venerdì 27 novembre 2015

Decodificando voli noiosi e zanzare succhiasangue


Tutte le volte che arrivo al Charles de Gaulle di Parigi esperimento situazioni di stress. Ormai è diventata una profezia autoavverantesi: so che sarò preso dall'ansia e così avviene. Stavolta in più c'era l'incognita dei maggiori controlli a causa dei recenti attentati terroristici. Mi chiedevo se le minuziose perquisizioni dei bagagli a mano, oltre alla snervante attesa del proprio turno, in coda, non mi avrebbero per caso fatto perdere la coincidenza per Antananarivo. E invece, come mi era già capitato, non sono passato attraverso i controlli del metaldetector, in cui si deve togliere giubbotto, cintura, cappello, orologio, chiavi, tutto ciò che si indossa di metallico e a volte anche le scarpe, perché invece di atterrare al Terminal 2E, per poi trasferirmi a quello 2F, da Venezia sono atterrato direttamente al Terminal 2F, da cui partiva anche il volo internazionale. Essendo di transito, è stato logico non dover sottostare a un secondo metaldetector, con tanto di mini streptease. Ma anche stavolta le galoppate le ho fatte lo stesso, essendo il Charles de Gaulle immenso. Se poi ci mettiamo che ho scambiato il Gate L31 con il sedile 31L, si capisce che, terroristi a parte, sono proprio imbranato di natura. A uno stralunato poliziotto, che mi indicava la direzione (solo quella capisco quando mi parlano in francese troppo velocemente), non ho potuto far altro che dire “Merci”. E alla fine, chiedendo ancora una volta per sicurezza, ho trovato il mio Gate di partenza, l'L44.



E subito, accosciato a terra con una specie di museruola a fascetta a serrargli le fauci, un grosso cane mi ha tranquillizzato, come fanno sempre i cani al guinzaglio in compagnia di esseri umani. Avete mai visto un bandito che si porta dietro il cane quando va a fare una rapina in banca? Stavo per chiedere informazioni all'umano seduto al suo fianco su quali permessi speciali ci vogliano per far salire in compagnia del padrone cani di peso superiore agli 8 chili, quando mi sono accorto che era un cieco, con tanto di lungo bastone bianco, accompagnato, per di più, da una ragazza, forse la figlia.


A questo punto, dopo le 10 ore e mezza di volo e dopo una notte insonne a combattere con le zanzare al Pavillon de jade, sono qui che vi racconto le mie impressioni del viaggio, che non sarebbero banali come lo sono di solito se, durante il volo, a sprazzi, non avessi letto alcune pagine de “L'imbroglio della realtà”, di David Icke, con le cui mille pagine ho intenzione di trastullarmi per i prossimi tre mesi in Madagascar. Le sue affermazioni, che sono evidentemente frutto di studi sulla fisica quantistica, dovrebbero far sì che ciò che segue non sia per niente scontato, né banale.


Il tempo e lo spazio non esistono, dice Icke. Le dieci ore e mezzo di volo e gli 11.000 Km di distanza tra Parigi e Tanà neppure. Ma allora, perché io ero lì, rattrappito su un sedile vicino al finestrino, a sonnecchiare e a guardare l'orologio ogni momento per vedere quando si arrivava? Risposta: perché il mio naturale computer corpo-mente stava decodificando il campo elettromagnetico conosciuto come tempo e quello elettromagnetico che noi chiamiamo spazio. Si possono anche definire campi informazionali, ma è sempre il computer corpo-mente che li decodifica vivendoli come durata e percorso. Se invece dell'aereo avessi intrapreso il viaggio verso il Madagascar a piedi, ci avrei messo anni e il mio corpo-mente avrebbe decodificato tutta un'altra storia, come ben potrebbe testimoniare Marco Polo, quello in carne e ossa, non l'aeroporto da cui sono partito, e infatti, la sua decodificazione del campo elettromagnetico chiamato spazio, diretto in Cina, è durata anni. Si può dire quindi che gli aerei sono marchingegni che ci fanno accorciare di molto la decodificazione dei campi elettromagnetici del tempo e dello spazio. Gli aerei, come anche gli altri mezzi di trasporto veloci, sono come dei buchi neri che ci portano in un'altra galassia. In questo mio caso, nella galassia del Madagascar. Come tutti i “black hole”, presentano qualche pericolo: non si sa dove ci faranno uscire, quelli cosmici, e non si sa se si arriverà vivi, quelli meccanici. Sorvolando la Libia a 11.000 metri di altezza, qualche pensierino funesto – lo confesso – l'ho fatto.


Nel momento in cui è iniziato il volo per Tana alle 10.45, per tutti i 300 passeggeri è cominciato il film, cioè la decodificazione dei campi elettromagnetici spazio-temporali, ma non per tutti il film è stato identico. C'erano dei bambini che piangevano e quanto possono essere lunghe 10 ore e mezza per un bimbo? E il cieco, che non poteva neanche guardare le nuvole attraverso il finestrino, come avrà decodificato i campi elettromagnetici del tempo e dello spazio? Ma quello che m'incuriosisce di più è il suo grosso cane. Oltre alla prima domanda che mi viene spontanea, su come abbia potuto resistere tutte le ore del volo, più quelle dell'attesa all'imbarco e del disbrigo delle formalità aeroportuali, all'arrivo, senza fare pipì, come avrà decodificato il suo computer corpo-mente quei noiosissimi campi elettromagnetici?


