lunedì 29 agosto 2011

Benvenuti a Stoltolandia!



Nella scena finale del film “Mandingo”, uscito nel 1975, si assiste alla lotta furibonda tra il padrone bianco e lo schiavo negro, termine quest’ultimo all’epoca politicamente corretto, e il bestione di colore muore con un forcone infilzato nello stomaco. Da quando ho visto la foto dell’afroamericano con un ratto gigante del Gambia infilzato in un forcone da fieno, non riesco a togliermi dalla testa quel film.
Ormai, con i commerci che fanno viaggiare le merci in ogni più sperduto angolo del mondo, non ci si deve stupire che un mammifero gambiano sia finito nella Grande Mela. Come da molti anni a Genova ci sono quei velenosi ragni chiamati vedove nere, arrivati dentro i caschi di banane, così a New York, altra città portuale, via nave può arrivare di tutto.
Quel nuovaiorchese ignorante del quartiere di Marcy Houses [1], trovandosi di fronte a un ratto di grosse dimensioni, ha dato ascolto al suo istinto di selvaggio e si è adeguato alla consuetudine antica che vuole il ratto nemico acerrimo dell’essere umano, con l’uomo che compie giustizia sommaria al solo apparire di un individuo dalle sembianze rattesche. Della serie: sparate a vista. E non fate prigionieri. Ci sono al mondo più di 5.000 specie di roditori, quasi ogni giorno se ne scopre una nuova e solo di ratti ci sono 550 specie diverse, tutte utili agli ecosistemi e tutte pulite e piacevoli esteticamente. Tutte tranne una, il Ratto delle Chiaviche, che vive opportunisticamente in mezzo ai nostri rifiuti e ai nostri escrementi. Sarà per questo che lo odiamo così visceralmente: perché a livello inconscio odiamo noi stessi, la nostra animalità.
 
