domenica 13 novembre 2016

Denotativo contro connotativo


I miei amici mi dicono che sulle pagine Facebook di pubblicità per il nostro servizio come guide in Madagascar, devo ridurre al minimo, se non eliminare del tutto, le mie opinioni etico-filosofiche e limitarmi ad illustrare le bellezze della Grande Isola, gli aspetti logistici e pratici e anche quelli folcloristici, perché altrimenti faccio scappare i clienti. In altre parole, devo stendere testi denotativi e non connotativi. Per due motivi. Primo, perché ai potenziali clienti le mie idee filosofiche non interessano e, secondo, perché trattandosi di idee rigide in fatto di etica, la sensazione che il cliente avrebbe leggendo i miei articoli sarebbe sgradevole se non irritante. Lo so. Sono perfettamente d'accordo con i miei amici, ma non è facile venire a compromessi con la propria coscienza, anche se con un certo sforzo ci si può riuscire. Prendiamo l'esempio dei maiali. In tutto il mondo sono considerati cibo commestibile, se escludiamo i musulmani. Sappiamo che in Occidente il numero di quelli macellati per diventare braciole e insaccati è esorbitante. Sappiamo che non in tutti i paesi del mondo in cui si macellano è obbligatorio lo stordimento preventivo e sappiamo anche, alcuni di  noi avendoli sentiti con i propri orecchi, che durante lo sgozzamento strillano come dannati, tanto che una volta, nelle aie dei casolari di campagna, donne e bambini scappavano terrorizzati. Per lo meno, la prima volta. 


Ora, io, nei panni di un reporter che offre un servizio come guida turistica, posso stendere un testo denotativo, limitandomi a dire che in Madagascar molti maiali viaggiano tutta la notte sul fondo delle piroghe, vengono caricati sui ciclo-poussy una volta sbarcati e infine portati sul luogo della macellazione, oppure posso scrivere un testo connotativo e lamentarmi della malvagità umana, dell'insensibilità degli uomini e della crudeltà del popolo malgascio, provocando però, in chi legge, un immancabile senso di fastidio. E' ovvio che questa non sarebbe la premessa giusta per invogliare il potenziale cliente a chiedere i servigi di me e di Tina, se non altro perché così facendo metto il dito sulla piaga di un senso di colpa che in molti occidentali è sopito, ma è pronto ad emergere se qualcuno lo stimola. Io, personalmente, da vecchio attivista per i diritti animali, è esattamente ciò che intendo fare ma, c'è un ma.


Vuoi lavorare? Vuoi mettere i clienti nella disposizione d'animo adatta per farsi una vacanza rilassante sotto la protezione di due guide esperte? La mia risposta è: sì. E allora, devi tacere sugli aspetti etici del trattamento riservato ai maiali e agli altri animali. E quello riservato agli esseri umani? - chiedo timidamente. "Non fare il rompiballe!", è la risposta stizzita che mi aspetto. In effetti, tutti sanno (o possono immaginare) che se si fa del male agli animali, lo si può fare facilmente anche agli uomini. Lo sanno anche i giudici dei tribunali. Ma io devo far finta di niente. Devo lavorare. Voglio lavorare. E quindi devo sottomettermi a questo che non è altro che un ricatto occupazionale, riguardante stavolta la coscienza. E' brutto da dire e mi dovrei anche vergognare un po', a scendere a questo compromesso, ma lo devo fare, se voglio che clienti carnivori, privi di consapevolezza e di senso etico, richiedano i miei servigi. Ho forse un'alternativa?


2 commenti:

  1. Roby guarda che chi ti critica su facebooknon ha poi tutti i torti. E' risaputo che chi confonde il business con la retorica, ottiene solo la retorica e delle due devi sceglierne una, quindi se vuoi mangiare scegli il business cancellando la retorica, se vuoi la retorica cancelli il business.

    Non è che hai tanto da scegliere mi sembra!

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    1. Sono d'accordo e ti ringrazio.

      Del resto, mi resta sempre questo blog e la pagina FB personale dove posso esprimermi senza remore.

      A volte bisogna imparare l'arte del compromesso.

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