Non avendo letto la Bibbia, il leopardo che ha sconfinato ed è entrato nel territorio degli uomini e, come non bastasse, ne ha malamente attaccato uno, non si è reso conto di violare le disposizioni divine in merito ai rispettivi ruoli. Quel leopardo può essere accusato di lesa maestà, dal momento che non è stato al suo posto e non si è fatto scrupolo di aggredire il suo signore e padrone. E’ chiaramente un ribelle e come tale va punito.
Normalmente, in questi casi, s’invoca la pena di morte, ma per fortuna il fattaccio è successo in India, paese d’antica civiltà che spesso ha da insegnare qualcosa a noi che viviamo nel barbaro Occidente, e il leopardo è stato solo messo nelle condizioni di non nuocere, catturato e rilasciato nel suo ambiente originario.
Qui da noi, se solo un cinghiale entra nell’orto di un contadino, già partono squadre di facinorosi giustizieri e un brivido di scimmiesca adrenalina corre lungo le schiene dei maschi del clan. E’ anche vero che se qualche cetaceo viene ad arenarsi sulla spiaggia, si formano squadre intenzionate a salvarlo, ma questo succede perché di solito i delfini non vengono nei nostri campi a mangiare granoturco e patate. Vivono distanti da noi e quindi è valido il proverbio secondo cui “buoni recinti fanno buoni vicini”. Se invece nutrie e colombi “invadono” il nostro spazio vitale, ecco che scatta la difesa armata di carducciana memoria: ”se l’unno o se lo slavo invade, eccovi, o figli, l’aste, ecco le spade”.
Eppure, sia la nutria, sia il colombo scagazzone, sia il delfino frastornato sono a casa loro, anche se la prima magari avrebbe voluto rimanersene in America Latina.
Quando diciamo che i flussi migratori dal nord Africa all’Italia sono stati orchestrati da una regia occulta per destabilizzare la nostra economia e far crescere lo scompiglio in Europa, avanziamo una teoria che è difficile da dimostrare. Ma quando diciamo che la nutria, chiamata anche castorino, il visone e il procione sono stati importati in Europa dall’industria della pellicceria, diciamo una cosa comprovata, che semmai è ancora più prosaica dei gruppi di migranti che vengono a cercare fortuna sulla sponda nord del Mediterraneo.
Ciò che mi preme qui evidenziare è la difficoltà di convivenza con ospiti ingombranti, connessa con l’incertezza su ciò che può legittimamente essere considerato nostro territorio. Chi ha stabilito che il villaggio dove il leopardo ha creato panico sia territorio esclusivo degli uomini? Chi ha deciso che le sponde dei torrenti manomesse dalle nutrie siano di proprietà di un preciso essere umano? Forse che le nutrie erano presenti di fronte al notaio all’atto della stipula del contratto?
Tre anni fa una coppia di fidanzati faceva merenda su un tavolo di legno alla periferia di Trieste, in un’area appositamente predisposta per i pic nic. Attratto dall’odore, un grosso maschio si è avvicinato, sbucando dalla rada vegetazione. Spaventati a morte, i due giovani salirono in piedi sul tavolo e, per acquietare la “belva”, non trovarono niente di meglio che lanciargli pezzi di pizza, per altro molto graditi. Speravano che se n’andasse, ma in tal modo non fecero altro che prolungare la permanenza dell’affamato suino, che solo all’arrivo di altre persone schiamazzanti decise, riluttante, di allontanarsi.
Inutile dire che le associazioni venatorie si offrirono di porre rimedio al problema, mediante il noto metodo di cui sono esperti, peccato che a creare il problema siano stati proprio loro, con le importazioni massicce, fatte con denaro pubblico, di cinghiali ungheresi, più rustici e aggressivi di quelli autoctoni.
Viene in mente la classica metodologia dei padroni occulti del mondo: problema – reazione – soluzione. Prima si crea di nascosto il problema, per suscitare una reazione nel pubblico, e poi si offre la soluzione, così da guadagnarci due volte. La prima facendo scoppiare una bomba sotto false flag, poi manovrando l’indignazione che ne segue e infine ottenendo l’approvazione totale per dare inizio ad una nuova guerra, sempre avvalendosi del denaro pubblico. Cornuti e mazziati, dicono in Meridione.
Questo è ciò che accade nel barbaro Occidente, ma quando un animale troppo “invadente” commette qualche grave interferenza nella vita degli esseri umani, si emette la sentenza capitale: succede in Africa e in India rispettivamente con i leoni mangiatori di uomini e le tigri con lo stesso vizietto.
Succede però anche che si faccia il possibile per riportare gli “intrusi” a casa loro, come hanno fatto a Guwahati, e lo stesso giornalista che ha riportato la notizia ha identificato nella deforestazione la causa della sortita del felino in territorio umano. C’è sempre una causa dietro, quando un animale selvatico vince la sua naturale paura degli uomini e “invade” i loro territori. Succedeva anche sulle nostre montagne d’inverno, in tempi remoti, quando i lupi scendevano a valle per mangiare facili prede come pecore, cani e galline. Succede anche oggi con gli orsi che pare abbiano una particolare predilezione per gli asini lasciati allo stato brado sull’altipiano di Asiago.
In Africa, invece, succede più spesso che non siano i grossi predatori ad entrare nei villaggi, ma gli esseri umani ad entrare nella savana. E quando capita, di solito ci scappa il morto. Poiché non tutti i cacciatori sono cinici spietati, George Adamson, che non lo era, dopo aver ucciso una leonessa si accorse che nascosti dietro un cespuglio c’erano tre suoi cuccioli.