Ma da dove nasce, di preciso, questa atavica repulsione dell’uomo verso il grigio roditore baffuto? Non può essere riconducibile tutto alla Peste Nera, che sterminò un terzo degli abitanti d’Europa, perché a quell’epoca, e per molti decenni a seguire, nessuno aveva ancora capito che a trasmettere il virus fossero i ratti. Anzi, non si sospettava neanche l’esistenza di virus, batteri e microbi assortiti. Ci dev’essere dell’altro.
Penso che l’antico odio che ci portiamo dietro per topi e ratti, dipenda dalla concorrenza alimentare, ovvero dal rapporto parassitario che si è instaurato tra noi e loro, e che non poteva esplicarsi in modo diverso. A meno che non vogliamo partire dalla preistoria, da quando cioè condividevamo lo stesso giaciglio sul fondo asciutto di una caverna con le piccole furtive creature della notte, l’inizio delle “ostilità” tra uomo e topo deve farsi partire dall’avvento dell’aratro e delle semine. Da quando ci siamo dedicati all’agricoltura e abbiamo cominciato a immagazzinare i raccolti, prevalentemete granaglie, i roditori che vivevano nei pressi dei nostri villaggi, si sono accorti di avere a portata di mano cibo in gran quantità. E ne hanno sempre approfittato. Come natura vuole.
E’ così che nacque la religione topesca, che ci vede come una divinità elargitrice d’abbondanza e di fiumi di latte e miele, mentre per noi si trattava solo di parassiti che depauperavano le nostre scorte di cibo.
Si è trattato quindi di un fraintendimento. Di un malinteso storico. Per i ratti noi siamo un Dio collerico e malvagio, mentre per noi essi sono equiparabili a pulci, pidocchi e zecche. Per analogia, la grande abbondanza di cibo che il pianeta Terra ci offre, in realtà non è roba nostra, ma appartiene alla razza aliena invisibile a cui rosicchiamo i raccolti. E mentre noi abbiamo inventato Geova degli Eserciti collerico e imprevedibile, adorandolo e temendolo, quegli alieni fanno di tutto per sterminarci senza riuscirci, a causa della nostra mostruosa prolificità. Noi sgraffigniamo quante più risorse possibile, guastandone il resto, e gli alieni cercano di difendere la loro Terra dalle nostre incursioni, senza ancora aver trovato un modo efficace per eradicarci definitivamente.
Ho sentito dire che i veri padroni della Terra vorrebbero ridurre la popolazione mondiale, portandola a mezzo miliardo di Topo sapiens: evidentemente la loro sopportazione è arrivata al culmine. Come dargli torto, del resto!
Ma torniamo a quell’ignorantone che ha infilzato un Cricetomys gambianus, altrimenti conosciuto come Ratto gigante del Gambia [2]. Tale cricetomide è un animale docile e pulito, addomesticabile, meno collerico del criceto e normalmente vive in gallerie sotterranee in Africa occidentale. E’ talmente mansueto e docile che a qualche Topo sapiens è venuta la brillante idea di utilizzarlo per bonificare i campi minati. Siccome è una bestiola intelligente, è stato facile insegnargli ad andare ad annusare in mezzo alle mine, munito di una pettorina in grado di rilevare gli ordigni. Non so quanti di questi grossi roditori siano stati arruolati, forse perché avevano finito i cani, nell’esercito tanzaniano [3]. A giudicare dalla genialata, potrebbe essere stato qualche generale indigeno pluridecorato o un addetto militare belga o anche americano, ad aver avuto l’idea. Del resto, non si erano messi a fissare la capre, sempre per scopi bellici? E non avevano addestrato anche i delfini ad attaccare sommozzatori e mezzi navali? Tuttavia, affinché non mi si tacci di antiamericanismo, per par condicio rilevo, infine: non erano stati i russi ad addestrare cani ad andare a cercare cibo sotto i panzer tedeschi in avanzata?
Dunque, se ho visto giusto, l’odio che l’umanità dispensa ai ratti dipende dalle loro abitudini alimentari, che li fa trovare nel posto sbagliato al momento sbagliato, ovvero su questo pianeta durante l’Antropozoico. Se fossero vissuti in contemporanea con i dinosauri, non c’erano granai da svaligiare e sarebbero vissuti tutti felici e contenti (quelli che non si facevano mangiare dai Velociraptor, ovviamente). Invece, la loro evoluzione ha coinciso con la nostra. Siamo vissuti di pari passo ma non di comune accordo, esattamente come i padroni alieni della Terra che vivono qui da milioni d’anni, ma non proprio in sintonia con noi.
I meccanismi sono gli stessi. Se tu mi porti via il cibo sotto i miei occhi e scappi, t’inseguo per fartela pagare e possibilmente per riprendermelo. Se tu mi porti via il cibo di soppiatto, vigliaccamente, non ti posso inseguire, ma metto trappole per catturarti e ucciderti. E’ così che sono nate le aziende di disinfestazione, altrimenti conosciute come cooperative ecologiche.
Se tu mi presti denaro a usura, in un momento di mia temporanea difficoltà economica e poi mi chiedi reiteratamente la restituzione della somma, moltiplicata da gravosi interessi, prenderò a odiarti e a chiamarti sanguisuga. E’ così che è nato l’antisemitismo. Infatti, durante il periodo della Germania nazista, gli ebrei venivano chiamati ratti.
