“I tre cacciatori si misero al lavoro come avevano sempre fatto ovunque: uccidere, uccidere, distruggere la vita persino quando sta appena nascendo. Brandendo mazze fatali, presero a saltare tra i corpi delle partorienti sferrando colpi precisi sulle testoline dei piccoli appena nati. Gli animaletti indifesi emettevano un grido, cadevano inerti, perdendo la vita che avevano posseduto per un solo istante. Uccidere e ancora uccidere! Quanto più rapidamente possibile, tanto meglio! Come in preda a un’inspiegabile follia, gli uomini assestavano mazzate e ammucchiavano i piccoli corpi”.
Francisco Coloane, “Capo Horn”
Si è aperta la caccia ai trotski. Sicari sovietici si aggirano tra i ghiacci armati di piccone. Per tutto l’anno si ubriacano nelle bettole e quando scatta l’ora s’imbarcano su bettoline cigolanti per raggiungere i terreni di caccia. I soldi che il Soviet darà loro verranno spesi in alcol durante il periodo d’inattività. Tipico esempio di dipendenza e devozione di troppa gente a un’invisibile prigione mentale, prima ancora che alcolica. Impossibile, per tali uomini, cambiare stile di vita. Una coazione a reiterare aberrazioni. L’alcol rende pericolosi.
Ma non è della caccia ai cuccioli di foca che voglio parlare, bensì della morte per annegamento di tre cacciatori nelle fredde acque del Golfo del San Lorenzo. Se anche voi come me aveste fatto la raccolta delle figurine dell’album “I grandi fiumi”, il nome San Lorenzo vi evocherebbe immagini di avventura esotica, pari a quelle che potrebbero suggerirvi il Rio delle Amazzoni, il Volga o il Fiume Giallo. Se poi vi fosse capitato di leggere (ma è poco probabile) “Mar dei massacri”, di Farley Mowat, avreste potuto farvi un’idea di come la colonizzazione del nuovo mondo non è consistita solo nello sterminio dei nativi americani, della cui sorte e trattamento da parte dei coloni bianchi siamo stati informati tramite migliaia di film, ma anche nel genocidio di milioni di animali ivi residenti.
Quelle erano terre vergini, nonostante la presenza di aborigeni che evidentemente non erano in grado di intaccare la consistenza numerica delle specie animali. E’ per questo che i “pellerossa” ci sono tanto simpatici, perché sapevano vivere in armonia con la natura, ma io non mi faccio troppe illusioni: se avessero avuto i mezzi, la natura, l’avrebbero distrutta anche loro. Non so, infatti, fino a che punto la predisposizione dell’uomo bianco a violentare verginità, zone naturali o fanciulle indifferentemente, sia connaturata all’indole dell’uomo bianco. Potrebbe essere caratteristica della specie umana e non solo di noi occidentali.
Fatto sta che la colomba migratrice l’hanno estinta gli uomini bianchi venuti dall’Europa. Il dodo fu sterminato da olandesi e portoghesi. La ritina di Steller e l’alca impenne furono fatte sparire dalla faccia della Terra da uomini di pelle bianca. Dunque, qualcosa di perverso e demoniaco – ho il sospetto – si nasconde proprio nel nostro DNA, di noi europei cresciuti a pane, Bibbia e ipocrisia.
Quei cacciatori che uscivano freneticamente dalle loro case, mettendo in mano a vecchi e fanciulli improbabili archibugi, quando cominciavano ad arrivare gli stormi della colomba migratrice, non si limitavano a incamerare bottino per scopi alimentari, ma facevano uscire i maiali dai porcili, sì che potessero pascersi delle colombe colpite che cadevano come grandine sotto il piombo dei fucili.
Quei pescatori che nelle fredde acque del nord pescavano pesce azzurro non si limitavano a catturare la quantità necessaria per il proprio sostentamento o per metterlo in vendita nei mercati di città, ma usavano alici, acciughe e altri piccoli pesci come concime nei campi: pesce proteico utilizzato come letame. Si capisce, anche solo da questo, che l’essere umano ha qualcosa che non va, nel proprio cervello. Un po’ come avviene al giorno d’oggi, con le arance schiacciate sotto i cingoli dei trattori e il latte versato nei fiumi (è successo in Cina), con la differenza che oggi si fanno questi sprechi per tenere alti i prezzi, mentre nel Settecento si usava il pesce azzurro come concime per il semplice motivo che se ne pescavano migliaia di tonnellate in esubero.
