Lo sapevate che San Daniele è il protettore dei prosciutti? E che San Francesco è il protettore degli animali? Li hanno visti parlare insieme, di recente, San Francesco e San Daniele, come Di Pietro e Berlusconi. Chissà cosa si saranno detti? Forse San Francesco cercava pazientemente di spiegare a San Daniele che proteggere la macellazione del maiale a fini gastronomici significa ostacolare il suo lavoro di protezione degli animali, maiali inclusi. O forse San Daniele cercava di convincere San Francesco della bontà delle delicate fettine di prosciutto o gli descriveva l’estasi delle papille gustative nel degustare salame o mortadella. Forse lo invitata a provare, una volta tanto, cosa significa sentirsi sciogliere in bocca un bocconcino di pancetta pepata o di spek affumicato. Chissà!
Siccome quando il superiore entra in contatto con l’inferiore, avviene immancabilmente un livellamento verso il basso, come quando folle di africani si spargono per l’Europa in cerca di fortuna, neutralizzando le conquiste di civiltà da noi faticosamente raggiunte, così tra i due santi sicuramente Daniele ha avuto la meglio su Francesco. E lo stiamo vedendo da sempre: a parole la Chiesa riconosce l’importanza del messaggio olistico di fratellanza con tutte le creature, ma nei fatti approva e incoraggia il consumo di quella povera carne che un tempo apparteneva proprio a quelle creature. Prelati pasciuti e tendenti alla pinguedine sono da sempre tra i primi ad accomodarsi al fastoso e truculento banchetto.
C’è poi un altro santo, Sant’Antonio Abate, protettore degli animali da cortile. Protettore in che senso, se poi vengono tutti regolarmente macellati? Nel senso che li mantiene sani ed esenti da malattie, sì che il devoto cristiano li possa mangiare senza problemi. Ma non c’era già San Francesco a proteggere gli animali? Sant’Antonio non sarà un doppione?
Infatti, in origine, Sant’Antonio nei dipinti rinascimentali era raffigurato nel deserto, circondato da diavoletti tentatori, ma siccome il volgo non distingueva bene le figure, pensò che quei mostriciattoli ai piedi del santo fossero animali da cortile, oche, anatre, galline, mucche, pecore e cavalli, compreso l’immancabile cagnolino. Ecco perché i contadini presero l’abitudine di appendere l’effige di Sant’Antonio nelle stalle, come oggetto apotropaico per tenere lontane le malattie del bestiame. La superstizione che si salda con la fede.
Tuttavia, nella diatriba su chi debba prevalere, Sant’Antonio non porta di sicuro acqua al mulino di San Francesco, perché si comporta da bravo prete di campagna, benedicendo quegli animaletti che gli tributavano dedizione e mettendoli a disposizione dei loro carnefici. Sembra quasi che gli animali della fattoria si offrano volontariamente in qualità di cibo al devoto contadino cattolico e a nessuno viene il sospetto che la domesticazione sia equiparabile al peccato originale, che non fu mangiare il frutto dell’albero proibito, ma uccidere il primo animale. Travisamenti della storia e travasi di bile per gli animalisti che devono digerire tanta vigliacca ipocrisia.
San Rocco e il suo cane lo possiamo lasciar perdere: anche lui non ha molto da dire sulla questione dei diritti degli animali. San Marco e il leone? Bah, che c’azzecca, direbbe il summenzionato cacciator Di Pietro. San Luca e il bue? Il bue che veniva offerto in sacrificio a quel Dio degli eserciti che s’inebriava del profumo di carne bruciata? E’ meglio che lasciamo perdere! San Giovanni e l’aquila? Per fare cosa? Qui stiamo parlando di prosciutti e non s’è mai sentito parlare di salame d’aquila. D’oca sì, ma d’aquila proprio no.
Antonio Abate, quando non è circondato dagli animali da cortile, se ne va in giro con un maiale, simbolo delle tentazioni del Maligno. Ma anche il Maligno può apparire simpatico e mostrare devozione, come pure gli animali. Peccato che la loro devozione non li salvi dal carnefice e vengano poi regolarmente macellati. Infatti, in epoche non troppo lontane, quando l’Italia era più contadina che barbaramente industrializzata, nei piccoli paesi si lasciava girare liberamente un piccolo maiale (macchine non ce n’erano) e tutti gli abitanti gli davano da mangiare. Quando, per dirla con Fabio Tombari, calava la galaverna, arrivava San Martino, che non aveva niente a che fare con la discussione aperta tra Daniele e Francesco, ma dava l’avvio alle macellazioni.
Tanto che se qualcuno vi fa del male, anziché passare alle vie di fatto e dalla parte del torto, minacciatelo così: “Per ogni maiale, arriva sempre San Martino!”. Serve più da scongiuro che non per intimorire veramente il vostro tormentatore.
“Il purcit di Sant’Antoni”, come si dice dalle mie parti, è colui che va sempre in giro senza mai concludere nulla di buono. Un nullafacente, appunto. La differenza è che il purcit di Sant’Antoni in carne, setole e codino arricciolato un tempo veniva ucciso e le sue carni date ai poveri, mentre quello a due gambe tutt’al più può fare domanda di sussidio di disoccupazione e nessuno lo macellerà.