Ma anche prima della Germania nazista, in tutta Europa, a dimostrazione dell’odio accumulato verso i levantini prestatori di denaro, dal crine corvino e dalle barbe fluenti, scoppiavano i pogrom e i malcapitati venivano linciati e uccisi in tutti i modi, come topi del peso medio di settanta chili. Alcuni venivano anche trafitti con forconi, attrezzi che, a differenza di New York, erano molto diffusi nell’Europa rurale.
Le periodiche stragi di ebrei usurai e delle loro famiglie, mi ricordano un altro roditore, diffuso nel nord Europa: il lemming. La natura ha predisposto che, come sistema di autoregolazione, tale specie parta per un viaggio suicida ogni cinque anni, così da ridurne il numero. Non tutti, ovviamente, ma solo nove su dieci. Il decimo resta.
Se le regole della natura valessero anche per il bipede Topo sapiens, si potrebbe immaginare che le periodiche stragi d’ebrei compiute in Europa nei secoli passati, con il compiaciuto avallo delle chiese cristiane, fossero un modo per alleggerire la quantità di ebrei-ratti presente sul territorio, sì da lasciarne in vita quel tanto che bastava affinché la schiatta non si estinguesse del tutto. Per fortuna, le leggi della natura in merito alla regolamentazione numerica delle specie, non valgono per noi, tenuto conto che abbiamo anche messo in bocca a Geova Anunnako la famosa frase: “Crescete e moltiplicatevi”. Operazione in cui riusciamo benissimo e che solo a noi spetta di diritto. Ipse dixit.
A tutti gli altri animali, in particolare a topi, zanzare, pulci, zecche, piccioni, extracomunitari, nutrie, zingari, cornacchie, volpi, orsi, lupi, linci e gay è tassativamente vietato. Solo questi ultimi, a tale proibizione, si sono adeguati di buon grado, cioè hanno fatto di necessità virtù. A parte Elton John. Tutti gli altri, vorrebbero avere la loro parte di felicità, seguendo le leggi di natura e l’istinto riproduttivo, ma il re di Stoltolandia non vuole.
Volendo portare alle estreme conseguenze il ragionamento di cui sopra, con gli ebrei sfoltiti periodicamente dal sacro suolo cristiano d’Europa e di Russia, si potrebbe ipotizzare che un ripristino di quel sano sistema di regolamentazione delle popolazioni sia auspicabile e bisognoso di reintroduzione, ma per fortuna per loro, ormai gli ebrei-ratti si sono emancipati, hanno un loro reame blindato e lo difendono con le unghie e con i denti. I palestinesi, che l’hanno preso in quel posto, devono farsene una ragione. Gli ebrei-ratti sono tornati ad essere prolifici, avendo a disposizione gran quantità di derrate alimentari, poiché, dotati come sono di notevole intelligenza, hanno trasformato il deserto in floride aziende agricole, mentre i palestinesi devono tirare la cinghia. Vorrebbero anche loro prolificare, ma il ghetto in cui sono stati rinchiusi offre scarse risorse, voglia di mettere al mondo altri sfortunati non ce n’hanno e sembra siano destinati ad estinguersi, come i padroni del mondo hanno deciso che sia. In quell’ambito ristretto, in quel preciso contesto, Vittorio Arrigoni era un animalista che portava cibo a una specie animale nociva condannata all’estinzione. Gli ebrei-ratti che a casa loro, imbrancandosi numerosi, sono diventati padroni esigenti e spietati, hanno deciso così e così sarà. O accettare le regole imposte dal capo o morire.
Che è esattamente ciò che succede con le altre specie considerate nocive. Gli ebrei, da ratti che erano in Europa, sono diventati padroni a casa loro, aspirazione di qualunque persona di buon senso, oltre che di qualsiasi popolo che aneli a non scomparire. Ma l’incapacità, vista come mancanza di volontà, di volpi, nutrie, pantegane e piccioni di accettare le nostre regole di convivenza, porta noi Topo sapiens ad applicare politiche di sterminio nei loro confronti. Ciò che fanno i nostri sindaci nel momento in cui emanano ordinanze di sfoltimento di piccioni, nutrie e pantegane, è la stessa cosa che fanno gli ebrei in Palestina, nella Striscia di Gaza; che facevano i razzisti WASP del Ku Klux Klan in Alabama, contro i negri e che facevamo noi in Polonia, Russia e Germania, contro gli ebrei.
E non mi si venga a dire che non si può paragonare l’essere umano, dotato di scintilla divina, con le immonde bestie, prive d’anima e di bancomat, perché non solo si può, ma si deve!
Io sto parlando dei meccanismi che sottendono il nostro agire, ma se volete fare confronti tra chi è più intelligente di altri, se ne può parlare in un altro momento e non si finirebbe più perché dell’intelligenza si può parlare solo a grandi linee, essendo infinite le variabili e fallaci i metodi di rilevazione. Ma se volete fare confronti tra chi ha più diritto di vivere di altri, allora state attenti a ciò che dite, pesate bene le vostre parole, perché ne verrebbero fuori delle belle. Cioè salterebbe fuori il vostro specismo, che altro non è se non un razzismo camuffato, un criptorazzismo.
L’uomo è sempre l’eterno uomo - diceva Baudelaire – il più perfetto animale da preda.
Il Topo sapiens è sempre l’eterno Topo sapiens – dico io – il più perfetto animale di Stoltolandia. 


