mercoledì 24 giugno 2015

In bocca al pastore! Crepi il pastore!


Fonte: Il Tirreno

MANCIANO. Hanno chiuso in anticipo le pecore nei recinti, pur di esserci. Alcuni sono scesi dall’Amiata, altri sono partiti dalla Maremma, altri ancora venivano dall’alto Lazio. Hanno gremito la sala per parlare e raccontarsi, ancora una volta. Tutti col pensiero alle pecore che non lasciano mai. «Se non ora, quando? Il tempo è scaduto. Le pecore sono finite». Quasi un epitaffio, questo, sulla tomba dell’allevamento maremmano e non solo maremmano. A Manciano (Grosseto), nel simbolico capannone del Caseificio in un’assemblea fiume di cinque ore fino oltre l’una di notte, circa trecento pastori, esasperati per le continue predazioni di greggi da parte di cani inselvatichiti, ibridi e lupi, la sera di martedì 23 hanno sigillato l’incontro con un’estrema decisione: far pressione per modificare la direttiva Habitat, quella che non permette né l’abbattimento dei lupi né la loro rimozione dal territorio. Varato anche il progetto di una grande manifestazione da tenersi o a Firenze o a Roma per dare risonanza nazionale a un problema che sta svuotando pascoli e ovili.

 
Una situazione incancrenita e resa incandescente anche da gesti plateali, come la serie di lupi uccisi ed esposti in piazza in vari paesi della provincia l’anno scorso. Non hanno alleviato la pressione predatoria neanche i costosi progetti messi in campo per salvare capra e cavoli, pecore e lupi. E d’altra parte i numeri parlano chiaro: dal 1º gennaio ad oggi l’Asl di Grosseto ha registrato in provincia circa 270 fenomeni predatori (cani e lupi) con circa 600 pecore morte. Un numero da raddoppiare, si ipotizza, perché in molti casi gli attacchi nemmeno vengono denunciati. Secondo i dati forniti dalla Banca dati nazionale dell’Anagrafe Zootecnica del Ministero della salute, gli allevamenti ovini aperti nel 2004 in provincia di Grosseto erano 1698; 1161 nel 2015. Gli allevamenti ovini chiusi nel 2004 erano 174; 1510 nel 2015. I capi ovini nel 2006 erano 257.401; 202.750 nel 2015. Gli allevamenti sono diminuiti del 31,5 per cento e il numero degli ovini del 21.

Un tracollo che fa un danno irreparabile anche al miglioramento genetico. Senza parlare del danno economico: una perdita di 600 capi corrisponde a circa 1,5 milioni di euro. Tutto questo sono andati a raccontare i trecento allevatori a Manciano. Avevano invitato sindaci e associazioni di categoria, rappresentanze tecniche dell’Asl e della Provincia di Grosseto. «Vogliamo sentir parlare i sindaci e capire da che parte stanno», ha esordito Massimiliano Ottaviani di Baccinello (Scansano). In tutti, tanta rabbia, ma senza rassegnazione. Coraggio, invece, e voglia di capire se le istituzioni possano essere dalla loro parte per avviare il difficile percorso di revisione della legge europea. Il quadro l’ha dipinto in poche battute Carlo Santarelli, presidente del Caseificio: «I nostri autotreni – dice – ormai fanno la spola per raccogliere, per lo smaltimento, le pecore uccise: trenta al giorno. In cinque mesi, è stato perduto il 10 per cento di latte rispetto all’anno scorso. Gli indennizzi, col capestro del de minimis (non più di 15.000 euro spalmati in tre anni) non servono. Siamo qui per avere l’appoggio di tutti, istituzioni comprese, per preparare un documento da presentare alla nuova giunta toscana e dare una sterzata alla rotta».

La situazione è drammatica in un territorio una volta imperniato su pastorizia e agricoltura. «Oggi non si sente più nemmeno il campano di una pecora. I territori sono deserti, le strade impercorribili. Io vado avanti a suon di prestiti in banca», dice Franco La Barba di Roccalbegna. Eppure non si molla. «Finché avrò la forza, farò l’allevatore – dice Virgilio Manini di Saturnia (Manciano) – molti si prendono gioco di noi, ci vogliono tappare la bocca con gli indennizzi, ma noi reclamiamo il costo dell’intero danno subito. Bloccheremo le strade, andremo coi trattori fino a Roma o a Firenze. Mi metterò in spalla un cartello e ci andrò anche a piedi». Frenano però il veterinario capo dell’Asl 9, Paolo Madrucci e il funzionario provinciale Fabio Fabbri. «Gli allevatori sono così forti per cambiare la norma sul lupo? Temo di no», dice il primo. Eppure gli allevatori ci vogliono provare. E hanno incassato il sostegno dei sindaci Diego Cinelli di Magliano, e Luigi Bellumori di Capalbio, spalleggiati da Massimo Galli, di Roccalbegna e Massimo Biagini di Farnese, Miranda Brugi di Semproniano, Sabrina Cavezzini di Scansano e Marco Galli di Manciano. Anche Coldiretti e Cia, alla fine, si sono dette d’accordo a presentare a Firenze un documento per avviare l’iter che porti in Europa. Una lunga trafila che adesso, però, fa meno paura.

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