Fonte: Cannibali e re
Ci sono personaggi che
compiono poco più di un passaggio fugace nella storia, ma che si
distinguono come e più di chi al mondo c’è stato per decenni e
decenni. Non aveva ancora compiuto 15 anni, Roberto Di Ferro, quando
fu catturato dai nazisti, il 25 marzo del 1945. Nato in un
piccolo centro dell’alessandrino, lavoratore da giovanissimo per
aiutare la famiglia, Roberto scelse la via delle montagne per
contribuire alla Liberazione, guadagnandosi il soprannome di Baletta,
per via della sua giovane età e del suo entusiasmo nello svolgere i
compiti di staffetta. Era un ragazzo, Roberto, poco più di un
bambino, ma non aveva paura di fare scelte da grande. Volle
combattere al fianco dei suoi compagni, e anche nelle azioni di prima
linea, Baletta si distingueva. La lotta partigiana era però
messa in pericolo non solo dai nazisti, ma anche dalle spie che
collaboravano con i tedeschi; fu proprio a causa di una di queste
delazioni, che il gruppo di Baletta fu sorpreso in un’imboscata,
durante quelle che sarebbero state le ultime settimane della guerra.
Dopo aver esaurito ogni possibile resistenza, dieci partigiani furono
arrestati a Pieve di Teco.
Roberto fu condotto insieme ai suoi
compagni al Municipio, dove venne messo davanti ad un giudice
tedesco, che per tre giorni cercò di estorcergli informazioni
preziose, forse confidando in una debolezza dettata dalla
giovanissima età. Ancora una volta, l’adulto nel corpo del bambino
Baletta tenne duro, e scelse la via più coraggiosa, quella di non
rivelare nulla, anche se questo significava andare incontro alle
torture, e, infine, alla morte. Nelle prime ore del 28 marzo, a
Roberto venne piantata una pallottola nella nuca, e il suo corpo
venne poi crocifisso; finiva così la breve vita di Roberto Di Ferro,
il partigiano Baletta, tra i più giovani fucilati dai nazisti
durante la Resistenza.
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