giovedì 15 gennaio 2015

Foreste senza lemuri

 

(parte quarta)

La mia guida a Masoala, Rabe, è un ex impiegato del parco, e negli ultimi dieci anni è stato nella foresta almeno un centinaio di volte. Procede rapido e scalzo nel claustrofobico groviglio di vegetazione, dimostrando familiarità con l’ambiente. Ma dalla sua ultima visita, avvenuta pochi mesi prima, nota con sorpresa che è cambiato qualcosa. 


«Non ci sono lemuri», dice. «Sono scomparsi». I responsabili sono i predatori del legno di rosa. Stanchi della loro dieta a base di riso, hanno cominciato a piazzare trappole nella foresta. Veniamo a sapere che un gruppo avrebbe catturato 16  lemuri in una sola giornata. Non tutti vengono consumati sul posto. Nella città di Sambava, appena a nord di Antalaha, tre ristoranti propongono piatti a base di carne di lemure, a dispetto delle leggi federali. Il risultato è che le foreste pluviali del Madagascar nordoccidentale stanno rapidamente perdendo specie come il vari rosso, il valuvi forcifero, il chirogaleo bruno e l’aye-aye. I lemuri non si trovano in nessun altro luogo della Terra, tranne che nelle vicine Isole Comore.


«Non vogliamo proteggere una foresta vuota, dove si possono vedere solo alberi», dice Jonah Ratsimbazafy, primatologo del Durrell Wildlife Conservation Trust. Quest’isola ha una straordinaria ricchezza biologica, ma il lemure ne è il simbolo e la mascotte, e gioca un ruolo fondamentale nella redditizia industria turistica del Madagascar, come attestano le migliaia di turisti che visitano la Riserva Speciale di Analamazaotra. Questi primati arboricoli dagli occhi sporgenti affascinano non solo perché si trovano esclusivamente qui, ma anche perché sono presenti in una grande varietà di specie. Le 50 specie di lemure finora catalogate sono tutte poligame, hanno code molto appariscenti e producono versi simili al grugnito dei maiali. Ma c’è anche l’indri, dal manto bianco e nero, che è monogamo, privo di coda, e scuote la foresta con i suoi ululati spettrali. Sembra incredibile, ma i ricercatori continuano a scoprire nuove specie di lemuri sull’isola. Ognuna di esse, però, conta pochi individui, e nel frattempo ben cinque sono entrate a far parte dell’elenco delle 25 specie di primati a maggior rischio del mondo.

Finora a sostegno della causa del lemure non si è levato alcun coro di solidarietà nazionale. I malgasci «dovrebbero essere orgogliosi dei loro lemuri perché il Madagascar è l’unico luogo adatto a ospitarli», dice Ratsimbazafy, «ma ci sono persone qui che non sanno, o che non sono interessate. I malgasci che vivono lontano dalle aree turistiche pensano che i lemuri siano solo roba da vazaha [i bianchi], non riescono ad apprezzarne il potenziale». In effetti, benché alcuni gruppi tribali considerino sacre certe specie di lemure, l’aye-aye, con quel suo aspetto un po’ inquietante e quegli occhi e quelle orecchie enormi, è considerato segno di malaugurio dalle tribù del Nord e per questo viene ucciso a vista.

Il comportamento dei malgasci è stato condizionato per secoli da simili tabù, o fady. Si tratta di ammonimenti degli antenati, che continuano a vivere sulla Terra come intermediari dell’oltretomba e vanno quindi ascoltati e rabboniti. A volte tramite il famadihana, una cerimonia durante la quale i resti degli antenati vengono disseppelliti, avvolti in nuovi sudari bianchi, fatti danzare intorno alla tomba e infine restituiti alla terra. Presso altre tribù è considerato fady toccare un camaleonte, parlare dei coccodrilli, mangiare carne di maiale e lavorare di giovedì. Numerosi i fady che proibiscono di violare montagne, grossi massi, boschetti di alberi, e persino intere foreste, tutti segno di un profondo, seppur complicato, rapporto con la terra e di un investimento spirituale nella sua buona salute. Ciò nonostante, alla fin fine, i fady che vengono rispettati con più rigore sono quelli che non entrano in collisione con la verità dei malgasci secondo la quale è meglio morire domani.


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