lunedì 19 marzo 2012

Mitopojesolo



Questa storia mi sta mandando fuori di testa. E non so perché. Forse per motivi geografici. Se fosse successa a Canicattì l’avrei lasciata perdere e invece è successa a Mortegliano. Ma se fosse successa a Rive d’Arcano penso che l’avrei seguita lo stesso.
La cosa curiosa è che io non sono mai stato un ufologo, né mi sono mai identificato in tale figura, ma mi sembra di aver fatto un passo notevole in direzione di un’accresciuta consapevolezza. Non sarà mica anche questo uno degli aspetti del salto quantico di consapevolezza previsto per quest’anno?
Sto vivendo l’esperienza d’improvvise intuizioni una via l’altra, concentrate nello stesso breve periodo di tempo, come non mi è capitato nei quarant’anni precedenti, se escludiamo l’infanzia spensieratamente dorata della mia quasi inutile vita.
I libri. I libri aiutano molto. Più che riempirti la mente di sciocchezze, te la aprono. Sono come apriscatole. Guai a chi non li legge, perché rimane imbozzolato nella capsula dell’ignoranza, evitando la fatica di fiorire.

“Alieni in Italia”, di Moreno Tambellini, mi ha fatto fare un salto quantico, qualsiasi cosa ciò significhi. Mi ha permesso di unire i puntini, sì da formare una figura completa. Poi ne sono arrivati altri, d’autore diverso, che mi hanno fatto fare un altro salto quantico anche senza averli ancora letti. Il 2012 ha così fretta di arrivare che anticipa i tempi e brucia le tappe. Oppure sono io che sto dando fuori di matto e m’immagino di essere un vate messianico incaricato di divulgare la buona novella.
In pratica, “Alieni in Italia” mi ha fatto capire com’è nato l’Abominevole Uomo delle Nevi, e pure suo cugino, il Big Foot delle
Montagne Rocciose, umanoidi pelosi entrambi, di grossa corporatura e collocati storicamente in due località al polo opposto del pianeta Terra. Eppure così simili, eppure così riservati e inavvicinabili.
Ma non solo, mi ha fatto capire come sono nate le fate e gli gnomi, esseri definiti elementali, a cui credevano personaggi illustri come Arthur Conan Doyle e Rudolf Steiner. Elementali perché provenienti dagli elementi: l’acqua le ondine, l’aria le fate, la terra gli gnomi e il fuoco le salamandre. Creature degli elementi naturali, secondo l’antroposofia.
Ma il mio Io agnostico sapeva che lo gnomo era nato dall’incontro casuale e notturno di un uomo timoroso del buio, con lo sguardo allucinato e a sua volta timoroso di un assiolo o della sua cugina civetta. Trovandosi di fronte tra i rami, di notte, due occhioni frontali che lo osservavano, e portato com’era ad antropomorfizzare la natura, quel primo uomo nottambulo credette di vedere un omino piccino picciò e invece era solo un minuscolo strigiforme importunato, volato via subito dopo.
Ora, dopo aver letto “Alieni in Italia”, il mio Io quantico mi dice un’altra cosa e la vecchia, razionale e rassicurante mitopoiesi è stata sostituita dalla nuova.

Giacché è di mitopoiesi che stiamo parlando, di come nascono miti e leggende. E per quanto riguarda il Sasquatch delle Montagne Rocciose, se gli indiani d’America sono stati capaci d’inventarsi il castoro gigante perché in primavera, dopo il disgelo, trovavano i tronchi rosicchiati a due metri d’altezza, senza capire che i castori, quelli veri, erano usciti dalle tane, sulla neve alta, e avevano fatto il loro rosicante mestiere, saranno stati capaci, quei tontoloni d’indiani, d’inventarsi anche il loro personale Abominevole Uomo delle Foreste. Da mettere in bella mostra, stilizzato, sul totem delle danze. Chissà cosa si fumavano, si chiedeva il mio vecchio Io agnostico!
Ora invece il mio nuovo Io quantico mi offre una spiegazione onnicomprensiva e spero che, illustrandola, i lettori, se non onni, siano almeno comprensivi con me. Vi giuro che non mi sono fumato niente di illegale!
Dunque, gli Abominevoli. Il più famoso è quello dell’Himalaya, poi c’è quello nordamericano e quello del Caucaso, chiamato Alma, ma credo che ce ne sia anche uno cinese. Cosa non c’è in Cina! Pure le piramidi hanno scoperto, adesso!
E allora, anche se il filmato del 1967è un falso e il brandello di pelliccia dello Yeti, conservato in un monastero tibetano, è un pezzo di pelo di capra rossiccia, ci deve essere stato un tempo, secoli fa, che i nativi pellerossa e quelli tibetani si sono veramente


