martedì 24 marzo 2015

All'EXPO non vogliono il maialetto sardo per paura della peste




All’Expo di Milano non gradiscono? Peggio per loro. Visto che i nostri maialetti non possono … viaggiare, li consumiamo noi, in Sardegna. E chi vuole apprezzare questo “frutto proibito” della nostra terra, ha un motivo in più per visitare l’isola. Sul fatto che in quarant’anni (ed è questa la vera vergogna) non siamo riusciti, noi sardi, a debellare la peste suina, ho già espresso il mio pensiero. Ma, premessa l’inettitudine del sistema (allevatori, strutture sanitarie, politica), proviamo a cavalcare in positivo l’embargo del maialetto all’Esposizione universale, evitando di parlare troppo di peste, altrimenti ci passa l’appetito. 


La malattia non si trasmette all’uomo. Infatti non risulta che il maialetto arrosto (o in versione salsiccia e prosciutto) abbia mai fatto vittime tra noi umani, se non per averne ingurgitato talmente tanto, nel tempo, da aver sballato a morte i valori del colesterolo. Allora, come fossero i Quattro Mori, sventoliamo questa bandiera della nostra cucina con orgoglio. E diciamo al mondo che, solo in Sardegna, si può apprezzare il vero, l’autentico, l’inimitabile maialetto sardo. Eccoci al punto. Chi glielo dice al mondo che qui da noi c’è una bontà unica? Dovrebbe farlo la Regione che, storicamente, porta avanti la promozione del nostro agroalimentare con strategie che durano lo spazio di una Giunta.

Insomma, anche le campagne promozionali seguono l’umore del presidente e dell’assessore di turno. E il mondo non sa che in Sardegna e solo in Sardegna c’è una bontà chiamata maialetto. Citiamo i suini, ma l’elenco è lungo, dall’Agnello Igp che i sardi ignorano al Pecorino romano che si chiama così ma è sardo al 97%. Ci fermiamo qui. Tutti, i nostri politici, nessuno escluso, si sono riempiti la bocca e continuano a farlo di slogan tipo “Compra sardo”, “Mangia sardo”. Finisce lì. O, al massimo, con una leggina che non sposta nulla per non turbare l’umore ai burocrati di Bruxelles. Spesso i nostri politici non conoscono non dico la differenza tra un Cannonau e un Carignano (in fondo, sempre vini rossi sardi sono), ma nemmeno tra un parmigiano e un pecorino. Il primo, padano, è fatto con latte di vacca. L’altro, sardo sino al midollo del pastore, è prodotto con il latte di pecora. Ma passi anche questo. 

Il problema è che i nostri politici, con i loro slogan, sono così poco profondi che nelle mense dei nostri figli anche il pomodoro pelato arriva, andando bene, dalla Campania o dalla Puglia. Buoni, per carità, ma la nostra economia la vogliamo valorizzare o no? Le nostre filiere agricole le vogliamo far crescere o no? Con tanti giovani che in Sardegna stanno tornando in campo, vogliamo iniziare a soddisfare il nostro fabbisogno interno, evitando di importare l’80% di quello che mangiamo? L’Europa non vuole? Sì, certo, per la nostra agricoltura sono arrivati un po’ di soldi ma anche tante prese per il culo come per lo zucchero. 

Torniamo al maialetto. Buon appetito agli amici dell’Expo, anche a chi vorrà rimpinzarsi di locuste e aracnidi, noi ci teniamo stretto il nostro maialetto. Magari, finalmente, costruendo un sistema che ci consenta di averlo, quello sardo, anche a luglio e ad agosto quando, per ragioni “biologiche”, il prodotto scarseggia. Mettiamo su un bel progetto per congelare le carni, facendo sistema e valorizzando le idee e la buona volontà delle imprese suinicole serie, sane e oneste. E sono tante. Ed evitiamo, finalmente, di importare dalla Polonia e della Germania i maialetti da offrire ai nostri turisti proprio d’estate. Queste cose, amici, ce le diciamo tra noi. Nel frattempo ci organizziamo. Siamo certi che la filiera suinicola farà passi da gigante nei prossimi mesi e che i nostri politici saranno così bravi che, andando a vendere Sardegna all’Expo, dirotteranno qui tanta di quella gente che non ci basteranno nemmeno i posti letto delle nostre case. Mi piacerebbe crederci. Davvero.

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