Un mio amico mi ha raccontato una storia allucinante. La storia del suo matrimonio malgascio. Volendo inconsciamente prendere due piccioni con una fava, è andato in Madagascar una prima volta per studiare le usanze sciamaniche dei guaritori locali, le erbe, i rituali e i veleni che usano per uccidere i nemici e si è ritrovato a frequentare una ragazza del posto.
Non è stato difficile, anzi vi si è trovato quasi costretto perché le ragazze malgasce hanno preso l’abitudine di adocchiare e conquistare i turisti di razza bianca in visita nella loro splendida isola. Esistono anche da loro le lotterie, ma sposare un francese, meglio se anziano e in procinto di passare a miglior vita, è come vincere un terno al lotto.
Purtroppo per molte di loro, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi e Kant l’aveva vista giusta quando disse che è necessario trattare il prossimo come un fine e non come un mezzo. Purtroppo per le ragazze malgasce, nessuna di loro ha mai sentito parlare né di Kant, né del principio universale in base al quale è necessario non reificare le persone con cui abbiamo a che fare.
Indi per cui, facendo un po’ le smorfiosette con il turista singolo, riescono a volte ad entrare nelle sue grazie. Se poi si pensa che gli uomini in genere, quando vedono un po’ di produzione epidermico-pilifera cresciuta nei posti giusti, danno fuori di testa come scimpanzè bonobo, si capisce che non risulta difficile mettere un metaforico guinzaglio al malcapitato viaggiatore solitario.
Le donne malgasce, infatti, sono persone pragmatiche e mirano al sodo, che nella fattispecie è il gruzzolo dell’esploratore.
Per ottenere il quale possono farsi sposare e poi rivolgersi ai loro stregoni per avere una pozione velenosa da somministrare all’ignaro maritino. Le autopsie, quando fatte, dichiareranno immancabilmente: “morto per cause naturali”. Oppure, alla maniera della CIA, per “infarto del miocardio”. Questo genere di donne, una volta le chiamavamo mantidi.
Oppure possono tessere una lenta trama d’inganni che avviluppi tenacemente il marito in modo da spennarlo alla bisogna. Tale secondo metodo, presenta però il rischio che l’uomo subodori la truffa, magari dopo aver ricacciato indietro, per molto tempo, lo sgradevole pensiero d’essere strumentalizzato e decida di svincolarsi dalle pastoie come fanno a volte le mosche dalla ragnatela del ragno.
Al mio amico è andata proprio così e l’errore suo più grave è stato quello di aver creduto che la donna che aveva sposato potesse mettere la testa a posto, abbandonare gli atteggiamenti rapaci, riconoscere il privilegio d’essere venuta a vivere in Italia e dimostrare quel minimo di riconoscenza che pian piano, col tempo, si potesse trasformare in amore.
Poiché un matrimonio può reggere anche se i due coniugi non sono innamorati, ma basano la propria relazione sul rispetto e la fiducia, il mio amico sperava che fatta venire la ragazza in Italia, le mattane comuni e normali nel suo ambiente d’origine scemassero e lei acquistasse quel contegno e quella serietà che sono richieste nella nostra vecchia Europa, con regole precise circa i diritti e i doveri dei cittadini.
Diritti e doveri che si studiano nelle scuole elementari, con il nome di educazione civica, e se è vero che tendono a plagiare le giovani menti dei discenti, facendone dei bravi sudditi, è anche vero che essi formano l’ossatura della nostra società stratificata, scontata e prevedibile. Basta un minimo di disagio sociale e partono i suicidi, come sta avvenendo in questi giorni a causa della crisi economica.
In Madagascar, dove la gente vive immersa in una perenne crisi economica, nessuno pensa a suicidarsi, ma anzi tutti pensano a
divertirsi, a ballare, a reperire il cibo e ad accoppiarsi come natura vuole e comanda. Al di là della retorica, i malgasci sono persone felici. Gli basta un piatto di riso e di manioca e non hanno altre pretese, a parte quelle ragazze che, incontrando uomini europei, finiscono per diventare viziate ed esigenti.
Il mio amico la conobbe nel 2006 e decise di sposarla nel 2011, quindi non si può dire che fu una decisione avventata, né dovuta a cicogne in viaggio. In quei cinque anni andò giù otto volte, di cui l’ultima per sposarsi. E questo perché l’ambasciata di Francia aveva negato il visto turistico alla sua fidanzata, che lui voleva sposare in Italia con calma. E invece, dovette convolare a nozze laggiù e forse non fu del tutto una cattiva idea, data l’esperienza esotica che ebbe il privilegio di vivere.
I parenti e gli amici della sposa vissero quel connubio interrazziale come un pretesto per fare baldoria, uno dei tanti pretesti per ballare, bere e divertirsi. E soprattutto mangiare a sbafo. Ché tanto paga il pollo europeo.
A parte questo, che rientra, come una maledizione, nel quadro generale di sfruttamento da parte degli indigeni nei confronti degli europei, il mio amico mi disse che fu una bella festa, soprattutto quella fatta nel villaggio natale della sposa. Un po’ meno il pranzo di nozze in città, in un ristorante gestito da due italiani.