Aiutato dalla moglie Joy, allevò quella che sarebbe diventata la famosa leonessa Elsa, mentre gli altri due cuccioli furono spediti a uno zoo. George e l’ancora più famosa Joy Adamson sono passati alla storia come naturalisti, inglese lui, austriaca lei, ma prima di sposarsi nel 1943 e anche dopo, George era un killer come tutti gli altri, forse perché la presenza di un bianco in Africa in quegli anni non trovava altra ragion d’essere che quella d’incarnare il grande cacciatore bianco. L’ecologismo era ancora di là da venire.
Sta di fatto che, dotato di un qualche cosa in più rispetto a un normale assassino di animali, George, e soprattutto sua moglie, finì per maturare certe lodevoli convinzioni e si riscattò definitivamente quando nel 1989 fu ucciso da un gruppo di bracconieri somali.
Negli ultimi anni della sua vita, George riuscì a farsi accettare da un branco di leoni, impresa per quell’epoca memorabile. Non poté appendere del tutto il fucile al chiodo per il semplice fatto che per nutrire e riabilitare alla vita selvatica la leonessa Elsa, il ghepardo Pippa e il leopardo Shaba, lui e sua moglie dovettero abbattere un certo numero di ungulati e altri animali. In un caso George dovette sparare ad uno dei suoi leoni domestici che aveva azzannato al collo un cuoco del campo.Lo stile di vita che condussero, benché si discosti dalla figura classica del cacciatore bianco in Africa, fece di loro degli eroi per milioni di persone, ovviamente dopo che i libri di Joy, il film e la serie televisiva “Nata libera”, li fecero conoscere al grande pubblico. Un animalista come lo intendo io non avrebbe potuto fare ciò che loro hanno fatto, perché se è legittimo avere delle preferenze di gusto, non è filosoficamente accettabile aiutare a vivere un animale a discapito di altri animali. Se ha diritto di vita un cucciolo di leone, lo ha anche una gazzella o un facocero.
E’ lo stesso problema che abbiamo ogni giorno con i nostri gatti e ne ho parlato recentemente qui. Tuttavia, poiché la mentalità degli esseri umani è qualcosa di fluido, non si può escludere che in futuro anche questo inghippo verrà risolto. A me preme evidenziare come, in quell’epoca e per quelle persone di cultura anglosassone, fosse del tutto normale uccidere gazzelle e meritorio riportare allo stato naturale animali sfortunati, cioè entrati in contatto (in corto circuito) con gli umani. Oltre ad Elsa, Pippa e Shaba, gli Adamson riuscirono a reintrodurre in natura anche il leone Christian, trovato casualmente a Londra dai giornalisti che avevano girato “Nata libera” e che divennero loro amici.
In definitiva, se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, si tratta di quattro animali che avrebbero fatto una vita da reclusi, ma che grazie a George e Joy Adamson poterono tornare a casa.
Il leopardo indiano non aveva letto la Bibbia, e nemmeno i libri Veda, e non sapeva che l’uomo è il coronamento della Creazione, ma Elsa e gli altri tre felini, pur non avendo letto il libro del Genesi, hanno sperimentato di persona che l’uomo, se vuole, sa comportarsi come un fratello maggiore, savio e responsabile. Evento talmente raro che ne hanno fatto un libro e un film.
Ci sono state gazzelle e zebre uccise per questo, è vero, e per stavolta le cose sono andate così, ma se l’evoluzione morale dell’uomo non cessa domani, anche quelle morti potranno in futuro essere evitate. Siccome non penso che ai leopardi interessi leggere la Bibbia, forse potremmo tentare di scriverne una nuova, su nuove basi culturali, visto che non viviamo più nelle tende e nel deserto.
Una nuova Bibbia, una rifondazione morale per il XXI secolo.
Io ci starei, a fare la mia parte!
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RispondiEliminaSu "La mia vita con i leoni", di George Adamson, che ho rispolverato per l'occasione, ho letto ieri la storia di Christian, che veniva tenuto in uno scantinato, a Londra, da due ragazzi e di cui casualmente i giornalisti amici degli Adamson vennero a conoscenza.
RispondiEliminaChiesero ai due ragazzi se erano d'accordo di tentare con l'esperimento di reintrodurlo in natura ed essi acconsentirono.
Una volta portato in Kenya, fu sottoposto a rieducazione e alla fine liberato.
L'anno scorso credo di aver visto il video, risalente a quegli anni, dei due ragazzi con i capelli lunghi e vestiti secondo lo stile degli anni Settanta, che giocavano con il leone su un divano e anche all'esterno.
E allora ho fatto due più due e ho capito che erano le stesse persone. Su You Tube deve esserci ancora quel video in circolazione.
Ciao e grazie.
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RispondiEliminaNell'antichità c'è anche la storia di Arione, salvato da un delfino, ma è probabile che anche altri umani abbiano fatto amicizia con animali selvatici. Tra gli anglosassoni c'è Gavin Maxwell, con le lontre e poi quella Dorothy con i castori, varie altre persone con foche e anche certuni con gli orsi. Per esempio, forse conosci la storia di San Romedio che cavalca l'orso, ma anche altri santi che hanno fatto amicizia con leoni (San Girolamo?).
RispondiEliminaSilvio Pellico in prigione aveva guadagnato la fiducia di un ragno e Antonio Gramsci, sempre in prigione, aveva alcuni passeri come amici.
Ma ce ne sono sicuramente tanti altri.
Ciao e grazie.