Torniamo ai nostri due santi, che avevamo lasciato in aspra discussione circa la bontà delle carni suine, da un lato e la necessità di rispettare la vita delle creature, dall’altro. Si capisce che la discussione è di quelle muro contro muro, con un esponente della sana razza contadina, intimidito ma per nulla disposto a lasciarsi convincere, e un mistico idealista fresco di grotta e reumatismi, abituato alla mortificazione del corpo e con quella strana fisima che gli animali siano nostri fratelli.
Daniele pensa, senza dirlo a voce alta, che il collega ha passato troppe notti in preghiera a lume di candela, macerato dai digiuni, e ora pretende di obbligare anche gli altri santi a seguire il suo stile di vita. Francesco, armatosi di santa pazienza, pensa, ma senza dirlo a voce alta, che Daniele a forza di fare il guardiano di porci, ha finito per ragionare come loro. E anche a puzzare come loro. E si rammarica che le soavi parole di Nostro Signore Gesù Cristo, in merito alla carità e all’amore, non abbiano fatto breccia nella mente rude e rudimentale del collega prosciuttaio. San Francesco finisce per sospirare e sentirsi necessariamente un po’ snob.
San Daniele reprime un rutto, dà una vigorosa manata sulle spalle del Poverello, facendolo vacillare, e pensa che il cristianesimo, se arriva a formulare l’ipotesi che gli animali siano nostri fratelli può, evidentemente, andare soggetto a degenerazioni e si chiede come mai Santa Madre Chiesa abbia fatto santo tale bischero, nominandolo addirittura patrono d’Italia e collocandolo il 4 ottobre, quando si approssima la stagione delle macellazioni.
Voi vi chiederete cosa c’entra un articolo sul maiale, su due santi in contrasto d’idee, se consideriamo che non siamo neanche in ottobre e non si festeggia né San Francesco, né San Daniele.
La risposta è semplice: in Italia, a occhio e croce, ci sono molti paesi intitolati a San Daniele, ma molti di meno intitolati a San Francesco. Ora comincio a capire il perché: la simpatia popolare va più al primo che al secondo. In questi giorni, e precisamente dal 24 al 27, si tiene l’annuale abbuffata di prosciutto, con il contorno di melone e senza dimenticare il vino bianco, meglio se prosecco. Dove? Ma che diamine, a San Daniele del Friuli, zona collinare dove si trovano i magazzini per lo stoccaggio e la stagionatura delle cosce di maiale, uno dei vanti della mia regione, ricca in bellezze naturali, ma povera spiritualmente.
Se penso che il prosciutto di San Daniele viene considerato una delle eccellenze del Friuli, insieme al vino Tocai (che lo era fino a quando gli ungheresi non ci hanno scippato la Denominazione d’Origine Controllata), insieme al corpo degli alpini e alle Frecce Tricolori, mi chiedo: ma cos’hanno nella testa i miei conterranei? Solo mangiare e bere e lasciarsi avvelenare dall’alto da dieci stupidi aeroplani?
E sono anche contenti di averla, la base di Rivolto! Guai a chi gliela tocca, la Pattuglia Acrobatica! Da cinquant’anni causano rumore e inquinamento per niente e la gente è pure orgogliosa di ospitarli. Ecco la parola chiave, di cui si è perduto il senso: ospiti! I militari in queste terre sono sempre stati “ospiti” ( e si comportano da padroni). Così gli americani di Aviano: ospiti! E aprono il frigo da soli, si sbracano sul divano e mettono i piedi sul tavolo. Alla faccia dell’ospite! Militari: genìa maledetta!
Tornando al prosciutto, il Messaggero Veneto, quotidiano di Udine benché Udine non sia in Veneto ma in Friuli, come ogni anno s’incaricherà di farci sapere quante cosce di maiale sono state divorate dai partecipanti alla sagra: tutti ne saranno compiaciuti. Per loro, per questi buongustai privi d’anima, è un po’ come fare il rendiconto di quante sedie sono state prodotte in un anno, quanti ettolitri di vino sono stati ricavati dalla vendemmia e quanti bulloni e lamette da barba il Gran Fratello è riuscito a produrre in più in Estasia che non in Eurasia. Il maiale reificato e reso oggetto a disposizione dei loro insaziabili succhi gastrici. Che tristezza. Che mondo vigliacco!
Si limitassero a esaltare edonisticamente i loro prosaici appetiti. No, devono per forza tirare dentro la religione! Devono per forza sporcare tutto. Tutto ciò che toccano, Re Mida all’incontrario. Devono avere l’approvazione delle guide religiose, se no la fettina gli va di traverso. Vogliono la cantina piena e la moglie ubriaca, cioè vogliono vivere da gaudenti e andare pure in paradiso. Avessero il coraggio di sguazzare nella crapula senza pretendere d’essere devoti fedeli destinati alla beatitudine eterna! Hanno elargito beatitudine ai milioni di maiali assassinati per futili motivi? La legge del Karma cosa dice in proposito?