Il giorno prima, come usanza vuole, il mio amico si presentò dai genitori della ragazza e portò in dono del denaro e alcune bottiglie
di rhum. Il denaro fu poi usato per comprare le bibite e gli snacks per gli ospiti del ricevimento, praticamente l’intero villaggio. Il mio amico fu l’ospite d’onore e tutti gli occhi erano puntati su di lui, non solo quelli dei bambini che miravano alle patatine fritte e al bicchiere di aranciata, ma anche quelli delle donne giovani e mature che sembravano mirare a qualcos’altro, a giudicare dagli sguardi concupiscenti che gli rivolgevano. Lui ebbe la netta sensazione che le donne del villaggio, ebbre di birra e rhum, lo spogliassero con gli occhi, o forse era solo invidia nei confronti della loro compaesana che era riuscita ad accaparrarsi un vitalizio deambulante.
In questi casi, sapendo quanto pericolosa può diventare l’invidia, la giovane promessa sposa avrebbe potuto correre il rischio di beccarsi una fattura, con tanto di avvelenamenti, se non fosse che grazie al suo carattere forte, avrebbero dovuto stare in guardia le sue invidiose vicine, più di lei. Su come fare il malocchio tutte le ragazze malgasce se ne intendono almeno un po’.
Nonostante in cinque anni di fidanzamento ci siano stati almeno un paio di casi in cui la ragazza tornava a casa ubriaca e picchiava il suo compagno, costui, intenerito dalle suppliche della futura moglie, le perdonava regolarmente le intemperanze e, se alla fine decise di portarsela in Italia, fu anche per vedere se nel nuovo ambiente avrebbe smesso di abbandonarsi all’alcol e diventare violenta.
La speranza è l’ultima a morire e nessuno di noi può sapere in anticipo quanto l’ambiente influisca sul carattere e quanto il carattere sia modificabile dall’ambiente. I più smaliziati e vissuti fra noi dicono che il carattere di una persona non si cambia e mentre lo dicono assumono quella posa da vecchi gufi saggi che conoscono la vita e gli uomini. Il mio amico invece volle sfidare le regole della psicologia comune e immaginare che il demone nascosto nella sua ragazza non venisse alla luce nei momenti di ebbrezza alcolica, come in Madagascar era già successo in un paio d’occasioni.
Anche perché, bevendo alcolici a pasto, in sua compagnia, lui pensava di poterla tenere sotto controllo, ma non andava a pensare che, non potendola tenere sempre sotto sorveglianza, ci sarebbero stati dei momenti in cui la donna sarebbe rimasta sola in casa e avrebbe dato fondo alle bevande inebrianti.
Una volta stabilitasi nel miniappartamento ATER in Italia, avvenne ciò che non avrebbe dovuto avvenire. La mogliettina svuotò il frigo dalle birre che conteneva. Quando lui tornò a casa la trovò che ballava le sue musichette malgasce, davanti al televisore acceso, e bastò poco, una scintilla da niente, perché le sue mani si alzassero sullo sfortunato marito. Che dovette fuggire precipitosamente in strada con il lettore DVD sotto il braccio. Quando poi ritornò nell’appartamento con un’amica malgascia di sua moglie, a cui aveva chiesto aiuto, trovò tavolo e sedie ribaltati e l’unico elettrodomestico danneggiato fu il cellulare che la donna gli aveva scagliato contro, colpendo però il muro retrostante.
Di modo che si era venuta a creare l’assurda situazione che quando erano in Madagascar la donna lo picchiava perché lui non voleva sposarla e, una volta sposati, la picchiava perché voleva tornarsene al paesello.
Dopo quel primo incidente accaduto su suolo italico, la donna volle tornare a casa dalla sua famiglia e questo è del tutto comprensibile e legittimo, ma capitava dopo solo tre mesi di permanenza in Italia. Un po’ troppo presto. Stette via una mese e poi volle tornare. Tornò e dopo altri tre mesi ci fu un’altra crisi di matrice alcolica, nonostante tutte le promesse di autocontrollarsi.
A quel punto, il mio amico, rendendosi forse conto di aver fatto un enorme sbaglio a sposarla, decise di cambiare registro e siccome
non era più disposto a lasciare che lei sfasciasse la casa, tenuto conto che erano le tre di notte e i coinquilini avevano giustamente diritto al riposo, respinse la violenza della moglie con altrettanta violenza, ottenendo il risultato di neutralizzare le sue mattane.
Fu un episodio alquanto brutto per il mio amico, che scoprì di avere quelli che volgarmente vengono chiamati gli “attributi”, ma che nella nostra società sono associati ai delinquenti, ai prepotenti, ai cosiddetti “macho” e alla gente di malaffare in genere.
Abituato a modi garbati e gentili, alieno da ogni forma di violenza, si stupì lui stesso di esser capace di prendere a sberle la moglie infuriata tutte le volte che questa cercava di alzarsi dal letto. Siccome chiamare i carabinieri o gli infermieri non gli pareva cosa appropriata, l’unico modo affinché alla donna passasse l’intossicazione alcolica che la rendeva violenta era quella di costringerla a dormire e lasciare che il sangue si autodepurasse.