Nel primo caso Giuseppe Bruna e Angelo Randagi videro l’essere a pochi metri di distanza, sulla riva di un fiume, mentre nel secondo caso furono la signora Menchini e altre quattro persone a vedere un umanoide altro tre metri, ricoperto di pelo come un orso, sentendolo anche ululare come un lupo.
Se pensiamo a quali latrati emetteva Chew Becca, il secondo pilota di Jan Solo/Harrison Ford nel film Guerre Stellari, possiamo farci un’idea di come sono abituati ad esprimersi questo genere di alieni. Ammesso che siano alieni e non degli ottusi gorilla geneticamente modificati per essere usati come aiutanti aitanti degli alieni veri. Se siamo arrivati noi, a modificare geneticamente gli esseri viventi, perché non dovrebbero averlo fatto anche le razze aliene. In fondo, è esattamente quello che gli Anunnaki fecero all’Homo erectus migliaia di anni fa creando noi, i Lulu, per farci lavorare nelle miniere al posto loro, alla ricerca dell’oro.

Faccio qui e ora solo un veloce accenno all’aspetto preveggente dei film di Hollywood, della cui capacità d’anticipare gli eventi in modo sorprendentemente simile a ciò che poi avviene nella realtà, ci siamo già accorti da un pezzo. E’ quasi come se produttori, registi e sceneggiatori sappiano qualcosa ma non abbiano il coraggio di dircelo, facendocelo vedere comunque e nel contempo divertendoci.
Ciò che vale per la mitopoiesi dell’Abominevole Uomo, vale per fate, elfi e gnomi, anch’essi nati in seguito ad incontri ravvicinati del terzo tipo, in codice IR3. Niente gufetti, niente erba di San Giovanni o segale cornuta masticate a lungo, ma veri e propri avvistamenti diretti di esseri venuti da un qualche Altrove, ciascuno con le sue peculiarità fisiche e il suo carattere: burloni e dispettosi, gli gnomi; amichevoli ma anche – volendo - spaventose, le fate; indifferenti nella loro algida distanza, gli elfi. Tutti rappresentati da IR3 avvenuti in Italia negli anni scorsi e nulla c’impedisce di credere che siano capitati anche nei secoli passati, fungendo da motore mitopoietico degli esseri elementali del Piccolo Popolo. E di compagnia danzante.
Se non erano fate quelle che Luciano Galli vide all’interno di un disco volante su cui era salito a bordo nel 1959, a Croara di Bologna, e che gli sorridevano amichevolmente, cos’altro potevano essere?
Se non era una fata, quella “bambolina” di ottanta centimetri d’altezza che Giuseppe Di Giovanni vide nel 1978, sbirciando
attraverso un oblò, all’interno di un disco volante fermo su un prato, a San Donato di Tagliacozzo (AQ), cos’altro poteva essere?
E quella stangona di un metro e novanta che fu vista da Maurizio Cavallo a Trino Vercellese nel 1981, cos’altro poteva essere se non una fata troppo cresciuta?
Ciò non significa che figure minori del folclore rurale come il Mazzarol non possano avere altre origini. Costui, per esempio,
avrebbe potuto essere un picchio che segnalava il possesso del territorio martellando col becco alberi cavi e non un nanetto euforico che amava picchiettare con un bastone tronchi, ceppaie e recinzioni di legno, anche se la spinta ad antropomorfizzare la natura è sempre stata molto forte nell’essere umano.
La stessa cosa dicasi delle Aganis, che invece di essere bellissime streghe che avvicinavano le persone nei pressi dei ruscelli per ghermirle, portarsele sott’acqua e sgranocchiarsele con comodo, potevano essere state sfortunate fanciulle con entrambi i piedi valghi, mandate da madri insensibili a prendere l’acqua al fiume. Poiché il diverso ha sempre fatto paura e le malformazioni fisiche a volte anche ribrezzo, le menomate fanciulle furono loro malgrado la causa mitopoietica delle perfide Aganis.

