sabato 14 giugno 2014

Le guerre di dipendenza

 
Come tutte le guerre, anche quelle per il piacere producono morti, feriti e infelicità. Se un neopatentato sfascia la macchina dei genitori, perché si è ubriacato con gli amici, si salva e, dopo qualche giorno d’ospedale, sotto il ricatto d’aver bisogno dell’auto per andare a lavorare, i genitori gliene comprano un’altra ma, dopo un po’, sfascia pure quella, si presenta un bel dilemma. Quei genitori sono combattuti: per istinto vorrebbero aiutare il figlio intemperante, ma la loro parte razionale sa che così facendo corrono il rischio di “mangiarsi la casa”, come si suol dire. E tutto questo avviene perché l’alcol si è insediato nei centri sottocorticali del cervello del ragazzo, abbassandone le capacità cognitive che si trovano nei lobi frontale e prefrontale. 

Così avviene in tutte le forme di dipendenza. Dopo qualche anno di matrimonio, finito l’effetto ipnotico dell’innamoramento, che ha sede pur’esso nei centri sottocorticali, il marito se ne va a giocare alle slot machines e arriva al punto di innamorarsi di nuovo, ma stavolta di una macchinetta. Ed ecco che l’uomo cade dalla padella della moglie divenuta mostro, alla brace del mostro meccanico mangiasoldi.
Quando il gestore del bar elimina la vecchia macchinetta e la sostituisce con un ultimo modello, il cliente assuefatto si dispera e vuole a tutti i costi sapere che fine abbia fatto il suo adorato marchingegno. Il quale era riuscito a catturare il cuore dell’infelice grazie alla super stimolazione di suoni, colori e speranza di gratificazione monetaria. L’effetto secondario è che, a casa, la vera moglie, s’ingelosisce, si sente trascurata e i rapporti tra i due coniugi si deteriorano. Forse si arriva al divorzio e forse quello era solo un modo con cui l’inconscio voleva arrivare proprio a quel risultato. Se dunque la dipendenza dal gioco d’azzardo è deleteria, d’altro canto potrebbe avere qualche aspetto positivo. Mette a posto le cose. Si tratta di vedere se la macchinetta divorapecunia è causa o effetto di un preciso disagio.

La psichiatra Luisa Donini, che vediamo qui a destra, e la psicologa Valentina Vidal lavorano nell'azienda sanitaria della Bassa Friulana e oltre ai classici gruppi terapeutici per la cura di alcolismo e tabagismo, da poco hanno organizzato anche tre gruppi per il trattamento della dipendenza da gioco d’azzardo. Si tratta, in questo caso, di una novità, perché solo da pochi anni la tecnologia ha messo a disposizione del pubblico quelle macchine elettroniche piene di luci, colori e suoni. Una volta solo i benestanti potevano andare nei casinò e anche quelli erano rari in Italia. Dai miei ricordi d’infanzia pesco quello di Montecarlo e di Nova Gorica.
A un certo punto, lo Stato italiano ha preferito mettere una tassa sulle slot machines, come del resto già faceva con tabacco e spiriti, piuttosto che occuparsi della cura dei malati di dipendenza. Poi, quello stesso Stato organizza gruppi terapeutici per curare i casi più eclatanti, dimostrando non tanto una schizofrenia di fondo, quanto di aver avuto la truffaldina e geniale idea di riuscire a guadagnarci due volte, con la causa del male e curandone gli effetti. Proprio quello che fanno le industrie farmaceutiche. La prossima volta che i pecoroni elettori saranno chiamati a votare, si facciano le votazioni direttamente nelle farmacie e non nelle scuole, ché ormai siamo tutti dipendenti di Bigpharma, anche noi che non dipendiamo da alcol, fumo e gioco d’azzardo.
Questo non significa che i diretti interessati, nella fattispecie le due dottoresse che hanno parlato ieri sera a Codroipo, non siano delle valide terapeute che fanno con professionalità il loro dovere, ma significa che la nostra malata società incrementa la patologia per poi curarla, come i padroni del mondo che fomentano guerre per poi avviare la ricostruzione, oppure scatenano disastri apparentemente naturali, per poi, anche qui, avviare la ricostruzione, con tangenti annesse.