Se c'è una cosa di cui i cani guida per ciechi sono dotati è sicuramente la pazienza. Calcolando che per i cani un anno della loro vita corrisponde a sette anni dei nostri, dieci ore delle nostre potrebbero essere cento ore delle loro, dico io, così a naso. Anzi, a tartufo. Se c'è qualcuno più bravo di me in matematica, cosa per altro non difficile, si faccia avanti. Per un cane non è una cosa carina, immagino, e l'ultima cosa al mondo che vorrei per Pupetta è costringerla a venire con me in Madagascar, sottoponendola a un simile stress. Nella stiva pressurizzata, per giunta!


Insomma, se noi siamo ologrammi che decodificano campi elettromagnetici ovunque attorno a noi, quando mi trovo in aeroporto, sia esso il Charles de Gaulle o altri, e sbaglio Gate, o se vado in bagno mi casca il pettine sul pavimento sporco, oppure se ne esco mi si ribalta il trolley, significa, nella vita apparentemente reale, che sono un imbranato per natura, un “clamsy man”, per dirla in inglese, ma nella vita virtuale, anzi, oserei dire, nella vita essenziale, sono un computer difettoso, bisognoso di manutenzione. So che il mio guasto non è dei peggiori, perché ci sono al mondo computer umani che abbisognano dell'intervento degli psichiatri, mentre io avrei bisogno tutt'al più di quello degli psicologi, ma resta comunque fastidioso presentarsi davanti a una commissione per fare una prova come giardiniere e non riuscire a mettere in moto il decespugliatore, dopo che sono anni che ne uso uno. Essere imbranati quando si è osservati da una terna giudicante non mi ha portato in manicomio, ma non mi ha nemmeno permesso di superare la prova. Ed è un bene, forse, perché in quel caso, lavorando come giardiniere per la Provincia, non avrei potuto partire per il Madagascar.


Insomma, se ciò che dice David Icke è corretto, io sono un ologramma difettoso, circondato da milioni di altri ologrammi, compresi quelli che vanno in giro armati di kalashnikov, e avrei bisogno di un tecnico. Oppure di fare yoga e meditazione e dare tempo al mio computer corpo-mente di aggiustarsi da solo. Vedremo cosa hanno in serbo gli ologrammi malgasci, da qui al prossimo 24 febbraio, se vivrò momenti illusoriamente felici o illusoriamente infelici, se incontrerò qualche malaso (bandito), se mi ammalerò di nuovo di epatite o se riuscirò a fare qualcosa di buono, magari anche aprendo una qualche attività lavorativa, visto che se aspetto di trovare lavoro in Italia sto fresco. Qui come temperatura si sta una favola e si deve solo combattere la notte con i moki (zanzare), anch'esse fastidiosi campi elettromagnetici decodificati come parassiti succhiasangue. Conoscete mica un webmaster per imbranati?

12 commenti:

  1. in un mondo oggi dominato da computer umanoidi e visti i risultati che tutti possiamo vedere..............meglio che tu sia un computer difettoso.....magari umano????

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  2. siamo alla frutta...una commissione x giudicare.....a chi spetta il posto di giardiniere in provincia.
    con la prova della messa in moto del decespugliatore siamo alla frutta,anzi oltre.
    in un mondo dove gli esseri umani sono sostituiti sempre + da computer umanoidi non c'è speranza....la natura farà il suo corso,arriverà l'armageddon (molto probabilmente come tante altre volte nella storia dell'uomo)e le generazioni successive torneranno ad essere + umane......fino al ripetersi del ciclo precedente,è un colossale loop infinito che l'uomo non riesce a vedere x rompere questo funesto ciclo.

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    1. E' molto verosimile quello che dici, ma è anche vero che quando mi trovo davanti a gente preposta a giudicarmi vado in tilt.

      E' per questo che la mia.....carriera universitaria si è fermata all'inizio.

      Ma, nulla avviene per caso e forse io avevo altre strade da seguire.

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  3. Qui in Italia qualche ministro del lavoro propone di eliminare l'orario del lavoro per misurare il salario da corrispondere, invece, secondo lui, in base al risultato raggiunto.
    Siamo macchine. Siamo robot. Con dei programmi installati come le app di uno smartphone. I campi elettromagnetici in cui ci immergono sono percepiti da vecchi sensori ormai atrofizzati e malfunzionanti.
    Siamo gladiatori nell'arena per il sollazzo dell'imperatore.
    In balla delle voglie di qualche banchiere.
    Per i padroni siamo cacche da evitare per evitare di sporcarsi le scarpe.
    Ti auguro una dimensione migliore in Madagascar.
    Invio pensieri positivi e di pace a te Roberto sperando che riescano a viaggiare attraverso gli innumerevoli campi elettromagnetici e ad essere ricevuti dai tuoi sensori bioelettrici.
    Fai buone cose Roberto.
    Un abbraccio. Ciao.

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    1. Sei molto poetico, Giovanni, oltre che gentile.

      Qui - e non da ora - sto sperimentando un ribaltamento di prospettiva. Se in Italia sono un disoccupato, qui mi sento un....signore. Cioè, mi fanno sentire tale.


      E' una specie di rivincita, per me, non avulsa da un senso di solidarietà nei confronti degli innumerevoli poveri che mi circondano e che mi danno addosso come nei peggiori incubi.

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    1. Grazie Andrea.

      Avventura mi sembra molto appropriato.

      Un giorno forse in Mada ci andiamo insieme. Devi provare.

      :-)

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    1. Grazie Angelo!

      Poiché la mia vita è una vacanza continua, queste sono ipervacanze. Come un sogno dentro un sogno.

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  6. e attento a non farti spennare...........

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    1. Ci provo tutte le volte, ma i malgasci riescono a incularti anche se stai in piedi con le spalle ben aderenti al muro.

      E' una loro specialità.

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