mercoledì 16 gennaio 2013

Acqua male prezioso

Alla fine l’abbiamo beccato. Era da diversi giorni che arrivavamo all’idrovora di Piancada negli orari in cui con ogni probabilità avrebbe dovuto esserci e finalmente il 15 gennaio era davanti all’ingresso dell’edificio.
Si chiama Claudio, abita a Pertegada e, dopo aver chiacchierato a lungo con il mio collega, lamentandosi di come i suoi capi vogliano diminuirgli la paga di 200 euro al mese, gli ho chiesto se potevo fargli una foto, ma la prevedibile risposta è stata negativa.
Entrambi appassionati di mare e proprietari di barche, hanno discusso di patente nautica, di sprechi pubblici e di manovre spending review, ma prima sono stato accompagnato all’interno dell’edificio ad ammirare la famosa idrovora bersagliata dagli aerei americani durante la seconda guerra mondiale.
Negli anni del fascismo una delle grandi opere progettate era la cosiddetta bonifica delle zone acquitrinose, la più famosa delle quali è stata quella delle Paludi Pontine. Di ecologia e biodiversità non si parlava ancora e piuttosto che guardare alla bellezza del paesaggio e dell’avifauna, si preoccupavano della malaria. 

Se non avessero tolto l’acqua dalla zona in cui io e il mio collega ci trovavamo martedì scorso, il paese di Piancada non avrebbe potuto esistere e in tutto sono stati 1700 gli ettari di terreno coltivabile ricavati. Non è un terreno omogeneo, perché vi si trovano zone di sola sabbia e altre d’argilla, ma nel complesso è un buon terreno agrario. Il dislivello medio tra i terreni e la laguna è di due metri e l’idrovora è tuttora in servizio, benché il motore da sommergibile a quattro cilindri, da 50.000 centimetri cubi di cilindrata e alimentato a nafta pesante, sia stato messo in funzione l’ultima volta negli anni Ottanta.
Le cosiddette chiocciole, che sono della stessa epoca, intorno al 1927, funzionano ancora perfettamente. Al loro interno c’è una turbina che viene messa in movimento da motori diesel di recente fabbricazione e in caso d’emergenza c’è anche un enorme gruppo elettrogeno.
Ho chiesto se vengono risucchiati pesci dal vicino canale e mi è stato detto che quelli di piccola taglia vengono catturati ma che anche molti di loro passano indenni attraverso le lame della turbina.
Ci sono cavedani, squaletti (termine locale non scientifico) e scardole, nella vasca di scolo, disse Claudio al suo amico, appassionato, purtroppo, di pesca.
Oggi i macchinari sono computerizzati e l’impianto lavora da solo, ma c’è ancora bisogno dell’elemento umano, che deve essere disponibile a tutte le ore del giorno e della notte. Con l’attuale tecnologia, si riesce a far partire gli impianti a distanza, semplicemente premendo un tasto su un telefonino.
Claudio ne ha sei, di idrovore, sotto la sua giurisdizione e in totale, il Consorzio Bonifica della Bassa Friulana ne gestisce una quarantina, controllate da Claudio e dai suoi sei colleghi idrovoristi.

La prima cosa che il mio collega mi ha mostrato, appena entrati nella prima sala, sono stati i colpi di mitraglia sulle chiocciole di ghisa, ma mentre Claudio crede che a sparare siano stati i tedeschi, il mio collega cantoniere è assolutamente convinto che siano stati gli americani. La testimonianza di suo nonno non può essere inesatta. 
Il nome scolpito sia sulle chiocciole, che sul motore da sommergibile è Franco Tosi – Milano, ma su una pompa collocata nella sala più interna c’è anche il nome della fabbrica e la città di provenienza: Bologna. E c’è una data: 1953. Questa pompa muove 3500 litri al minuto, ma ce n’è un’altra vicino che ne muove 4000.
Per far partire il gigantesco motore, negli anni in cui era ancora funzionante, l’idrovorista poteva fare solo due tentativi. Si serviva infatti di due bombole ad aria compressa e se falliva anche il secondo tentativo, doveva smontarle, caricarle sulla carretta e andare a farsele riempire all’idrovora più vicina, a qualche decina di chilometri. Gli andava via tutta la giornata e in quelle ore l’impianto era fermo.
Se per ipotesi arrivava l’alta marea o cominciava a piovere forte, i campi andavano sotto di venti centimetri d’acqua, quel tanto che bastava per impedire a molte famiglie di contadini di lavorare. In periodo d’economia di sussistenza, quali erano quelli, autarchici, del fascismo, non era una bella situazione.

