Testo di Marco Furfaro
Treno Trento-Verona, ore 20 di una serata normale. A Rovereto salgono due ragazzi nordafricani e cercano di attaccare bottone con una signora sulla sessantina. Mentre lo fanno, uno di loro tira via il cellulare dalla borsa e si allontana. Sul treno, però, c’è anche Bexander Best, un ragazzo nigeriano. Vede la scena, non ci pensa un attimo e interviene.
“Perché lo hai fatto?” dice a uno dei ladri.
“Che vuoi, cerchi rogne?”, gli risponde lui.
“Restituisci subito il telefono, non ti lascio andare via, queste cose non si fanno! Noi in Nigeria non rubiamo!”.
E con grandissimo coraggio e ostinazione costringe i due a dargli il telefono. Gli altri passeggeri guardano la scena intimoriti. Intervengono solo quando i due farabutti colpiscono Best al naso. Li dividono, ma i due riescono a scendere e a scappare. Arrivati a Verona viene allertata la polizia, che consiglia a Best di medicarsi in ospedale. La signora, vittima del furto, ringrazia Best. Ma lui si schermisce. Non capisce il clamore intorno a lui. “Ho solo fatto una cosa normale”, continua a dire. “Non sono un eroe”.
Hai ragione, Best. In un paese normale, il tuo sarebbe un gesto normale. Ma qui, ormai, la propaganda d’odio razziale del Ministro dell’interno ha incancrenito il tessuto sociale. E allora tutto fa clamore. Persino il tuo, piccolo ma immenso, gesto d’altruismo. Che sbatte in faccia la realtà ai fascisti: esistono persone buone e cattive. Indipendentemente dal colore di pelle, capelli, etnia e altre stronzate varie. Grazie, Best.
Ma che stronzata!
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