Note:

Bibliografia:
Gunther Grass, “La ratta” - Einaudi
Andrzej Zaniewski, “Memorie di un ratto” - Longanesi
Gianni Giovannelli, “Svaraj Gandharva” – Tranchida editori
Daniel Keyes, “Fiori per Algernon” – Longanesi
Robert Sullivan, “Ratti” – ISBN Edizioni
Sam Savane, “Firmino” - Einaudi

4 commenti:

  1. Oggi passo per primo. Nel leggere il tuo articolo, mi sento di aggiungere un particolare storico. La peste del XIV secolo che dimezzò la popolazione europea. La causa non erano i topi, ma loro erano i vettori. Io credo che questo sia un particolare che pesa sulla paura e repulsione che i genere gli uomini provano verso i ratti. Da bambino i ratti li si cacciava sia perché non mangiassero il granoturco, sia perché portavano malattie. Tutto li. Mandi, mandi

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  2. Ancora una volta, con il tuo articolo dolente, amaro ed ironico, Roberto, vai a sbattere contro il muro dell'assurdo, di un essere e di un esserci refrattari ad ogni tentativo di spiegazione e razionalizzazione.

    Eroico ed ostinato, l’uomo continua ad urtare contro il muro, metafora dell’inscalfibilità e dell’irrazionalità. Chi può comprendere o spiegare l’irriducibile? Resta solo, di fronte all'ottusa durezza del mondo e dell'umanità, l'insistenza di chi bussa ad una porta che non sarà mai aperta, poiché è l'uscio di una casa disabitata.

    Nel tuo cognome è forse questa caparbietà più monolitica di un mondo che non si lascia neppure graffiare.

    Ciao

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  3. Aggiungerei che ti accosti, attraverso un volo che può sembrare pindarico o un paradosso ironico, ad una possibile verità. Se veramente esistesse una razza "aliena" in senso lato che ci usa, sfrutta ed uccide come noi uomini (non tutti) usiamo, sfruttiamo ed uccidiamo gli animali? Buttiamo via il rasoio di Ockham.

    Chi può negare che alcuni uomini non meritino di essere strumenti di "dei" inferiori (i Nephilim di cui ad uno dei tuoi articoli). Purtroppo sono quasi sempre i migliori ad incontrare il destino più feroce.

    Nel Regno dei cieli saranno accolti gli animali? Se sì, quali?

    Ciao

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  4. Sbilff, ci sono molti animali portatori patogeni e questo è un fatto, ma a me piacerebbe approfondire la questione dei pregiudizi e penso che interesserebbe anche a te. Per esempio, hai mai sentito dire che i negri portano malattie? Ultimamente, non lo si sente dire tanto spesso, ma mi pare di averlo interiorizzato. E non l'ho inventato io!
    Dunque, come esiste il pregiudizio razzista, esiste anche quello specista. Per molto tempo mi dilettavo a contrastarlo sul Gazzettino, con quei bifolchi, ma ora, per mancanza di tempo, devo concentrarmi su Stampa Libera e, in misura minore qui, sul mio blog.
    C'è una certa soddisfazione a contrastare le banali opinioni mendaci di alcuni lettori che frequentano siti alternativi come SL. Mi sento di combattere la mia vecchia battaglia, anche se comodamente seduto in poltrona. Che vuoi farci? La vecchiaia rincitrullisce.....
    Mandi

    Zret, a volte mi lascio trascinare dall'entusiasmo e faccio affermazioni in cui nemmeno io credo. Per esempio, che ci siano alieni invisibili, veri padroni della Terra, non ci credo, ma in quel contesto mi veniva bene riferirlo. Ho sempre sostenuto che le origini del male sono dentro di noi, cioè non abbiamo bisogno di alieni per spiegare la malvagità dei nostri comportamenti.
    Vedo però che anche tu a volte ti lasci andare, laddove chiedi: "Nel Regno dei cieli saranno accolti gli animali?".
    Era una licenza poetica, vero? Mica crederai al Regno dei Cieli?

    Mi sono accorto fin da bambino che gli animali erano oppressi, alla nostra mercé, e ti dirò che ancora adesso non riesco a spiegarmi perché sono nato zoofilo, mentre tutti i miei compagni non hanno sviluppato tale caratteristica. Se ce l'avevano l'hanno perduta.
    In ogni caso, hai ragione: combattere in difesa degli animali è come essere Don Chisciotte. Credo che chiederò i diritti d'autore a Come Don Chisciotte, per avermi rubato l'idea.

    Ciao e grazie.

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