lunedì 13 giugno 2016

L'amore e l'umanità sono deboli malattie



"Noi tutti siamo dei morti, dei carbonizzati, dei decomposti: abbiamo esaurite nella sete insaziabile di un Faust, tutte le esperienze, spremute sino all'ultima stilla tutte le passioni. Con Wagner ci siamo esauriti nell'eroico elemento universale, con Fichte abbiamo risolto egoisticamente il mondo, con Nietzsche e, più, con Rimbaud ci siamo devastati di umanità: palpitammo, indicibilmente sparsi sulla natura con Debussy, e con Berkeley e Kant vivemmo in sede vitale il problema della conoscenza. Soffrimmo tutte le morti, vivemmo le illusioni di tutte le luci, nell'esperienza di quest'epoca congesta e torturata. Ora tutto ciò non esiste più. Fuor dalle selve delle corruzioni che ci sventolarono finché non fummo degli strani fasci di nervi disseccati - finiti - un deserto ardente ci possedè, verso la rarefazione solare. Ora sappiamo che c'era qualcosa d'altro che la nostra ubriachezza nascondeva, ora sentiamo che sentimento, fede, amore ed umanità son deboli infinite malattie: tutto quel che è vita e realtà, per gli altri è caduto giù per sempre come una veste sporca, sudata e straccia di un corpo di luce. E gli uomini che si chiaman vivi li vediamo morti fantocci, bruti e mercanti".
(Julius Evola)


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