Scrivo con qualche giorno di ritardo questo articolo perché non lo ritenevo degno d’essere tramandato a futura memoria e anche perché preti e anarchici non fanno mai denunce. E io, pur non essendo prete, ne ho fatta una, dopo secoli che non ne facevo.
Il 25 maggio scorso sono andato al Tagliamento sperando di cogliere l’involo dei giovani gheppi (Falco tinnunculus) dal nido in cima al traliccio, nidificazione che sto seguendo da tempo e di cui avevo già fotografato gli adulti. Poiché al Tagliamento vado sempre in bicicletta, nello zaino da montagna avevo un seggiolino pieghevole, il treppiede, la Nikon con teleobiettivo Sigma zoom 50 – 500 e il binocolo. In tasca non dimentico mai la fotocamera digitale, che mi serve per postare foto su Facebook.
Naturalmente, c’era anche Pupetta con me, sul cestino davanti.
Puntato il teleobiettivo in direzione della cima del traliccio, aspettavo che i pullus, pigolando, mi avvisassero dell’arrivo dei genitori, che hanno un volo silenzioso e che finora sono sempre riusciti a sorprendermi.
Ogni tanto valutavo se gli elicotteri che partono da Casarsa e vanno a Rivolto dessero segno di venire a distanza utile per essere fotografati. Tutte le volte che sono andato a piazzarmi sotto il traliccio li ho visti volare, ma di solito si mantengono lontani e non meritano di essere fotografati. Mi sono sempre chiesto se fotografare apparecchi militari comporti qualche violazione di legge e cosa succederebbe se atterrassero, visto che lo spazio per farlo nell’area golenale del fiume c’è, e scendessero dei militari incacchiati, chiedendomi di consegnar loro il rullino.
Forse ho visto troppi film d’azione, ma se è vietato fotografare basi militari anche un elicottero da guerra dovrebbe esserlo, secondo logica. Comunque, non è mai successo, anche se spesso ho puntato il teleobiettivo verso elicotteri dell’esercito, rinunciando a scattare per la piccolezza dell’immagine. E non ci sono solo gli elicotteri, che vengono da ovest rispetto al mio punto d’osservazione; ci sono anche le Frecce Tricolori che vengono da est e che in questi tempi di crisi volano praticamente ogni giorno, alla faccia dei pensionati e dei disoccupati! Insomma, non avevo di che annoiarmi, tra uccelli di carne e ossa e uccelli di metallo e plastica.
Dunque, me ne stavo seduto in attesa dei gheppi, quando sentii, proveniente dalla mia sinistra, a una distanza di circa cinquanta metri, versi molto forti di limicoli o di altri uccelli terragnoli. Sul momento ho pensato al Corriere piccolo (Charadrius dubius), ma erano troppo potenti per un uccellino così piccolo, appunto.
Erano versi familiari, che avevo già sentito. Ma dove? Ci volle qualche secondo per ricordarmi. Li avevo sentiti in Sudafrica, quando la sera rientravamo in macchina, con i finestrini aperti e ci si paravano davanti volando via all’ultimo momento e schiamazzando, disturbati dai fari dell’auto.
Sì, perché gli Occhioni (Burhinus oedicnemus) sono uccelli africani e io sapevo che nidificavano nel Tagliamento di Rivis, da quando molti anni fa accompagnai in quella zona, venti Km più a nord, l’ornitologo Roberto Parodi. Poi non ne avevo più saputo nulla. Fino al 25 maggio scorso.
Mi portai lentamente più vicino, ma anche loro se ne andarono lentamente, sgambettando. Erano in quattro, probabilmente due coppie e facevano anche brevi voli inseguendosi, chiaro segno di nidificazione. Stavano forse contendendosi il territorio.
Mi sono portato il seggiolino e li ho aspettati un po’, senza che naturalmente si facessero più vedere, dopo esser andati a nascondersi fra la vegetazione. L’unica cosa sarebbe piazzarsi con il capanno fotografico, ma ciò significa che dovrei venire in macchina, non avendo per il momento mai provato a caricare i paletti di sostegno del capanno sulla bici, cosa che non dovrebbe essere impossibile a farsi.
Fatto sta che dopo avermi visto si sono ben guardati dal mostrarsi ancora. Solo dopo un’ora, ritornato al mio posto d’osservazione sotto il traliccio, uno d’essi mi è volato a non molta altezza sulla testa, da est verso ovest, cioè dalla sponda udinese a quella pordenonese.
E’ stato a quel punto che ho deciso di averne abbastanza del sole che cominciava a picchiare, del riverbero che mi bruciava gli occhi nonostante gli occhiali scuri e dei gheppi che non davano segni di vita, né i pullus né gli adulti.
Così ho levato le tende.