Io resto meravigliato per la loro organizzazione, ma mica quella di “Aria di Festa” (così hanno chiamato l’abbuffata di San Daniele); no, per la più estesa e antica organizzazione che tutti quanti hanno messo in piedi, da secoli: laici e religiosi insieme, papi e cardinali, vescovi e marchesi, aristocratici e plebei, imperatori e pecorai, tutti impegnati a darsi una mano l’un l’altro, a schiavizzare gli animali e a trasformarne milioni di esseri senzienti, e soprattutto innocenti, in brandelli di carne sanguinolenta.
E poi c’è qualcuno che parla di alieni cattivi. I rettiliani siamo noi, altro che storie! Non ci accorgiamo che vengono continuamente cambiati i significati delle parole: la pace è guerra, la libertà è schiavitù, le missioni di guerra sono in realtà di pace, l’abbuffata assassina di maiali a San Daniele del Friuli è…..aria di festa. A tutti gli spensierati partecipanti alla sagra dico solo questo: “Per ogni maiale arriva sempre San Martino!”
Ricordatevelo!
Così siamo alle solite, Freeanimals, ancora a chiederci il motivo di una natura umana tanto snaturata. Certo, un influsso arcontico non si può negare, ma anche gli uomini si rivelano da soli molto degenerati. Perché? La risposta soffia nel vento.
RispondiEliminaCiao
Da quando ho memoria, cioè da quando ho cominciato ad angustiarmi per la sorte degli animali, non ho fatto altro che specializzarmi in....umanità snaturata. Credo di essere a un buon livello di conoscenza in materia, ormai.
RispondiEliminaDovrò informarmi meglio su chi siano gli Arconti, perché vedo che vanno abbastanza di moda, ultimamente, sul web. Mi pare siano....gentaccia, comunque. Da stargli alla larga!
Ciao e grazie.
"Lo sapevate che San Daniele è il protettore dei prosciutti? E che San Francesco è il protettore degli animali? Li hanno visti parlare insieme, di recente, San Francesco e San Daniele, come Di Pietro e Berlusconi."
RispondiEliminaFantastico, ho riso mezz'ora quando ho letto questa frase!
Purtroppo non c'è limite all'umana follia.
Non voglio fare il mea culpa, ma parli proprio con uno di quei ex dormienti che in questo sistema ha sguazzato alla perfezione e questo soltanto fino a pochi anni fà.
Il calcio (truccato), i videogiochi, internet, facebook, ecc., ecc. ci tengono ipnotizzati come i polli dentro la gabbia.
Non parliamo poi del nutrirsi di animali morti.
Il risveglio ho iniziato ad avvertirlo solo quando mi si è parato davanti agli occhi il turpe spettacolo delle scie chimiche, un vero e proprio pugno nello stomaco.
Solo da quel momento ho iniziato a pormi delle domande, da allora ho inizato quel percorso che gli antichi denominavano "conosci te stesso", il che non vuole limitarsi ad una consapevolezza esteriore, bensì ad un processo di crescita interiore che può durare svariati anni o addirittura occupare l'intero arco dell'esistenza.
Crescere tuttavia non è mai facile dato che significa molto spesso sapere andare controtendenza.
Pensa solo presentarsi ad una grigliata con gli amici
e non mangiare carne e questo solo per dirne una.Un saluto e complimenti per il blog!
Purtroppo il "conosci te stesso" evocato dall'amico Gigettosix, che saluto, è talora un viaggio al centro dell'orrore. Si prende, infatti, coscienza di una natura umana in cui poche vette sublimi sono circondate da mille spaventevoli e sulfurei abissi, ma tant'è... il battesimo vero è quello di fuoco.
RispondiEliminaCiao
Gigetto, ho come l'impressione che, per molti studiosi di complottismo, diventare vegetariani sia come una tappa del percorso personale denominato ascesi. Anche tu forse consideri l'abbandono della dieta carnea come un fattore importante ma non fondamentale per raggiungere quel climax vibrazionale che ti possa mettere in sintonia con i grandi cambiamenti di cui molti parlano in relazione al 2012. E che tutti stiamo aspettando.
RispondiEliminaParli infatti di "dormienti" e di "risveglio", concetti che circolano negli ambienti underground già da trenta e passa anni. Più o meno in corrispondenza a quando si è cominciato a parlare di Era dell'Acquario. Non ho niente in contrario a questo processo, da parte dei complottisti. Ognuno ha la sua strada da seguire, ma, per quanto mi riguarda, faccio parte di quella categoria/generazione che vedeva nel vegetarismo una svolta naturale e imprescindibile, a prescindere da qualsiasi crescita spirituale: lo facevamo perché riconoscevamo negli animali delle vittime storiche che subivano (e subiscono) le peggiori ingiustizie.
Al massimo questo nostro atteggiamento finiva per farci diventare un po' snob, agli occhi dei....cadaveriani.
Grazie per esser passato di qua.
Ciao
Zret, "sulfurei abissi": ma dove le trovi? :-)
Grazie anche a te.
Un saluto.
P.S.
Tornerò presto a trovarti anch'io