venerdì 26 maggio 2017

Residenti bianchi alle prese con Eros e Tanatos


Il Madagascar non è al primo posto del turismo sessuale mondiale, benché i turisti italiani lo siano in quello dei pedofili che si accompagnano con prostitute minorenni, soprattutto in Thailandia. L’Eros, però, è un fenomeno naturale e alquanto complesso, difficile da giudicare non meno che da spiegare. Poiché la realtà supera la fantasia, l’episodio che sto per raccontare presenta aspetti boccacceschi che potrebbero far ridere, se non fosse che i diretti interessati, nel momento in cui vivevano quella determinata situazione, siano stati più propensi al pianto che al riso. La storia è vera, ma i nomi sono inventati. Un italiano residente in Madagascar, che fittiziamente chiamerò Piero, era sposato con una malgascia di nome Anita, anche questo un nome di fantasia. La donna aveva una sorella più giovane.



Chi va con lo zoppo impara a zoppicare, si dice da noi. Siccome in Madagascar c’è un proverbio che recita: “Kilalao njoky, kilalao zandry”, letteralmente: “Gioca con la sorella grande, gioca anche con la piccola”, il nostro Piero si accoppiò ripetutamente con la giovane cognata, tanto da metterla incinta. La madre delle due sorelle cominciò a sospettare qualcosa, osservando che alla più giovane il ventre diventava vieppiù prominente. A forza di insistere con le domande, fra i pianti della ragazza, saltò fuori che non solo era incinta, ma che a metterla in quelle condizioni era stato il marito di sua sorella. Ad evitare lo scandalo, che poi più di tanto non sarebbe stato tale, intervenne l’aborto riparatore, com’è consuetudine in Madagascar. Piero, infatti, aveva già altri figli con Anita, sua legittima moglie. Dopo di che, tutto ritornò come prima. Le due sorelle, insieme all’anziana madre e a un nugolo di bambini tra figli e nipoti, vivono ancora sotto lo stesso tetto, d’amore e d’accordo, dal momento che Piero è un vazaha benestante e generoso, oltre che sessualmente molto attivo.




Rolf era un giovane svizzero alto e biondo, di quelli che piacciono molto alle ragazze malgasce. Oltre a una sgangherata FIAT Panda, aveva un solo difetto: beveva parecchio. Non si sa per quale ragione, gli piacevano le donne dai capelli ricci e infatti la sua prima compagna li aveva così, per natura. Fatto sta che un giorno Rolf incontrò un’altra malgascia che aveva i capelli ancora più ricci della prima e se ne innamorò. Decise così di lasciare la riccioluta numero 1 e di convivere con la riccioluta numero 2. Io li conobbi entrambi, Rolf e la numero 2, perché frequentavano il baretto del meticcio Mahamut, a Tulear. Poiché parlava un po’ di italiano, con Rolf scambiai anche quattro chiacchiere. La sua nuova compagna, la riccioluta numero 2, era una bella donna.



Sto parlando al passato perché, come si sarà capito, entrambi non sono più con noi e non frequentano più il baretto del meticcio Mahamut. Quando mi hanno raccontato della morte di Rolf, mi hanno tirato in ballo la solita spiegazione, che in Madagascar viene usata come il prezzemolo in cucina: era morto di “tension”. Io interpreto questa malattia come arresto cardiocircolatorio, ma può andar bene anche per l’epilessia, per l’infarto e l’ictus. Siccome Rolf era a tutti gli effetti un alcolista, può essersi trattato anche di cirrosi epatica fulminante. Non lo si saprà mai, come probabilmente nemmeno i medici dell’ospedale lo sapevano. Disteso nel lettino d’ospedale, durante i suoi ultimi giorni di agonia, aveva dei tremori così forti che gli infermieri dovevano tenerlo fermo a forza e rovesciava gli occhi indietro così da farli diventare bianchi. I tremori mi fanno venire in mente il “Delirium tremens”, ma non posso avanzare ulteriori ipotesi, perché non sono un medico. Ora è sepolto nel cimitero dei vazaha, insieme ai soldati francesi che trovarono la morte nel 1947, durante gli scontri a fuoco dell’esercito coloniale con gli indigeni. Nessun parente ha mai reclamato il corpo.



La prima compagna, poiché c’era in ballo una casa con molto terreno, intentò una causa legale contro la seconda compagna, la riccioluta numero 2. Passarono alcuni anni, giacché anche in Madagascar i tempi della giustizia sono lunghi e alla fine i giudici diedero ragione alla seconda compagna, che per festeggiare andò a bere in un bar con alcuni amici e parenti. La donna era seduta e fumava una sigaretta. Alle sue spalle passò un uomo con una tanica di benzina, perché stava lavorando alla vicina officina meccanica. Non si sa per quale diabolica ragione (anche se tutti pensarono a un “gri gri” dell’invidiosa riccioluta numero 1) la numero 2 prese fuoco e si ustionò gravemente. A nulla valse il tentativo di un uomo lì presente che, con una coperta, la avvolse cercando di estinguere le fiamme. La poveretta morì dopo pochi giorni, bruciata viva proprio quando si era risolta a suo favore una disputa legale sull’eredità di Rolf. Si tratta veramente di una morte stupida, benché la ragazza non avesse alcuna colpa, e di morti stupide ce n’è tantissime, in Madagascar come altrove.

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