lunedì 19 giugno 2017

Le donne arabe non stanno mai zitte



I “cacciatori di bufale” ci hanno stufato. Sempre alla ricerca di un quarto d’ora di celebrità alla caccia di balle vere o presunte, tutte rigorosamente dell’area del politicamente scorretto. Ce ne fosse uno di costoro che si sia scomodato per la legge russa per cui «è legale picchiare la moglie» o sulla storiella delle «dimissioni in massa anti-Trump». Quelle di bufale sono passate sui grandi giornaloni e in TV. Invece sulla presunta bufala della battoulah si è scomodata perfino RaiTre. Perdendo un’occasione per tacere. Sì, perché dobbiamo ribadire il cuore dell’articolo che ci hanno contestato in massa. La battoulah non è affatto un “gioiello”. Abbiamo già detto che anche un bracciale d’oro, se ci attacchi un lucchetto e una catena, diventa una manetta. E ribadiamo che della battoulah esistono anche le versioni con serratura. Ma anche senza di questo, è il suo significato oltre che materiale soprattutto metaforico che lo rende niente più che un velo integrale in metallo o in cuoio: è un indumento che serve a coprire le labbra, per imporre verecondia alla donna, perché la bocca – come i capelli e la scollatura – è uno «strumento di seduzione», è sensuale, è provocante per certi uomini in cerca di giustificazione alla loro incapacità di controllare le pulsioni animalesche.



E nemmeno ci si deve nascondere dietro il discorso del “residuato tribale”. Perché anche il burqa venne sottovalutato come un costume tribale, in via di scomparsa. E invece oggi ci troviamo a combattere in casa nostra, in Europa, con qualcosa che solo 40 anni fa, nell’Afghanistan laico e socialista, era considerato proprio «in via d’estinzione». Quanti milioni di donne oggi sono incarcerate sotto quel residuato tribale che pensavamo in via d’estinzione? Ci dimentichiamo che in Gran Bretagna – quel Paese che cento anni fa cercava di sottomettere le tribù afgane a colpi di bombardamenti chimici – in alcune contee si stanno approvando regolamenti che consentono ai poliziotti donna di avere una divisa a foggia di burqa? E ora si cerca di sminuire a “gioiello” la portata di questo strumento di imposizione della modestia femminile.

D’altronde anche il velo integrale può essere considerato un oggetto di moda, magari confezionato da stoffe pregiate, perfino un “vezzo”. Se c’è chi scrive oggi sui giornali più “liberal”, più “femministi”, che «ha indossato il burqa e le è piaciuto», non ho alcun dubbio che anche la battoulah possa esser fatta passare come un gioiello esotico, tribale, misterioso… E di sicuro – e questo smentisce chi ha raccontato che è un “residuo tribale” che indossano solo le donne anziane dell’Oman – lo si trova in tutte le salse anche in vendita su internet e foto di donne di tutte le età – anche bambine – che lo indossano (o sono costrette a farlo) ne sono una prova che chiunque può trovare sulla rete.

E dunque ci si continua a documentare superficialmente su questioni molto più complesse, andando su Wikipedia (che riserva sull’argomento una pagina di dieci righe scarse) e in ultima analisi attaccandosi alle parole, non potendo usare altri argomenti. È chiaro che quando si parla di «museruola» lo si fa in senso metaforico. Non si parla certo della Maschera di Ferro di Dumas, anche se in qualche caso – quelli con la serratura – ci si avvicina molto. Ma attaccarsi a questo significa sminuire il valore profondamente degradante per la donna che innegabilmente questo oggetto mortificante possiede. Non è affatto un gioiello del misterioso oriente. E’ una gabbia per rinchiudere le labbra delle donne. E vi sfidiamo a smentire come “bufala” questa evidente e drammatica verità.

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