Purtroppo, se si impone a una donna ubriaca e violenta di dormire, si ottiene l’effetto opposto e il mio amico dovette riempirla di sberle fino a farsi venire le mani gonfie. Quando gli faceva male la mano destra, doveva continuare con la sinistra. Il giorno dopo quella notte di tregenda, la faccia della donna era irriconoscibile, tanto che gli occhi faticavano ad aprirsi.
Posso testimoniare, conoscendo bene il mio amico, che lui non è una persona aggressiva, ma che si è trovato nella necessità di scegliere se subire o reagire, dominare o essere dominato e ha dovuto suo malgrado imporsi con la forza per calmare un’esagitata in preda a delirio alcolico.
Il giorno dopo, tanto per sputtanare il marito, la ragazza si presentò dal medico, che le suggerì di denunciare l’accaduto, e anche dall’assistente sociale. In entrambi gli uffici si mise a piangere, come sanno fare le donne che – si dice – hanno le lacrime in tasca. Non ci fu nessuna denuncia ma entrambi i coniugi andarono a prenotarsi per la separazione consensuale e a comprare un biglietto aereo per lei.
Quando, dopo un mese furono davanti al giudice, questi chiese alla donna se intendeva avanzare la richiesta di un assegno mensile di mantenimento, ma siccome lei non conosceva la parola “assegno”, rispose che non aveva bisogno di niente e questa fu l’unica botta di culo che il mio amico riceveva dal Fato in sei anni di rapporto con quella donna. Il matrimonio era stato celebrato il 4 febbraio, la separazione fu firmata il 22 novembre e il volo di ritorno avvenne il 24, due giorni dopo.
Purtroppo, avendo voluto andare in Francia da una sua zia, anziché in Madagascar, la ragazza venne a sapere che si era fatta sfuggire la possibilità di farsi mantenere a vita dall’ex marito e andò in bestia. Gli fece stalking a raffica, con telefonate e mail, e minacciò di presentarsi a casa sua in Italia con i carabinieri per farlo arrestare, in quanto non era riuscita, per la non conoscenza della parola “assegno”, a farsi mantenere per legge. E questo mette una pietra tombale sulle reali intenzioni della sposina, che pensava di aver sposato un pollo, ma si ritrovò a bocca asciutta, sbattendo il grugno contro una realtà diversa. Una lezione morale per lei e una anche per lui. Gli esseri umani sono infidi per natura ed è meglio non crescersi una vipera in seno.
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RispondiEliminaGrazie per il tuo bellissimo e appassionato intervento.
EliminaConoscendo molto bene il mio amico, ti posso tranquillizzare dicendoti che ha superato le difficoltà di relazione con una donna instabile e immatura e che per lui, in questo momento, vale il principio: "Meglio soli che male accompagnati!".
Ciao
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RispondiEliminaRoberto cosi come descrivi il Madagscar sembra una figata,la gente si la spassa !!! in mezzo poi ad una natura cosi fantastica,a quanto pare il tuo amico ha svagliato cordinate,o pisciato fuori buco,portare in Friuli una magadiscia lo trovo poco inteligente,io gli avrei consigliato di restare lui di là,a quanto pare poi c'erano anche altre donne interesate a lui,al meno dagli sguardi il giorno delle nozze,quindi avrebbe potuto cambiare moglie e constatare che non tutte sonno uguali !!!! poi non ho capito,lui è partito alla ricerca di guaritori e conoscere l'uso delle erbe,e poi finisce sposato con una locale ?? o il suo scopo era proprio questo ( trovare donna) o la sua ricerca non era poi cosi tanto importante per lui....
RispondiEliminaMartin, anche se i malgasci sono crudeli con gli animali e approfittatori con i bianchi, io ti consiglierei di andarci perché resta pur sempre un posto magico. Tu sei già andato in India e quindi sei già....vaccinato. Si fanno sempre molti sbagli nella vita. Forse già sposarsi è uno di questi. Tuttavia, la nostalgia di quelle atmosfere esotiche, della negligenza dei nativi, del buon cibo naturale, dell'aria e del mare, della fauna meravigliosa e della flora lussureggiante, fanno sì che a noi bianchi rimanga appiccicato addosso nel più profondo dell'anima quello che si chiama "Mal d'Africa". Anche il mio amico ce l'ha.
EliminaCiao
Questa è una campana, una visione viziata dall'ottica culturale alla quale si appartiene. Bisognerebbe comporre i tasselli del mosaico per dare un'opinione seriamente. Il rischio è di essere superficiali nel migliore dei casi. Dí al tuo amico che sia meno avventato e che ascolti gli amici che di certo ha. Mandi (salvadi : )
RispondiEliminaAvendo tu conosciuto l'arpia, ti ricorderai che di primo acchito non ti era risultata simpatica, né a te né a tua moglie. Forse è vero il detto che la prima impressione è quella che conta.
EliminaComunque, dirò al mio amico di essere meno avventato e di ascoltarti più spesso.
Ciao e grazie.