sabato 14 febbraio 2015

Con il buon senso non ci sono scarafaggi




Non se la sentiva di ucciderli. Erano sì scarafaggi, ma pur sempre animali. Ne faceva una questione di principio. “Non posso ammazzarli, va contro la mia morale”. Così si è difeso il proprietario di un ristorante vegano di Canberra, in Australia, durante un controllo sanitario. Ottenuta la licenza nel dicembre 2012, riceve un'ispezione quattro mesi dopo. La cucina è infestata di scarafaggi: alcuni morti, altri vivi a scorrazzare liberamente fra cibo e pentole. La faccenda finisce, come è facile intuire, in tribunale.


E a quel punto la notizia arriva sul Canberra Times. Inizialmente Khanh Hoang, questo il nome del ristoratore, viene accusato di aver violato 12 regole del 'Food Act', il testo che disciplina la sicurezza sanitaria negli esercizi australiani. Gli scarafaggi sono chiaramente la punta dell'iceberg: pavimento e pareti appaiono sudice, il cibo non correttamente conservato e i rubinetti malfunzionanti. In più, il bagno è 'vista-cucina', con la porta che si apre direttamente sui fornelli. Il fatto che non si sia fatto nulla per sigillare i pertugi da cui si infilano gli scarafaggi, o per eliminarli, passa quasi in secondo piano. 

Quasi, perché la presenza di questi animaletti, scrive la corte, “è un indicatore chiave della sporcizia delle superfici e dello stato di abbandono del cibo”. Per giustificarsi, Hoang ha scelto la linea morale: non prendeva certi accorgimenti e iniziative per non sentirsi un 'assassino'. Dopo la denuncia, però, il ristoratore ha cambiato registro tanto da chiamare in pianta stabile un team 'pesticida' che gli ha fatto ottenere diversi riconoscimenti per la qualità dei controlli sul cibo. Il locale ora appare “immacolato”. Il giudice, anche per questo, ha deciso di condannarlo solo per otto dei 12 capi di cui era imputato. Morale: sedicimila dollari di multa. Il prezzo della sua 'fede' vegana. 

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