Testo di Eugenio Scalfari
La scorsa settimana su
questo nostro settimanale Bernardo Valli ha esaminato la situazione
dell’Europa e del pianeta da due punti di vista: la crescita o la
diminuzione degli abitanti delle varie nazioni ed anche il loro
invecchiamento o ringiovanimento. Secondo i dati e le valutazioni che
Valli ha preso in considerazione, chi sta peggio di tutti è la
Germania che diminuisce e invecchia. Invece chi sta meglio è
l’Africa: cresce e ringiovanisce. Naturalmente questi fenomeni, che
dureranno almeno cinquant’anni, possono cambiare all’improvviso;
queste valutazioni dimostrano una tendenza ma non affermano una
certezza. Però servono ad ispirare certe politiche sociali,
economiche e perfino religiose.
Ho richiamato questo interessantissimo
intervento di Valli perché mi induce a considerare l’Africa e -
per quanto possiamo sapere - la sua storia, parte integrante della
storia del nostro intero pianeta. Da un insieme di ricerche dei più
grandi scienziati, a cominciare dall’epoca di Esiodo che mescolava
il mito con la scienza e con la religione, fino ad Einstein, a Max
Planck e all’epoca dei “Quanti”, l’Africa è il continente
che più degli altri ha modificato non certo il nostro universo, ma
il nostro pianeta. In che modo? Staccarsi dal resto delle terre e
quindi la configurazione dei mari così come finora li abbiamo
conosciuti. La Terra era ammucchiata tutta insieme
e un unico mare la circondava (per chi credeva che il pianeta fosse
tondo oppure ovoidale). Aveva una crosta esterna dello
spessore di almeno una cinquantina di chilometri; poi c’era una
fascia d’acqua, probabilmente il mare, ed infine un nucleo di fuoco
che ardeva al centro del pianeta a una temperatura simile a quella
del Sole, dal quale centinaia di pianeti derivavano, come avviene in
tutta la Galassia di stelle, alcune delle quali sono già spente ma
la loro luce ancora viaggia e ci raggiunge.
Sembra una favola e infatti ha dato
vita ad una sistematica mitologia, una ricerca scientifica ha
rielaborato il mito attraverso formule matematiche, che sono nate
(forse) prima o insieme alla parola e al graffito artistico e
geometrico. Tutto è tutto nell’Universo. A me sembra che il
pensiero sia l’essenza della creatura umana, ma è appena un
pulviscolo dell’immensità del Creato.
Torniamo all’Africa, grande elemento
di mutazione del nostro mondo planetario. Si alternavano, milioni e milioni di
anni fa, tempeste e soprattutto maremoti che sconvolgevano
ininterrottamente il pianeta. Gradualmente - molto gradualmente -
cambiavano la geografia. Fu l’Africa che la natura sconvolse e con
una forza espansiva di immensa portata staccò dal blocco di terre
che si distingueva naturalmente dal mare che la circondava. Studiando la geografia attuale si vede
distintamente questo fenomeno geografico: il Mediterraneo non c’era;
certe parti erano terreno paludoso, in altre un lago ma nella maggior
parte era terra, con laghi e fiumi disseminati ma che non alteravano
la terra mediterranea. Infatti essa fu varcata a piedi da masse di
umani che si trasferirono dal Sud al Nord o viceversa ed anche
dall’Est all’Ovest. Latitudini e longitudini si incrociavano
avendo il Mediterraneo come principale strada di incontri.
Tuttavia lo sconvolgimento geografico
più importante a livello del Pianeta non fu il Mediterraneo ma
l’Atlantico, l’immenso oceano che separò l’Africa dalle terre
di quella che fu poi chiamata America. Se guardate l’enorme
territorio marittimo chiamato Atlantico vedete la protuberanza
dell’Africa occidentale, quasi in corrispondenza con il golfo
caraibico. La leggenda, in gran parte vera, parla d’una terra (se
volete un continente) chiamata Atlantide e affondata sotto il mare dopo
secoli di maremoti. Il golfo caraibico non esisteva prima ma fu
creato dai maremoti millenari che spaccarono Africa e America
centrale. Così nacque l’Atlantico. E così nacque anche lo Stretto
di Magellano che lo aveva chiamato Stretto delle Tempeste. Vedete
Capo di Buona Speranza e Capo Horn, a distanza uno dall’altro più
breve di quanto appaia sulla carta perché la longitudine, vicino ai
poli, ha di gran lunga la meglio sulla latitudine.
Ebbene, c’è nella fase attuale un
numero frequente di terremoti-maremoti, che turbano e sconvolgono il
Mediterraneo e i Paesi che vi si affacciano: l’Italia, la Grecia,
la Turchia, la Macedonia. La causa è il graduale riavvicinarsi
dell’Africa alle costiere meridionali dell’Europa. È un processo
che durerà milioni di anni.
Ma se invece di ragionare su un
processo millenario ragioniamo di un processo di pochi secoli, allora
l’Africa diventa un elemento positivo, che va aiutato in tutti i
suoi problemi. E non solo l’Africa, ma tutti i popoli migranti che
hanno di mira Paesi di antica ricchezza, con i quali convivere nel
tentativo di ridurre le disuguaglianze. La vera politica dei
Paesi europei è quindi d’essere capofila di questo movimento
migratorio: ridurre le diseguaglianze, aumentare l’integrazione. Si
profila come fenomeno positivo, il meticciato, la tendenza alla
nascita di un popolo unico, che ha una ricchezza media, una cultura
media, un sangue integrato. Questo è un futuro che dovrà
realizzarsi entro due o tre generazioni e che va politicamente
effettuato dall’Europa. E questo deve essere il compito della
sinistra europea e in particolare di quella italiana.
Nessun commento:
Posta un commento