Ho recuperato la bici e, seguito dall’ansimante Pupetta, stavo ritornando verso la strada asfaltata, quando ho sentito il rumore di una macchina provenire dal letto del fiume. Il primo moto istintivo è stato quello di preoccuparmi per la cagnolina, ma immediatamente mi sono reso conto che lì, su quel sentiero tra la vegetazione, parallelo all’alveo, non potevano passare automobili.
L’unica spiegazione era che si trattasse di un 4 x 4.
E infatti, poco più avanti, attraverso un varco della vegetazione ripariale, vidi quattro jeep e sentii anche le voci degli umani che le
guidavano. Scaricai lo zaino e attraverso il binocolo constatai che si trattava di una Range Rover con targa di Pordenone e tre di quelle macchine usate dalla Wehrmacht in tempo di guerra, con targa tedesca.
Su ciascuna delle tre macchine straniere c’era una coppia di giovani. Una di esse aveva anche un cane. Giravano su e giù e guadavano le pozze d’acqua. Si divertivano. Il pordenonese forse era l’amico italiano che li aveva condotti in tale avventura. Uno scese e fotografò la compagna rimasta a bordo. Un altro, accortosi che lo stavo, a mia volta, fotografando, mi salutò con la mano. Insomma, una bella scampagnata!
Peccato che nel letto del fiume, tra i sassi, nidifichino i Corrieri piccoli e probabilmente anche gli Occhioni. E forse anche altre specie di cui non sono a conoscenza.
E’ notorio che quando i tedeschi vengono in vacanza in Italia, fanno da noi ciò che mai si sognerebbero di fare a casa loro. Questo è il tipico caso.
In Germania mai e poi mai si sognerebbero di scorrazzare su e giù in un biotopo dove nidificano specie ornitiche, considerata la passione che i tedeschi hanno per gli uccelli. O perché glielo vietano leggi precise, o perché sanno da soli, per una loro innata coscienza ecologica, ma mettere a rischio la nidificazione degli uccelli, così per gioco, è fuori da ogni grazia di Dio, per un tedesco.
Ma qui siamo in Friuli. Qui siamo in Italia, in mezzo ad un popolo di barbari che spara agli uccelli, mette trappole e reti e mangia pettirossi e passeri con la polenta.
Qui si può!
E allora, al di là delle motivazioni patriottiche nei riguardi dei lanzichenecchi calati dal nord, vincendo ogni mia ritrosia anarchica, dopo aver fotografato la gimkana e mandato a memoria il numero di targa del pordenonese, ho telefonato con il cellulare alla caserma dei carabinieri di Codroipo, chiedendo se in terreno demaniale è lecito fare una cosa del genere.
Il carabiniere mi disse di passare e mostrare le foto a cui avevo fatto cenno. Così, nel pomeriggio, visto che questo carosello di macchine si era verificato alle undici e trenta, sono andato in caserma con la macchinetta digitale, sperando che potessero scaricare le foto, ma il carabiniere di turno mi consigliò di mettere nero su bianco l’esposto e di allegare le foto.
Mi sono fatto dare la loro mail. Gli ho spedito il testo insieme alle foto e ho portato la denuncia scritta come mi era stato detto di fare. Ma prima di ritornare dai carabinieri, ho anche avvistato un giornalista del Gazzettino e di Tele Friuli, Daniele Paroni, che conosco da anni, al quale ho mandato sia le foto che il testo della denuncia. Il giornalista mi disse che la notte precedente c’era stato un parricidio e mi chiese se potevo aspettare un giorno. Gli ho risposto che se era un problema di concorrenza, cioè se temeva che avrei avvisato il Messaggero Veneto, non c’erano problemi e che non gli avrei “bruciato” lo scoop. Di fatto, almeno sul Gazzettino on line, la notizia della mia denuncia non c’era, sempre che non sia stato io a non trovarla.
Se, com’è prevedibile, la denuncia non andrà avanti e non avrà seguito, benché il carabiniere mi dicesse che l’avrebbe mandata a Udine, avere anche un solo trafiletto sul giornale servirebbe per mandare un messaggio educativo. Agli italiani che le zone dove nidificano gli uccelli vanno rispettate e ai tedeschi che non si possono permettere di fare qui da noi ciò che più gli aggrada.
Io sono venuto meno ai miei principi anarchici, presentandomi agli sbirri con un esposto. Mi piacerebbe che anche giornalisti, legislatori e forze dell’ordine facessero il loro dovere. Non dico che debbano diventare zoofili o ornitofili, ma almeno mostrare un po’ di rispetto per la natura, per il territorio e per la nostra bella Italia, senza lasciare che giovinastri stranieri la deturpino più del necessario. A questo ci pensiamo già noi italiani.
Nessun commento:
Posta un commento