Poiché a vedere l’idrovora di Piancada vanno intere scolaresche, Claudio non si è meravigliato che il suo amico gli portasse un collega interessato all’archeologia industriale. Una foto dell’improvvisato cicerone ci stava bene, ma avendo successivamente parlato a ruota libera di quanto i suoi capi siano ipocriti e gli vogliano ridurre lo stipendio a causa delle politiche montiane, Claudio ha pensato di cautelarsi negandosi alla mia macchinetta digitale.
Poco male. Ciò che è stato detto è stato detto e io l’ho memorizzato.
Infatti, penso di non violare alcuna deontologia professionale e di poter riportare la contrarietà dell’idrovorista riguardo al progetto di costruzione ex novo di un capannone di un milione di euro, quando ce ne sono tanti, nella stessa zona, chiusi per fallimento dell’impresa precedente, da poter prendere in affitto o al limite da comprare. Con molto meno di un milione di euro.
Questo progetto del Consorzio, che contrasta con i tempi di crisi che stiamo attraversando, è stato messo in relazione alla festa del Natale scorso che il direttore Luca Gargioli ha voluto fare insieme a tutti i dipendenti.
Appena arrivati nella sala, Claudio e i suoi colleghi hanno notato che vicino ai tovaglioli, sulla tavola imbandita, c’erano dei foglietti con il testo di una tipica canzoncina natalizia. Nessuno, una volta messisi a tavola, sapeva quale ne fosse l’utilità, ma a un certo punto, presenti le autorità locali, il dirigente capo ha preso il microfono e ha chiesto a tutti di alzarsi in piedi e di cantare Jingle bells. Solo una decina dei presenti, di sessanta che c’erano, si sono alzati in piedi e hanno intonato penosamente quell’infantile ritornello.
Scena fantozziana.
Accortosi del fallimento della sua iniziativa, il signor Gargioli ha fatto cessare quasi subito i miagolii e si è messo ad illustrare al sindaco di Palazzolo dello Stella i modi con i quali aveva risparmiato denaro pubblico durante la passata stagione. Per esempio, invece di comprare il solito panettone Maina, nel Natale 2012 ha fatto comprare quello di marca COOP, con ben un euro e venti centesimi di risparmio a panettone, che, moltiplicato per sessanta panettoni quanti sono i dipendenti del Consorzio, fanno la bellezza di circa settanta euro risparmiati dal contribuente. Il bello era che il signor Gargioli era tutto gongolante mentre lo diceva, rivolto al sindaco.
Se pensiamo che non batterebbe ciglio a spendere un milione di euro per un capannone dove sistemare i trattori e gli altri macchinari del Consorzio, ci dovrebbe venire qualche sospetto sulla sanità mentale dell’individuo. Che non a caso è stato messo a capo di un’azienda di una certa responsabilità.
Il mio collega cantoniere, in questo scambio di lamentele, ci ha messo del suo e ha raccontato che un trattore SAME di vent’anni, in dotazione al magazzino della Provincia, ebbe un guasto serio con le bielle e si spesero 12.000 euro per la riparazione. L’anno dopo si ruppe il cambio e venne rottamato. Qualsiasi azienda privata – qualsiasi contadino - di fronte ad una vetusta macchina agricola che comincia a perdere colpi, avrebbe preso in considerazione l’idea di buttarla via, scartando come irragionevole l’ipotesi di farla aggiustare, ma nella gestione della cosa pubblica la logica è diversa. Sarebbe saggia misura se i dirigenti che vengono messi a…dirigere fossero sottoposti, come minimo, alla prova del Quoziente Intellettivo, prima d’essere assunti.

