lunedì 15 agosto 2016

I Consolati africani boicottano le istituzioni carcerarie


Testo di Enrico Priotti


Il secondino tocca il Corano senza essersi lavato le mani col sapone? Il detenuto islamico può denunciarlo. Il carcere serve del cibo non corrispondente ai dettami del libro islamico? Il detenuto può denunciare l'intera struttura e troverà sempre qualche Toga Rossa pronta a dare seguito al tutto, alla corte europea dei diritti dell'uomo. E poi c'è il resto: "I detenuti islamici sono supponenti e irrispettosi nei confronti degli italiani - raccontano le guardie carcerarie - sono avvezzi a comportarsi come fosse loro tutto dovuto". Appena entrano in galera imparano subito a dire "Tu razzista!". La sanno dire perfettamente anche quando non conoscono una parola in italiano. "E - continuano gli agenti - la usano per ricattare e chiedere o lamentare qualsiasi cosa". Il vero problema, però, è dettato dall'impossibilità di dare un nome vero a tutti questi detenuti. Dalle carceri provamo a contattare il Consolato d'appartenenza o quelli presunti, ma non si riesce mai a risalire alla vera identità. "Perché - spiegano - sono i Consolati stessi a nasconderne i documenti d’identità o a farli sparire".
 Questo per quegli Einstein che dicono che questa ciurmaglia infame dovrebbe essere rispedita a casa sua, che non si sa quale sia.

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