Se dovessimo pensare che tutto questo circolo vizioso avviene per caso, allora dobbiamo concludere che l’Homo sapiens si è chiamato così per stolta presunzione, giacché di sapiente non ha nulla. Ma se dovessimo pensare che a tenerci inchiodati a questo stato di cose ci sia una mente o più di una, allora dobbiamo concludere che l’Homo sapiens è troppo buono, troppo ingenuo e troppo credulone e qualche giustificazione la si trova, per lui, considerato che c’è qualcuno più intelligente dell’uomo che ci sta prendendo per i fondelli, approfittando della nostra dabbenaggine. Se poi ci spingiamo ad ipotizzare che la mente sopraffina che sta dietro tutto ciò appartiene a quegli stessi alieni che ci hanno creato geneticamente, la cosa si fa ancora più inquietante. Creati per essere sfruttati.
Nel frattempo, lasciando in sospeso la questione di chi sia la responsabilità ultima, le due dottoresse e tutte le altre loro colleghe sparse per l’Occidente, sono alle prese con persone che hanno abdicato all’uso dei lobi frontali e prefrontali, in favore del nucleo animale sottocorticale, quello delle decisioni veloci. Per capirci, basta recuperare la coppia in crisi di prima. L’uomo ha ritirato lo stipendio. Dice alla moglie: “Vado in posta a pagare le bollette”. Ecco che lungo la astrada passa davanti a uno di quei nuovi negozi spuntati come funghi recentemente e con le vetrate annerite. Il finale della storia è scontato. Quell’uomo non arriverà mai all’ufficio postale e questo significa una sola cosa: ha dato ascolto ai centri sottocorticali.

Che hanno nomi e cognomi. Si parla di endorfine quando il soggetto assume morfina e eroina. Si parla di acetilcolina quando il soggetto fuma sigarette normali e anandamide quando la sigaretta prende il nome di spinello. Che l’abbiano battezzata con la radice “Ananda” già ci fa capire la sua provenienza geografica: l’India. Se poi la chiamiamo col nome latino, Cannabis indica, ci risulta ancora più chiaro. Tutt’e tre comunque fanno capo a una sostanza secreta dalle cellule chiamata dopamina.
Sulla dopamina in sé non abbiamo nulla da eccepire: guai se non ci fosse! Ma, come dice il proverbio, il troppo stroppia, anche quando si tratta di sensazioni di piacere. La saggezza popolare raccomanda di essere morigerati, di alzarsi da tavola con un po’ di appetito, di non bere più di un bicchiere di vino e solo ai pasti, ma oggi chi dà più retta alla saggezza popolare?

Anzi, i nostri esperti sono così bravi che hanno individuato molte altre fonti di pericolo per il benessere psicofisico di noi popolazione utente. Ci viene spiegato, come ha fatto Fausto Del Pin, che vediamo qui a sinistra, che la gente viene tenuta deliberatamente in uno stato di confusione mentale, specie grazie alla televisione. Ci viene spiegato, come ha fatto la dottoressa Donini, che i ragazzi di oggi, comunicando tramite chat o SMS, corrono il rischio di perdere le “competenze sociali”, ovvero di non essere più in grado di mantenere rapporti stabili con gli altri. Anche qui c’è da chiedersi se tutto ciò sia casuale o premeditato. E, in tal caso, da chi.
L’era moderna ha prodotto un’altra categoria di drogati: i dipendenti da internet, ma per fortuna non è il mio caso. Almeno non credo. La Donini ha fatto riferimento ai videogiochi e ai social network. Io uso il computer per acquisire e diffondere conoscenza, esattamente come sto facendo ora riportando ciò che ho imparato da tre esperti venerdì 13 giugno in quel di Codroipo. Posso smettere quando voglio (oddio, sto parlando come i veri drogati!), se riesco a tollerare l’idea di lasciare i miei affezionati utenti a becco asciutto. Non è la prima volta che persone di mia conoscenza si sentono frustrate perché un certo sito chiude. E’ successo di recente con Stampa Libera, che ha causato molto sconcerto quando Lino Bottaro ha annunciato il suo auto-pensionamento. D’altra parte, a fronte di un numero di utenti delusi, ce n’è un altro di utenti che hanno gioito alla notizia e sto parlando ovviamente dei debunkers.