Il motivo per cui a Claudio, dopo tutti gli scatti di anzianità accumulati, vogliono decurtare l’attuale stipendio di 1500 euro è dovuto alla necessità di tagliare le spese. I più maligni dicono che si vuole (o si deve) comprare dagli americani gli F-35 e dai tedeschi i sommergibili U-212, ma il mio collega ha spiegato che siccome sono i dirigenti a dover tagliare le spese, in base al principio che cane non mangia cane si preferisce colpire gli operai di basso livello, della serie: piove sul bagnato, mentre se si licenziasse anche un solo dirigente sarebbero già 100.000 euro di risparmio all’anno.

Le lamentele di Claudio e del suo amico sono legittime ma sterili. Purtroppo sono anche paradigmatiche di un certo tipo d’italiani, l’attuale classe operaia, sempre più maltrattata dai vertici delle imprese e sempre meno difesa dai sindacati. Se Claudio non ha voluto farsi fotografare significa che non ha il coraggio delle proprie idee e questo non è di buon auspicio nel caso si volesse scatenare una rivoluzione.
La semplice parola mette soggezione e se proprio la sanguinosa rivoluzione deve scoppiare, a causa delle esose tasse imposte dal governo alla popolazione, che siano gli altri a cominciarla. Io magari mi accodo dopo. Salgo sul carro dei vincitori o mi allontano in caso di fallimento.
Così pensa l’uomo medio.
E’ nella natura umana e non ci si può far niente. Oltretutto, c’è il sospetto che anche la classica rivoluzione, con fiumi di sangue che scorrono nelle strade, porterebbe comunque alla realizzazione dei piani degli Illuminati e non ci tirerebbe fuori dalle nostre attuali, stranianti e disperanti miserie.
Gli unici che farebbero affari non sarebbero gli addetti alle pompe idrovore, ma a quelle funebri.





10 commenti:

  1. Tant'è vero che la Rivoluzione ora è stata depotenziata a "civile" (Ingroia) o "umana" (Soka Gakkai)... E comunque, ripeto, non a caso anche Marx era massone......
    g

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    1. Forse è definitivamente tramontata l'epoca delle rivoluzioni.
      Oggi impera la manipolazione di massa. Non si scappa.

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  2. Beh, è vero... Diciamo che la "rivoluzione" adesso la fanno passare come un cambiamento interiore, da operare prima di tutto su se stessi. Ovvero, come dici tu, una automanipolazione degli individui, e quindi delle masse...
    g

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    1. Anni fa andava di moda "La rivoluzione del filo di paglia", di un agricoltore giapponese. Non poteva mancare nella boblioteca degli.....alternativi, vicino a "Siddharta" e "Avere o essere".


      Ieri mi sono fatto rimettere Skype. L'ho fatto appositamente per te.
      Quando vuoi ci sentiamo.

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  3. "La rivoluzione del filo di paglia" mi sembra comunque già un concetto più interessante e meno "totalitaristico", in quanto legato alla natura... Comunque non lo conosco abbastanza...
    Ti ringrazio davvero di aver rimesso Skype per poter comunicare con me! :D E' un po' l'unico network che ho deciso di mantenere...
    Intanto aggiungiamoci: il mio nick è giovanni.zecchi
    Il tuo?
    g

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    1. Credo che il mio amico mi abbia rimesso quello che avevo prima: Rusignul.

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  4. "Rusignul"..."usignolo"...??? Eh eh...grazie comunque del contatto: ricevuto!
    g

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    1. Non l'ho scelto io, il nome. Me l'ha messo il mio amico, quando mi faceva l'applicazione.

      Pensavo che non avrei mai usato Skype e infatti dopo un po' l'avevo anche tolto.

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  5. Lo stesso di me con Facebook...ehehe ;)
    g

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