E per quanto riguarda elfi e gnomi, negli IR3 italiani descritti da Moreno Tambellini, ce n’è anche di quelli. Ne cito due esempi accaduti nella mia regione, che non a caso ha una ricca e antica tradizione di fate, gnomi, sbilfs, aganis, streghe e benandanti e non a caso è dotata anche di una cospicua casistica d’avvistamenti ufologici e di IR3.
Il primo caso che voglio riportare è quello di Basiliano, avvenuto la sera del 25 dicembre 1978. Diverse persone riunite in casa per la cena natalizia, tra cui il signor Nobile e il signor Serrini, che poi testimoniarono, videro un essere che li stava spiando attraverso il vetro di una finestra. Uscirono in cortile, facendosi forza in virtù del numero, per osservarlo da vicino, ma la creatura, vistasi scoperta, scappò a velocità elevata e non fu più trovata. I testimoni notarono le sue orecchie a punta, come quelle del signor Spoke di Star Trek, ma anche come quelle degli elfi.
Ne contò ben venticinque, all’interno di un’astronave posata al suolo a Visinale (PN), quel signore che li vide attraverso l’oblò nel 1995, ma che volle rimanere anonimo. Erano tutti uguali e tutti avevano grandi orecchie e un sorriso stampato sul volto, ma per il resto erano degli omini in miniatura, solo molto magri. La parte centrale del loro corpo non era visibile, benché si trovassero a Visinale, vicino a un cascinale, perché una fascia metallica correva lungo tutto il
perimetro del disco volante, come si addice ad ogni disco volante ben collaudato. Probabilmente si trattava di Biancaneve e i 25 nani, ma la donna era scesa un attimo a fare pipì. Dopo un po’ infatti ripartirono in direzione di Pordenone, lasciando il testimone
alquanto sconcertato.
E fin qui siamo nel campo della mitopoiesi riguardante figure relegate alle fiabe per bambini, ma nel mio prossimo articolo affronterò la nascita delle religioni – roba tosta – e, senza scomodare Mauro Biglino, descriverò la Nuova Ufologia di John Keel e Jacques Vallée, pur senza aver ancora letto i loro libri.
Il 2012 ha troppa fretta di arrivare e la zona in cui vivo ha il privilegio, forse, di ospitare qualche varco dimensionale o qualche finestra spazio-temporale, attraverso cui devono essere arrivati un sacco di strambi personaggi, di tutte le forme, razze ed etnie. L’ultimo un mese fa circa. Perché il Friuli, poi? Terra maledetta, per certi versi orografici e storici, ma almeno non si può dire che ci si annoi. Il luogo baciato da qualche divinità dispettosa potrebbe però essere più vasto e racchiudere un triangolo maledetto con un vertice sicuramente ad Aviano e gli altri due a Mortegliano e a Porcia (dove abita Chiumiento). Oppure, siccome gli alieni non rispettano i confini amministrativi, a Cortina o a Jesolo.
Dipende se c’è alta stagione.

4 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    1. Non è necessario scrivere qualcosa di pertinente. I tuoi commenti sono sempre ben accetti. Dici bene, l'ufologia è molto....intrigante.
      Ciao e grazie.

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  2. L'ufologia, disciplina vituperata e disprezzata, è la chiave per accedere a molte camere. Certo poi le camere sono avvolte nel buio pesto, ma forse tastando qualcosa si potrà scoprire.

    Ottimo articolo, come sempre.

    Ciao

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  3. Grazie Zret. I tuoi complimenti, detti in modo poetico come sai fare, sono sempre apprezzati.
    un saluto.

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