A leggere il libro di Mowat vengono i brividi, sapendo quanti castori, scoiattoli, visoni, lupi, cetacei e uccelli marini sono stati massacrati in due secoli di colonizzazione del Canada e degli Stati Uniti. Dei bisonti fucilati dai finestrini del treno sappiamo tutti, ma non tutti sanno che l’areale dell’orso bianco, conosciuto anche come orso polare, nel Settecento era molto più esteso rispetto ad ora, poiché conviveva insieme al baribal e al grizzly nelle foreste del nord America. Fu la caccia per la sua bianca pelliccia a spingerlo verso nord. La stessa cosa si potrebbe dire per l’Europa, tanto che le renne, che noi immaginiamo come tipiche dei paesi artici, in tempi storici vivevano anche in Inghilterra. E così i castori, cacciati ovviamente per la pelliccia, vivevano in tutta Europa, mentre oggi sono confinati solo nel delta del Rodano.
La prova sicura del passaggio dell’uomo è il deserto, dice un proverbio arabo. Ed evidentemente, gli arabi se ne intendevano, poiché mi viene il sospetto che le zone aride in cui la maggior parte di loro oggi vivono, aride un tempo non lo erano per niente. Tanto è vero che sembra che il deserto del Sahara, ancora in tempi storici, fosse una foresta e che siano stati i romani a renderlo quella distesa di sabbia che noi conosciamo, a forza di abbatterne gli alberi.
Assodato ciò, mi viene da pensare che:
1) l’uomo è un virus per il pianeta come riferito dal signor Smith nel film Matrix;
2) una parte di Anunnaki o di rettiliani cattivi che vogliono distruggerci ne hanno ben d’onde e lo fanno per difendere il Pianeta Azzurro, su commissione della Federazione Galattica;
3) gli Illuminati, Kissinger in testa, che vogliono ridurre la popolazione mondiale, agiscono mossi da nobili intenti, forse anche su mandato divino, poiché Dio, constatato il proprio fallimento creativo, si vergogna e lascia che siano i suoi emissari a rimettere le cose a posto;
4) la frase di Filippo d’Edimburgo, che disse di desiderare d’essere un virus per sterminare la popolazione umana, alla luce dei massacri descritti da Mowat (a meno che anche Mowat non faccia parte della cricca e si sia inventato tutto, ma ne dubito), deve essere ridimensionata e rivalutata.
In quest’ottica, anche la promozione dell’omosessualità che limita le nascite deve essere considerata positivamente, mentre, all’opposto, il motto “Crescete e moltiplicatevi”, preso alla lettera dalla Chiesa Cattolica, deve essere considerato obsoleto e nocivo. Il movimento complottista, quindi, necessita di ulteriori elaborazioni culturali, di rettifiche e messe a punto, poiché, per il solo fatto di essere diventati sospettosi e studiosi di cospirazioni, ci siamo abituati a pensare che non è tutto oro ciò che luce e non è tutto sbagliato ciò che ci hanno indicato come tale.
In questa stessa ottica, la morte di tre cacciatori di foche nel golfo del San Lorenzo deve essere vista come positiva, al di là di ogni ipocrisia e infatti, a leggere i commenti degli utenti del web, così viene interpretata. Se io fossi una foca la interpreterei così.
Vi sono però nostri compagni di strada nella ricerca della verità che si scandalizzano se esultiamo alla morte di un pescatore, di un cacciatore o di un macellaio. Capisco che ciò possa accadere perché il Cristianesimo ci ha insegnato che la vita umana è sacra (solo quella, mi raccomando!), sorvolando sul fatto che i propugnatori del Cristianesimo (leggi Chiesa Cattolica) nel corso dei secoli hanno bellamente rinnegato le loro stesse parole, i loro stessi principi, spargendo tanto di quel sangue che, per usare un’iperbole, potrebbe riempire il golfo del San Lorenzo.
“Accà nisciune è fesse”, dicono in Meridione e a noi basso popolo fanno credere cose in cui loro, l’alto popolo, prelati compresi, non credono. Noi dobbiamo stare zitti e buoni e andare a messa tutte le domeniche; loro fanno le guerre che vogliono, contro chi vogliono e quando vogliono e per i motivi che vogliono. Tanto poi, come ci stanno buggerando da venti secoli con la cosiddetta educazione (da alcuni autori affettuosamente chiamata educastrazione), così sanno benissimo come buggerarci anche nel secolo attuale, con leggiadre notizie comunicateci tramite telegiornali. Davvero astuti e perfidi, questi merovingi!
Alle nostre latitudini succede raramente che qualche pescatore scivoli nel canale dagli argini rigidi e anneghi, ma è molto più facile che siano i cacciatori ad ammazzarsi tra di loro, dato che un fucile ha in sé un potenziale di nocività molto superiore a quello di un corso d’acqua. E’ più facile che siano i vecchi pescherecci a rovesciarsi, come è successo di recente.
