Fonte: Basta delfinari
Il dolore dei pesci. L'Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore definisce il dolore come "un'esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno reale o potenziale dei tessuti. L'incapacità di comunicare verbalmente non nega la possibilità che un individuo sta vivendo il dolore". Nel suo libro “Do Fish Feel Pain”, Victoria Braithwaite presenta le prove scientifiche di come i pesci siano intelligenti e cognitivamente competenti. Posseggono gli stessi nostri cinque sensi e anche di più: dei ricettori sensoriali sui fianchi che gli consentono di percepire gli oggetti che hanno vicino. Sebbene non possano urlare, se provassimo a guardarli mentre hanno un amo infilato nella carne o mentre si dimenano fuori dall'acqua, riusciremmo a vedere il loro dolore. I pesci sono in grado, esattamente come noi umani, di secernere endorfine, sostanze chimiche che entrano in gioco per ridurre la sensazione del dolore. Esattamente come i mammiferi, posseggono nocicettori, i ricettori del dolore. Il paradosso è che buona parte di queste scoperte è stata fatta sottoponendo gli animali a test dolorosi e invasivi, come la somministrazione per bocca di veleno d'ape o acido acetico e la successiva somministrazione di morfina. Michael Stoskopf, professore esperto di animali acquatici, fauna selvatica e medicina animale alla North Carolina University, a proposito della pesca sportiva (che consiste nel pescare l'animale per poi ributtarlo in acqua) ha detto: "Sarebbe un errore ingiustificato supporre che i pesci non percepiscono il dolore in queste situazioni." Il ricercatore Culum Brown, conclude che "sarebbe impossibile per i pesci sopravvivere, da animali cognitivamente complessi quali sono, senza la capacità di sentire dolore. La crudeltà che noi esseri umani infliggiamo ai pesci è da capogiro". Una stima approssimativa della cattura globale di pesci selvatici (pesca) va dai 1000 ai 2700 miliardi di animali, circa 150 volte il numero di mammiferi e uccelli uccisi per il consumo alimentare. Riconoscere la capacità di soffrire di un animale deve necessariamente cambiare il modo in cui interagiamo con loro e influenzare il nostro giudizio etico e morale.
Comprendo perfettamente quello che è scritto in quest'articolo e me ne dolgo, specialmente per quanto concerne la pesca sportiva ,quella per alimentazione almeno un suo perchè lo ha ed allora se noi essere umani siamo così belli ed empatici, credo che anche esseri altri superiori a noi nelle loro capacità ma non nella loro empatia verso di noi si divertano allo stesso modo nei nostri confronti come nella pesca detta sportiva(Predator ?).Il problema è alla base, chi ha progettato il nostro mondo, un dio buono(onnisciente ed onnipotente?), non avrebbe potuto progettarlo non basandolo sul mangia e sii mangiato? L'idea gnostica del creatore Demiurgo guardando la realtà dei fatti di ciò che viviamo è molto plausibile. Saluti.
RispondiEliminaCitazione:
Elimina"esseri altri superiori a noi nelle loro capacità ma non nella loro empatia verso di noi si divertano allo stesso modo nei nostri confronti"
Questo concetto è stato stupendamente esposto da Milan Kundera nella parte finale di questo romanzo.
Citazione:
"non avrebbe potuto progettarlo non basandolo sul mangia e sii mangiato?"
La tua domanda è pienamente legittima e spesso me la pongo anch'io.
Evidentemente, la Natura, Dio o chi per essi, non sono riusciti a trovare niente di meglio, per attuare il trasferimento delle proteine da un organismo all'altro, e quindi per perpetuare la vita, che è ciò che interessa di più.
Già gli antichi filosofi ebbero a dire: "Mors tua, vita mea".