domenica 13 febbraio 2022

Sono andato a vivere in paradiso


Finora, le mie passeggiate si erano sempre rivolte verso sud, costeggiando il fiume Stella. Oggi ho inforcato la bici e sono andato verso nord, mettendo in pratica un’idea su cui meditavo da tempo. Siccome avevo visto spesso ciclisti con le mountain-bike prendere per via Petrarca, intuivo che giù di là ci fossero bei posti, ma non mi aspettavo tanta ricchezza di natura. E’ un po’ come quando si è in gita fuori porta, si vuole pranzare bene e si cercano i parcheggi dei ristoranti con i camion, pensando che se i camionisti vanno lì significa che si mangia bene e si paga poco. Così è con i cicloamatori della bici da montagna. Dove vanno loro si sa in anticipo che non si rimarrà delusi. Uscendo verso le dieci, mi sono pentito di non aver messo i guanti, giacché, nonostante il sole radioso di metà febbraio, l’aria fresca pizzicava la faccia e le mani. Ma ho pensato che facendo movimento mi sarei riscaldato. E così è stato, infatti.



Quasi subito, sulla sinistra, un ponticello in legno portava vicino al fiume, un tronco pieno di funghi saprofiti, piume bianche probabilmente di un piccione rimasto vittima di qualche predatore, volpe o sparviero non so. Molto fango sulle rive, nessuna traccia di uccelli limicoli (non è come al Tagliamento dove ci sono ampi spazi lontano dalle abitazioni), sulla superficie dei rigagnoli alcuni girinidi, da non confondersi con i girini. Per il resto, la piccola fauna ancora sta dormendo.




Adiacente allo spazio verde pubblico, accessibile dalla strada, un corral privato con due cavalli, un pony bianco e un sauro dal pelo lungo. Molte le collinette delle talpe, segno che il terreno è privo di pesticidi. Ritornato sulla strada, un’amara sorpresa: l’ennesima nutria investita a cui ho dedicato un video di un minuto e mezzo. Indi, l’ho buttata in acqua, che segua il suo destino. Lei, viva o morta, è a casa sua! 




Oltre il casolare dei proprietari dei due cavalli, un altro corral, ma questa volta con uno stupendo Appaloosa, il famoso cavallo degli indiani. Era parecchio infastidito dai chironomidi, così che scuoteva la testa di continuo. Gli stessi chironomidi che infastidivano me. 



Sulla destra della strada, invece, un recinto con mucche al pascolo insieme a un paio d’asini. La visione di bovini all’aria aperta è piuttosto inusuale in pianura e il minimo che si possa dire di quelle mucche è che fanno una bella vita, almeno finché anche loro non incontreranno il coltello del macellaio. Ma loro, a differenza di noi, non lo sanno e quindi non si disperano. In un recinto di un’altra abitazione, poco più avanti, pecore dal vello abbondante, insieme a pollame vario. Un vecchio su un sedia a rotelle motorizzata faceva il galletto, visto che siamo in tema di volatili di bassa corte, con la massaia che si occupava del serraglio. Io ci sono passato in mezzo in bici, ma i due non se ne sono neanche accorti. Mi è parso di capire che la donna non fosse indigena, perché c’era qualche problema di comunicazione tra loro. O forse il vecchio invalido era un po’ sordo. Poco prima, quando sopraggiungeva con il suo elettrico veicolo monoposto e io ero alle prese con la nutria morta, lo avevo salutato ma senza ricevere risposta. Era in caccia, e gli interessavano solo le femmine, a quanto pare. Fa tristezza un uomo che, nonostante l’età e l’invalidità, ci prova comunque. Il suo atteggiamento era inequivocabile e sono sicuro di non essermi sbagliato.



Lasciatomi alle spalle il maturo latin-lover, ecco un cartello interessante. Che mi ha fatto ricordare di quando mia figlia, smanettando sul cellulare, si era imbattuta in questo ecovillaggio, denominato “Gaia Terra”, ma siccome stavo guidando, e nelle comuni agricole non ci credo più da quando avevo vent’anni, non ci ho fatto caso. Tornato a casa, poi, mi sono documentato anch’io, scoprendo che si tratta di una fabbrica di mattoni, un opificio novecentesco che rientra nel novero della cosiddetta archeologia industriale. E’ stato comprato e adibito a casa comune per ecologisti, cosa in sé rispettabilissima. Un pensierino, nel senso di iscrivermi al club, se non altro per socializzare con persone più o meno a me affini, confesso che l’ho fatto. Ma, tempo al tempo. Io, da orso quale sono per natura, sto bene da solo, ma se vendono anche prodotti da orto, la faccenda potrebbe interessarmi, specie adesso che i supermercati mi sono interdetti.


La strada proseguiva, ma si avvicinava il momento di fare dietro front. Ho voluto però avvicinarmi ad alcuni cartelli esplicativi che vedevo da lontano. Ecco! La Regione ci ha messo dei soldi, ci sono dei camminamenti, dei ponticelli, forse più avanti anche delle panchine, e dei pannelli che spiegano il nome delle piante. L’ontano nero, per esempio, che è già tutta un’esplosione di amenti. Ancora fiori sbocciati non ne ho visti, se non i bucaneve che ho già nel giardino di casa. Se fossi un pittore naturalista, ne sarei rimasto deluso. Niente macchie di colore. E’ troppo presto.



6 commenti:

  1. Risposte
    1. Quando ho visto le mucche sul prato, che - ripeto - per la pianura friulana sono cosa insolita, mi sei venuto in mente tu.

      :-)

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    2. ... le mucche al pascolo, con il suono dei campanacci e il silenzio degli oltre 2000mt, ha il potere di rigenerare me e mia moglie.
      Sono sensazioni che bisogna provare per capire.
      Occorre anche un animo predisposto e sensibilità innata.
      Stamattina ho corso un'ora e mezza sui colli, sole, freddo e tramontana ... un balsamo per l'animo e per la mente.
      Un saluto
      Piero

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    3. Mia figlia ama correre.

      Quando abita a Trieste non lo può fare.

      Se io dovessi accompagnarla, credo che mi fermerei ansimando dopo tre minuti.

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    4. ... le, ormai rare, volte che scendiamo a Genova, vado sempre a camminare sul lungomare di Corso Italia e arrivo fino al borgo marinaro di Boccadasse, famoso anche per la canzone "la gatta" di Gino Paoli.
      Solo in estate ma, comunque, di rado mi alzo prestissimo per portare la famiglia al mare in quel di Celle Ligure (SV) e poter correre sul lungomare chilometrico. Al ritorno tuffo e nuotata ristoratrice.
      Il terzo video sulla natura, dedicato al mare, vorrei farlo li.
      Piero

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  2. tutto vero..ma vorrei sfatare il detto : i camionisti vanno dove si mangia bene.. Ho per lavoro dovuto mangiare per circa 28 anni a pranzo nei ristoranti pur essendo un tecnico ma non un camionista. Ovvio che quando si e' in giro per lavoro la ristorazione deve per forza condizionata da molte attenzioni . Non ultime la propria salute e il proprio portafoglio .Posso dirti che la semplice cucina , priva di valorizzazioni gourmet , ( rarissime) sono l' essenza della alimentazione a mio avviso .quando mangi tutti i giorni fuori stai attento ad ogni virgola...le "raffinatezze" le lascio a Borghese.. preferirei Rubio se fosse meno sporcaccione..ma credimi ..i camionisti vanno a mangiare solo nei ristoranti Routier... ovvero dove si possa parcheggiare il camion...Ho mai visto un camion parcheggiato in piazza di Spagna a Roma .Salut!!

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