Il commento in cui dicevo che il mare si è ripreso ciò ch’era suo, è stato censurato, poiché la politica del Gazzettino è di lasciare che questo genere di notizie dia adito unicamente alle pure e semplici condoglianze.
Ciò nonostante, quando i giornali danno notizia della morte di un cacciatore durante una battuta di caccia al cinghiale, per esempio, si levano aspri polveroni dialettici in cui c’è sempre qualche lettore che gioisce e altri che si scandalizzano della sua gioia. Io normalmente commento con pacatezza, perché trovo di cattivo gusto esultare per la morte degli altri, mentre i cacciatori di norma non ci riservano queste cortesie, dato che si fanno fotografare sorridenti con il piede sul collo della preda o accanto ad essa o reggendo in mano il pesce di grosse dimensioni, orgogliosamente pescato.
In tutti i casi, all’uccisione della selvaggina seguono i festeggiamenti con la famiglia e gli amici, né più né meno di come gli indios amazzonici o i nativi del Borneo erano soliti festeggiare il buon esito della battaglia mangiando le carni dei nemici uccisi.
Normalmente, quando commento la morte di qualche cacciatore in servizio di mattanza, mi limito a spiegare il significato di Nemesi, concetto abbastanza facile da capire. La Nemesi è una divinità greca ormai poco conosciuta, timida e fin troppo discreta. Viceversa, bisognerebbe che si facesse sentire più spesso, anzi regolarmente. Bisognerebbe che ogni volta che un macellatore usa la pistola a proiettile captivo, avvicinandola alla testa di un manzo, la Nemesi rigirasse lo stesso macchinario sulla fronte dell’uomo così da mettere in pratica immediatamente l’antico principio dell’occhio per occhio, dente per dente. Non avviene. Non avviene mai. La Nemesi dorme, sonnecchia o si lascia distrarre da altre faccende. Magari sta a rincitrullirsi davanti alla televisione, guardando l’isola dei famosi. La Nemesi latita e questo deve averlo imparato dal Padreterno, il Grande Latitante.
Solo ogni morto di papa, la Nemesi si sveglia e fa il suo dovere. Come in questo caso:
Analizziamo il concetto di sacralità della vita umana. Intanto, è stato un errore madornale, cosa che l’induismo non ha fatto, limitare la sacralità solo alla vita umana e non estenderla anche a quella delle altre creature. Poi, ammesso che la vita dell’Homo sapiens sia sacra e inviolabile e sorvolando sull’incongruenza della Chiesa Cattolica che difende quella del nascituro ma non quella dei soldati al fronte, ci si deve chiedere se tutte le vite umane siano meritevoli di essere considerate sacre.
Personalmente, la pena di morte mi ripugna, perché è la collettività che decreta la morte dell’assassino punendolo con lo stesso metodo da lui messo in pratica e per il quale viene esecrato e condannato. Tuttavia, è innegabile che se si potesse intervenire a monte, prima che il crimine venga commesso, come immaginato da Minority Report, molte vite verrebbero salvate. Un personaggio molto gettonato, preso a paradigma per discutere sulla sacralità della vita umana, è Adolf Hitler. Anche l’utente di Stampa Libera che si firma Gianni vi ricorre. Ecco le sue testuali parole: “Ho solo il dubbio su quella piccola percentuale di persone veramente cattive e malvagie (vedi Hitler o Stalin). Forse loro si sentono bene a fare del male, però per fortuna di persone così ce ne sono poche”. Non percepite anche voi una leggera ingenuità in queste parole?
Il Fuhrer è passato alla Storia come un eroe nero, il male fatto persona, ma per alcuni è stato un utile idiota, funzionale ai piani dei banchieri ebrei che vendevano armi sia alla Germania che agli Alleati. Detto per inciso, a me mandano in bestia quei lettori che dicono che Hitler era vegetariano, cercando così di demonizzare e colpevolizzare l’intera categoria dei vegetariani. Di fatto, Hitler ha rappresentato un incubo per milioni di persone e questo è innegabile. Von Stauffenberg ci ha provato, ma ha fallito, altrimenti la Storia avrebbe seguito un andamento diverso e milioni di persone sarebbero sopravvissute alla seconda guerra mondiale.