Fra pochi giorni dovrò star via dall’Italia tre mesi: se io mi troverò in stato di dolorosa assuefazione da personal computer, i miei utenti in che stato d’animo si troveranno? Ma poi, è un mio problema? Non mi sarò montato la testa un po’ troppo? I miei utenti sopravvivranno, dicono in coro la mia parte frontale e quella prefrontale, e se ne andranno a navigare in altri lidi. Ognuno deve badare alla propria dipendenza. Però, visto che me ne vado in luoghi selvaggi, confesso che un pensierino all’acquisto di un telefono satellitare l’avevo fatto.
La dottoressa Donini, che non andrà in Madagascar come me, ha fatto un accenno all’epigenetica. Vale a dire: il nostro DNA non è fisso ma modificabile e a modificarlo sono le esperienze che facciamo quotidianamente. Questo mi fa venire in mente il libro “Neuroschiavi”, di Marco Della Luna e Paolo Cioni, i quali nel capitolo 8 affermano che i traumi ripetuti in un gran numero di individui portano a una società violenta che è la somma di tutte le vendette irrazionali che i singoli individui si prendono contro il mondo esterno. In altre parole, se fin da bambini molti soggetti subiscono la violenza degli adulti, poi da adulti attueranno essi stessi quel genere di comportamento verso la società. Penso al nostro Meridione dove i soldati sabaudi hanno fatto stragi, quelle stesse stragi che oggi sono chiamate “stragi di mafia”. Chi semina vento miete tempesta anche dopo qualche secolo. Idem con i luoghi maledetti come i Balcani, dove le stragi compiute dagli arabi invasori e chi cercava di fermarli (vedi Wlad Tepes) si ripercuotono oggi a distanza di 500 o più anni. Per me l’epigenetica è questo. Se un torto viene fatto oggi, potrà avere echi fra mille anni. E noi oggi siamo alle prese con i torti compiuti e subiti dagli uomini delle caverne.

Tornando al singolo individuo e tralasciando la storia umana, quando un’abitudine s’instaura, nei nostri geni si forma un’autostrada, figurativamente parlando. Ovvero, poi è difficile deviare. E questo spiega perché i dipendenti da alcol, fumo e gioco d’azzardo (del sesso non si è parlato) fanno tanta fatica a guarire. Anche i familiari vengono coinvolti, perché se in casa di un alcolista gli altri familiari bevono, la cura sarà impossibile. Idem con il fumo. Con il gioco d’azzardo è diverso perché in genere è solo uno dei coniugi ad esserne colpito. Non credo che la moglie di Emilio Fede fosse ossessionata dal gioco.
Nel caso dei parenti del malato, perché di vera malattia si tratta, si parla di problemi alcol-correlati, o fumo-correlati, dipende dalla dipendenza. Non ci sono solo i gruppi di sostegno, ma anche i farmaci e i colloqui individuali fatti dagli psicologi e tutto deve essere calibrato sul paziente e armonizzato. Come ha detto Fausto Del Pin, il fisico si accorge che il fumo e l’alcol non sono naturali, ma il soggetto, grazie ai centri del piacere sottocorticali, entra in uno stato d’ipnosi e si lascia andare al godimento temporaneo. Così si costruisce la famosa autostrada epigenetica da cui poi è difficile uscire. Il dottor Del Pin, che ha l’hobby dell’ipnosi da quasi vent’anni, ha parlato della pubblicità, dicendo che più è stupida e più è efficace. Lo scopo è quello di colpire direttamente il nucleo del cervello, oltrepassando i lobi frontale e prefrontale. Non ci viene dato il tempo di riflettere e quando saremo al supermercato la nostra mano obbedirà al nucleo piuttosto che ai centri deputati al raziocinio. Anche quando abbiamo in mano la confezione di un prodotto, non ci fermiamo a chiederci: “Ma mi serve veramente ‘sta cosa?”. E la confezione finisce immediatamente nel carrello.
Anche questa è una forma di dipendenza, di cui non siamo colpevoli in alcun modo, se non forse perché non ci siamo ancora decisi a disfarci della televisione. Il dottor Del Pin non si occupa di gruppi terapeutici, e quindi non ha suggerimenti da dare a chi vuole liberarsi dalle dipendenze, ma una dritta l’ha voluta dare: se ci fissiamo con il passato, il passato ci tortura; se ci fissiamo con il futuro, il futuro ci crea ansia e quindi è preferibile stare ben piantati nel presente. Vivere l’attimo con consapevolezza e amando noi stessi, prima ancora degli altri. La religione, principale responsabile di manipolazioni mentali, ha insegnato ad amare il prossimo. Sbagliato! Bisogna amare se stessi, ché il prossimo verrà di conseguenza. Mi pare che il concetto di vivere l’attimo si trovi nelle filosofie orientali e quindi non è una novità. Pochi in Occidente, riescono a metterlo in pratica.
Ora, con il vostro paziente permesso, vado a farmi una birretta. Ne sento proprio l’esigenza!

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