giovedì 11 giugno 2015

L'unica soluzione è rifiutarsi di soccorrerli


Fonte: Sputnik news

Nel 1973, uno scrittore francese lungimirante, Jean Raspail (foto), pubblicò un romanzo intitolato "Le camp des saints". Narrava di una nave di disperati o presunti tali che, partita da un Paese lontano, puntava a far sbarcare quella moltitudine di clandestini sulle coste francesi. Consci del pericoloso precedente che sarebbe stato il lasciarla arrivare alla destinazione programmata, la maggior parte dei politici francesi decise che di inviare contro quella nave un vascello militare con l'incarico di fermarla a qualunque costo. Naturalmente non mancarono i "buoni" che criticarono la volontà "disumana" di chi non voleva aiutare, accogliendoli, quei "profughi". Tra gli "umanitari", in prima fila, un po' di gauche caviar, un po' di gauche nostalgica, gli off professionisti e la Chiesa cattolica col suo primo Papa di pelle nera.

 
Quando i due navigli s'incontrarono, ci furono dapprima inviti a invertire la rotta lanciati con un megafono e poi, non ottenendo questi alcun effetto, minacce con colpi sparati in aria. Anche questi, però, non ottennero alcun effetto e il capitano fu costretto a chiedere istruzioni alla capitale. L'ordine ricevuto fu di sparare sul ponte ad altezza d'uomo ma nessuno tra i marinai e gli ufficiali ebbe il coraggio di farlo. In breve, poiché nessuno aveva la capacità di prendere decisioni si dimisero ministri e l'intero governo, mentre la nave dei clandestini continuava la sua rotta. Nel frattempo, un po' di francesi, più generosi e buoni di altri s'incamminarono verso Sete, luogo previsto per lo sbarco, con lo scopo di dimostrare, a braccia aperte, la calorosa accoglienza della Francia. Con loro arrivò anche il Papa, accompagnato da alcuni cardinali.
Peccato che, appena la nave ebbe toccato terra, la marea umana che ne uscì si mosse come una valanga schiacciando tutto e tutti quelli che si trovavano di fronte, indifferenti ai simboli religiosi, che tra l'altro non riconoscevano, e alle braccia tese di chi voleva mostrare loro l'affetto.  Cadde un altro governo e poi un altro ancora mentre altre navi, da quello stesso e da altri Paesi, salpavano con lo stesso scopo e la stessa destinazione.
Fin qui il libro-fantasia di Raspail. Qualcuno vi vede somiglianze con ciò che sta accadendo oggi?

Anche nella realtà, l'Europa intera manda navi delle marine militari ma la loro missione è di accompagnare i profughi, veri o presunti, fino alle nostre coste e sistemarli poi con vitto e alloggio. Nei giorni scorsi, con il mare molto calmo, sono state avvistate e salvate migliaia di persone e altre migliaia sono attese per ogni giorno a seguire. La tecnica di chi parte dalle coste libiche contando sulla certezza dei "soccorsi umanitari" è oramai nota: una qualunque imbarcazione, anche malandata, si allontana dalla costa per pochi chilometri, lancia un SOS e, appena intravede una qualunque nave nelle vicinanze, si autoaffonda per obbligare al salvataggio.  Fonti ufficiali dicono che ci sono ancora almeno 500 mila persone in Libia in attesa di seguire questa strada, ma è evidente per chiunque non si tappi occhi e orecchie che tale numero, pur già impressionante, sarà nulla in confronto ai milioni di persone che, visto il successo di chi li ha preceduti, saranno invogliate a seguire la stessa strada.

Di solito, (escludendo le minoranze che fuggono veramente da una guerra, vedi i siriani) la maggior parte di coloro che s'imbarcano in questo modo non è costituita da gente che corre pericoli per la propria vita, né da coloro che hanno, come unica alternativa, la morte per fame. Questi viaggi costano e solo chi possiede una qualche quantità di denaro può permetterselo. Semplicemente, si tratta spesso di gente che cerca, comprensibilmente, di poter migliorare le proprie condizioni di vita trasferendosi nei Paesi "affluenti". Tra loro non è nemmeno da escludere che una seppur piccola percentuale sia composta di terroristi, che si muovono proprio con l'intento di realizzare attentati nei Paesi di arrivo.

Che fare dunque? Continuare l'attuale politica "umanitaria" di oggi è masochistico perché continuare a non reagire a questa "invasione" porterebbe al dissolvimento non solo del nostro benessere, già in diminuzione, ma addirittura dell'intera nostra società così come la abbiamo conosciuta. "Aiutarli a casa loro", come sostiene qualche demagogico benpensante, sarebbe un'ottima idea, salvo che, per vederne il risultato, occorrerebbe qualche decina di anni e nel frattempo saremmo già diventati minoranza nei nostri stessi Paesi. Qui non vale la regola che il "diverso" è pur sempre un "arricchimento", almeno culturale. I numeri e le differenze sono tali che occorrerebbero secoli affinché ne possa nascere una società nuova, omogenea e pacifica. Il nostro welfare sarebbe immediatamente sconvolto e le tensioni sociali diventerebbero incontenibili.

Anche inviare militari nei territori di partenza senza l'accordo delle autorità locali (intesa in Libia oggi in sostanza impossibile, per ovvi motivi) sarebbe nientemeno che una dichiarazione di guerra e un rischio della vita dei nostri militari, facile bersaglio per trafficanti e terroristi. Una vera soluzione, possibile e immediata, può suonare crudele e richiede politici capaci di decidere con coraggio infischiandosene di condanne morali e contestazioni: la totale interruzione di ogni pattugliamento marino e il rifiuto di prendere in considerazione gli SOS lanciati da questo tipo di imbarcazioni. Per tutti coloro che vorranno mostrarsi "più buoni" sarà facile definirla "disumana", ma è la sola maniera di esercitare veramente la dissuasione, scoraggiando i nuovi arrivi. 

Se qualcuno ha idee più efficaci e meno drastiche si faccia avanti. Ma lo faccia in fretta: il pericolo che tutti noi stiamo correndo non ci lascia scampo e cacciare la testa sotto la sabbia non farà certo il bene nostro e dei nostri figli. I diritti per la pubblicazione in Italia del libro di Jean Raspail furono comprati dalla Mondadori che li tenne per dieci anni senza editare il libro. Allo scadere di una prima opzione essa venne rinnovata, ma sempre senza volere pubblicarlo. Solo nel 1998 fu possibile per una piccola casa editrice italiana procedere alla stampa e alla sua diffusione.  Il contenuto era forse così pericoloso per i generosi sentimenti dei dirigenti della Mondadori da tenerlo sequestrato per così lungo tempo e impedire anche ad altri di renderlo pubblico? 

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