Ammesso che l’uccisione di un capo di Stato criminale come Hitler sia cosa buona e giusta, perché non applicare tale principio anche in altre situazioni? Se si dà via libera a tale metodologia e se ogni remora morale viene spazzata via, qualsiasi potere legalmente costituito potrebbe fare la stessa cosa a noi e, in quanto dissidenti, ce la vedremmo veramente brutta. Dunque, per un puro ragionamento utilitaristico, è preferibile che la pena di morte, preventiva o posteriore, non venga mai istituita, neanche in considerazione degli eventuali sopravvissuti che ne potrebbero beneficiare.
Mi resta solo la soddisfazione di sapere che quei tre cacciatori di foche non faranno più danni, sperando inoltre che altri battelli facciano naufragio. Più di così non posso, nel mentre aspetto che l’umanità si evolva spiritualmente e capisca “sua sponte” che uccidere gli esseri viventi è sbagliato.
Ci vorrebbe un lungo commento per riflettere tutti i temi che hai enucleato. Sì, Dio (se esiste) è latitante o distratto, come Nemesi. Solo una volta su un milione il karma si manifesta per fare la cosa giusta al punto che sembra una reazione, una vendetta del tutto casuale.
RispondiEliminaHitler fu una creatura dei Gesuiti che allora come oggi controllavano i Rotschild.
Ciao
P.s. Il discorso verte sulla natura umana: perché la natura umana, tranne poche eccezioni, è tanto degradata, corrotta, snaturata? E' un quesito su cui mi sono interrogato milioni di volte, senza mai trovare uno straccio di risposta.
RispondiEliminaCiao
Addendum. Mi piacerebbe sapere la tua opinione sul motivo per cui la natura umana è tanto degradata.
RispondiEliminaCiao
Ciao Zret! E' un piacere e un onore averti qui. Premetto che le riflessioni da me fatte nell'articolo sono un pallido riflesso del saggio di Farley Mowat, che credo di aver letto almeno tre volte nel corso di diversi anni. Se vuoi interrogarti sulla natura degradata dell'uomo quello è il libro che fa per te: un vero necrologio, la summa di tutte le nequizie che l'Homo sapiens commette ai danni degli animali.
RispondiEliminaRiguardo alla domanda che poni a tutti quelli che incontri, me compreso, nella speranza d'incontrare qualcuno che abbia le risposte, mi tocca deluderti e citarti quegli adesivi che si attaccavano una volta sul retro delle macchine, con Snoopy che diceva: "Non seguitemi, mi sono perso anch'io!".
Ecco, nemmeno io so darti qualche lume in proposito, se non forse che, per dire che la natura umana è degradata, bisogna avere un termine di confronto e cioè avere in mente una natura non degradata, magari un membro della razza umana appartenente all'Età dell'Oro.
E se invece non fosse degradata, ma fosse così e basta e tutto il resto fosse solo sovrastruttura e mistificazione?
Da te ho imparato che la frase di Schopenhauer "l'uomo è ciò che mangia", in realtà, in origine, suonava così: "L'uomo è ciò che è!". Dunque, potrebbe darsi che la natura umana non sia per niente degradata. Non è una grande idea, lo so, ma è l'unica che ti posso offrire al momento.
Un salutone.
P.S.
Aspetta un attimo! Mi è venuto in mente Cioran secondo cui la natura umana è degradata (gli umani fanno schifo) perché siamo in troppi!
Ciao Freeanimals, in primo luogo mi congratulo con te, perché i tuoi articoli denotano la capacità di pensare, abilità oggigiorno molto rara. La tua risposta antidogmatica ed interlocutoria conferma il mio giudizio. Forse non si può oltrepassare la tautologia dell'aforisma "L'uomo è quel che è". Anche Borges scrisse che "esprimersi significa incorrere in tautologie": misera messe.
RispondiEliminaForse non è solo la natura umana ad essere degradata, ma la natura tout court. Perché? Perché è così. Eppure forse è esistito un tempo migliore, altrimenti non ne avremmo una pur confusa nostalgia.
Ciao e grazie della risposta.
Se di risposta si può parlare! Ci ho provato, a rispondere, ma anch'io convivo da una vita con domande simili e ormai ho perso la speranza di venirne a capo.
RispondiEliminaC'è un bel dilemma in atto: la natura è degradata? O solo la natura umana lo è? Forse la Natura appare degradata ai nostri occhi, un po' come alla volpe appariva acerba l'uva perché non riusciva a raggiungerla. In realtà la Natura funziona, tragicamente, anche se per noi resta inspiegabile. Perché il leone deve per forza mangiare la gazzella? Quando capirò perché, fino in fondo, potrò dire che la Natura non è degradata, che è giusta e perfetta, ma per il momento non posso far altro che agitarmi in un mare di perplessità.
Vedi come mi sto esprimendo poeticamente?
Dev'essere la tua influenza....