco in tutte le sue parti, quando alle mie spalle sento un urlo che di umano aveva ben poco. Quando Tina diventa furibonda si trasfigura. A partire da quel momento, la paletta è diventata “fady”, tabù e non può più essere usata per trafficare con la nobile “fatapera”, su cui si cucinano le vivande. Non è servito dirle che il fuoco sterilizza: dopo un po’ ho trovato la paletta nel sacco grande delle immondizie. Ovviamente, l’ho recuperata e l’ho nascosta. Magari la lascio in dotazione alla casa per il nuovo inquilino, visto che da qui abbiamo deciso di andarcene.





La storia della paletta che diventa intoccabile perché messa, ma neanche tanto, a contatto con frammenti di materiale catabolitico umano, mi ricorda quella tragica vicenda della cagnetta investita, a cui diedi degna eutanasia e successivamente degna sepoltura. La padrona di casa dell’epoca, madame Fleurette, nel quartiere di Sanfily, mi diede in prestito un badile per andare verso le dune fossili, con il mio tragico carico rinchiuso in un sacco, e seppellire la sfortunata bestiola. Dopo qualche giorno arriva la telefonata della padrona: voleva che comprassimo un badile nuovo perché si era ricordata che quello da me usato era servito per seppellire un cane. Se ci può essere un nesso tra le malattie e gli escrementi, quale nesso ci può essere, se non di natura meramente superstiziosa, tra un cane morto ma non in stato di putrefazione e il badile servito per scavare la sua fossa? Misteri della psiche umana arcaica.


Nessun commento:

Posta un commento