Quello dell’omosessualità è un argomento che compare spesso su Stampa Libera. Il titolare del sito contesta ai gay la spettacolarizzazione fastidiosa delle loro rivendicazioni, mediante comportamenti pubblici che possono scandalizzare gli astanti. Si contesta anche il fatto che le autorità permettano i “gay pride”, le giornate di orgoglio omosessuale, in un’ottica di attacco alla famiglia, intesa come nucleo della società e fatta di un uomo, una donna e relativi figli (e gli animali?).
Questo concetto mi ricorda molto quel simpaticone di Giovanardi e quando sento parlare di nucleo tradizionale della società, la mano mi corre al revolver, per parafrasare Goebbels. Che abbiano fatto un “gay pride” a Roma anni fa lasciò perplesso anche me, quando lo venni a sapere, perché da laico agnostico quale mi reputo lo considerai come un palese affronto al Vaticano. Oggi, che i “gay pride” stanno proliferando, mi pongo altre domande, che esulano dal fastidio che l’argomento può ingenerare nel clero cattolico. Il quale, va ricordato, è stato per secoli ricettacolo di uomini e donne dichiaratamente omosessuali: basta leggere “Dentro il convento”, una raccolta di testimonianze di suore lesbiche, pubblicato in Italia per la prima volta nel 1986.