martedì 15 novembre 2016

Il lento genocidio del mare



Spiaggiate, morte. Le necroscopie effettuate rivelano: per soffocamento. Insomma: quelle tartarughe sempre più spesso trovate prive di vita sugli arenili dell’Adriatico - dalla Puglia all’Emilia - sono vittime dei pescatori. Animali intrappolati nelle reti. Da cui non riescono a liberarsi. E pure avendo una capacità di stare sott’acqua senza respirare di circa due ore, muoiono annegati. Vuol dire che quelle reti sono state la loro prigione definitiva. L’ultimo caso risale a venerdì. Il ritrovamento è avvenuto a Francavilla, il giorno prima ce n’era stato un altro a Montesilvano . Due tartarughe in entrambi i casi. Ma sono stati segnalati anche delfini, un discreto numero. Ritrovamenti che vanno a sommarsi agli 88 nel solo 2016. E ai 300 degli ultimi due anni. Almeno il 50 per cento degli esemplari ad accertamento necroscopico è morto per affogamento. La stima viene dal Centro studi cetacei onlus di Pescara che lancia l’allarme. 



Dal 27 ottobre, a causa di un cambio delle correnti marine in Adriatico, il fenomeno si è moltiplicato. Tante le carcasse rinvenute in spiaggia. Questo ha consentito all’associazione di monitorare con ancora maggiore puntualità, tramite necroscopie - vere e proprie autopsie effettuate dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise - le cause della morte degli animali. Per Vincenzo Olivieri, il presidente del Centro studi, accade che «i pescatori nelle loro reti inavvertitamente peschino delle tartarughe, ancora vive, le quali, però, poi vengono lasciate morire. Occorrerebbe una sensibilizzazione». Sarebbe anche semplice, evitare la morte . Basta chiamare la Guardia costiera, osserva Sergio Guccione, biologo marino e operatore del Centro. «Gli operatori della pesca, nel momento in cui dovessero vedere intrappolata una tartaruga nelle loro reti, dovrebbero chiamare noi oppure fare una telefonata alla Capitaneria di porto, al numero 1530». Quando questo succede, le tartarughe possono essere salvate perché vengono portate al Centro di Recupero e Riabilitazione Tartarughe Marine «Luigi Cagnolaro» di Pescara, un vero e proprio «ospedale».


2 commenti:

  1. ma come fa un pescatore di notte, mentre si sta facendo un giusto riposino a vedere una tartaruga intrappolata nei tre chilometri di rete calati al tramonto?
    Ma allora sarebbe meglio fornire le tartarughe di ipod così che stiano sempre connesse e monitorate da chi di dovere.
    Altra soluzione potrebbe essere quella di affondare tutte le barche dei pescatori, tanto col costo proibitivo del loro prodotto lavorano esclusivamente per le pance dei nostri caporioni, ma questo dovrebbero farlo anche tutte le altre nazioni se vogliono continuare ad essere incluse nel nostro bel mondo globalizzato altrimenti sarebbe un grosso favore per i subumani che vanno per mare a catturare quel prodotto così appetito da chi sa come funziona il passaggio su questa palla di merda

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    1. L'ideale sarebbe che la gente smettesse di mangiare pesce.

      Venendo meno la domanda, per la nota legge dell'economia, verrebbe meno anche l'offerta.

      Ma la gente non smetterà a breve di mangiare pesce e neanche carne e quindi si va avanti dritti come si è sempre fatto, finché la natura ci presenterà il conto.


      In parte, già lo fa, con cancri e tumori derivati dal consumo di carne, mentre con la pesca, che si trasforma in un raschiare il fondo del barile, il conto che ci verrà presentato sarà l'estinzione delle specie ittiche, per esaurimento delle cosiddette risorse.

      Quando non ci sarà più pesce nel mare, i consumatori dovranno rivolgersi in altre direzioni, e soltanto i ricchi potranno mangiare gli ultimi esemplari di fauna ittica.


      Stiamo distruggendo l'ambiente e a forza di sentircelo ripetere non ci facciamo neanche più caso.


      Spero nell'estinzione della razza umana, il prima possibile.

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