sabato 6 luglio 2013

Il dilemma del polo che si scioglie

 

Fonte: Il Fattaccio

Chi dice che già nel 2020, e cioè domani, chi, più ottimista, nel 2030, ma una cosa è certa, prima o poi dovremo fare a meno del Polo Nord e con esso delle tradizioni Inu-it, degli orsi polari, delle foche e di tante altre specie di animali polari: dovranno cambiare abitudini o estinguersi. Un satellite della NASA (IceSat) dal 2003 al 2008 aveva già effettuato ricognizioni testimoniando il veloce arretramento del ghiaccio. In seguito, l’euro satellite CryoSat, più moderno e preciso, non solo ha misurato la superficie reale del Polo Nord, ma ne ha monitorato con il suo innovativo radar anche lo spessore. La sentenza, a quanto pare senza appello: per la scomparsa dei ghiacci polari difficilmente si andrà oltre il 2025. Del resto lo si sapeva da decenni: l’aumento della temperatura non si distribuisce uniformemente nel Globo, se alle nostre latitudini siamo a +0,70° rispetto al 1950, al Polo le temperature sono oltre il +2,4°. Insostenibile, perché il Polo Nord non è un continente come il Polo Sud, è semplicemente ghiaccio, formatosi in tempi geologici non antichissimi, che galleggia sull’acqua salata che difficilmente scende sotto i -2°. Del resto basta navigare un po’ in internet per fare qualche verifica: a febbraio nella “bassa” Padana le temperature rilevate si attestavano tra i -7° e i -15° e in alcune zone del Piemonte si sono raggiunti i -20°, mentre nello stesso periodo alla stazione meteo Svalbard, nei pressi del Polo Nord, si registravano da 0° a +4° e pioveva.


Esperti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change fino a qualche anno fa prevedevano uno scioglimento totale dei ghiacci artici nel 2050. Le indagini effettuate da CryoSat hanno indicato prospettive molto peggiori con la possibile sparizione addirittura al 2020, e c’è da crederci se i rompighiaccio russi, che di solito accompagnano spedizioni di scienziati e turisti, testimoniano che buona parte del viaggio, che fino a pochi anni si faceva spaccando lastre di ghiaccio di due metri, nell’ultimo anno è stata quasi una passeggiata su ghiaccio spesso dai 30 ai 50 cm: pare sia stato addirittura difficile trovare ghiaccio solido sul quale far scendere i passeggeri. Ma non è tutto, i russi testimoniano che ormai al Polo si cominciano a vedere i gabbiani reali: cosa inaudita per gli ornitologi, perché il suolo e la trasparenza del ghiaccio fanno proliferare il plancton, quindi i pesci che se ne cibano e i gabbiani al seguito, loro predatori. Il paleontologo Malcolm McKenna, dell’American Museum di Natural History di New York, inizialmente scettico sui racconti catastrofici dei comandanti dei rompighiaccio russi, in una spedizione ha testimoniato con rilevamenti GPS, foto e video di essere stato a latitudini raggiunte sempre e solo con cani e slitte, mai con rompighiaccio. E se non sta bene il Polo Nord, figuriamoci il resto. 

Per esempio la Siberia sta vivendo lo scioglimento del terreno ghiacciato che, a parte i
danni locali agli oleodotti a causa del cedimento dello stesso, da millenni fa da tappo ad immensi giacimenti di metano poco profondi e ora, sfaldandosi, sta liberando un gas serra tanto pericoloso quanto la CO2. O più semplicemente ci basta guardare in casa nostra: stagioni impazzite e clima che continua a registrare minime e massime “da record”.

Sicuramente, a differenza di quanto molto spesso si dica, noi europei stiamo facendo tanto, siamo molto avanti nel fotovoltaico, nello sfruttare le biomasse, nel recuperare e riutilizzare rifiuti, nel risparmio energetico e faremo di sicuro molto di più entro il 2020,  ma dovremo abituarci anche a convivere con un clima semi-tropicale e tutti i danni conseguenti, perché fino a quando i nostri “cari amici” USA continueranno a vivere come se l’ambiente fosse affare di altri, e Cina, India e Russia non capiranno che il capitalismo sfrenato dell’edilizia, dell’industria degli schiavi e della povertà altrui, come leva di ricchezza per pochi, portano di corsa a un mondo invivibile, noi europei continueremo a vivere in un clima che cambia soprattutto per incuria altrui. Del resto, Chavez usava dire che “se il Clima fosse una Banca, gli USA e l’Europa l’avrebbero già salvato”.

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