Testo di Paolo Sensini
Che la fiscalità dello
Stato cannibalizzi il tessuto produttivo è cosa nota, ma sentirlo
testimoniare dalla viva voce dei gestori di una locanda
enogastronomica romagnola è raggelante. Il mantra sul "cancro
dell'evasione" ha fatto breccia sul proprietario, il quale aveva
deciso fin dall'inizio della sua avventura imprenditoriale di non
evadere neppure un centesimo dei suoi guadagni. E così ha fatto. Ma
pur essendo il locale sempre pieno e frequentato, non solo è mai
riuscito a pareggiare i conti, ma ci sta rimettendo i soldi del
suo patrimonio personale per poter tirare avanti e pagare le tasse.
Tra Guardia di Finanza, SIAE, oneri comunali e continue vessazioni
burocratico-sanitarie, in pratica gli viene prelevato oltre il 100%
delle sue entrate. Ed è evidente che il salasso non potrà durare a
lungo. L'impietosa fotografia della situazione è dunque questa: uno
Stato che succhia a più non posso il sangue dei sudditi-produttori,
i quali tra non molto stramazzeranno al suolo privi di vita. Ma la
cosa più triste e avvilente è che, nonostante le prede siano
consapevoli del cupo destino che li attende, si offrano ai loro
carnefici nella più totale rassegnazione.
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