mercoledì 13 agosto 2014

Autentici figli di p.



Sto leggendo “La vita autentica”, di Vito Mancuso, prestatomi dall’amico Aimone. E’ uno di quei libri che ti aprono gli occhi, nel senso che ti fanno vedere le cose sotto un’altra angolazione. Leggendolo, non ci si può astenere dal chiedersi se i nostri rapporti col prossimo, oltre alla nostra stessa esistenza, sono veri o basati su qualche subdola finzione. Per esempio, il nostro matrimonio, le nostre amicizie sono autentiche o fittizie? Le azioni nostre o altrui in che grado sono autentiche? L’avvelenamento di Rocky, mamma di cinque cuccioli nel quartiere di Ambolanahomby, per scendere nel reale, secondo me è stato il gesto autentico di un autentico barbaro, inserito in un contesto di barbarie che non ha soluzione di continuità con gli omicidi, le risse, i linciaggi, le truffe, i disservizi, il menefreghismo e la lotta di tutti contro tutti, che si sperimenta una volta messo piede in Madagascar. Rocky, il cui nome le era stato dato da bambini che non hanno mai visto gli omonimi film con Silvester Stallone, aveva l’unico torto d’essere nata nel posto sbagliato, circondata da esseri umani (!) che non conoscono l’enorme potenziale animico insito negli animali, in primis quelli sinantropi come i cani. Rocky è nata e ha trascorso la sua breve vita in mezzo a molti, troppi autentici figli di p. dove per “p.” s’intende predatori.


Il 30 luglio scorso le diedi del pane e latte dentro una piccola bacinella. Poi, dopo un paio di giorni, di nuovo, chiedendo il permesso di entrare nella proprietà del vicino dove normalmente Rocky bazzicava, benché il vero padrone fosse un altro. Di ritorno da Mangily, il 12 agosto, abbiamo saputo che era stata avvelenata, cosa che non mi ha per nulla meravigliato, visto il pessimo rapporto che i malgasci hanno con i cani e il gran numero di cagnetti con vistose cicatrici sulla schiena, risultato di secchiate d’acqua bollente. Dopo l’uccisione di quella cagna che aveva morso una bambina, questo è il secondo cane che viene deliberatamente ucciso nel quartiere in cui vivo e io vi sembrerò malvagio, ma prego Zanahary che qualche bambino gasy mangi uno dei bocconi alla stricnina disseminati per i cani e crepi fra atroci dolori come giusta espiazione per la malvagità (questa sì autentica) dei suoi genitori e parenti. La mia “malvagità” è un riflesso e una conseguenza delle azioni di autentica malvagità dei malgasci, e quindi la mia malvagità è inautentica. Ciò fa di me – o dovrebbe fare di me – una persona buona, ferita e offesa dall’autentica crudeltà di questi demoni dalla pelle marrone.

Tra i quali c’è anche qualche angelo più o meno sperduto come Simeone, un ragazzo di 21 anni che lavora come commesso in un negozio di ferramenta del centro di Tulear. Nel suo cortile Rocky passava la maggior parte del tempo, giacché vi aveva partorito i cinque cuccioli, uno dei quali, mi diceva ieri sera Simeone, è morto. I cuccioli che ieri hanno avuto la loro prima razione di pane e latte da me preparato, sono abbastanza grandi da cavarsela, ma l’avvelenatore della loro madre non si sarebbe certamente curato di sapere se la sua vittima aveva cuccioli o se fossero ancora dipendenti dal latte materno. Gli avvelenatori, in quanto autentiche carogne, non badano a queste sottigliezze. Simeone, altra sorpresa, mastica qualche parola d’italiano perché, a quanto mi diceva, gli piace la nostra lingua. Chiestogli se avesse seguito qualche corso, mi ha risposto che la parla un suo amico malgascio e che la sta imparando da lui. Mentre dava ai cuccioli il pane con il latte, mi ha chiesto se avevo un dizionario italiano-francese da prestargli, ma l’unico libro in italiano che ho in questo momento è “La masai bianca”, che a Simeone non interessava. Se dovessi trovare un dizionarietto da qualche parte, credo che gli farebbe molto piacere riceverlo in dono. Durante la notte mi è venuta l’idea di proporre a lui e al suo amico di seguire un corso bisettimanale di italiano, da me tenuto, come anni fa feci con Suor Clemenza, ma Tina dice che sono poveri e non possono permettersi di spendere soldi per la cultura. Non si è espressa proprio così ma il concetto era quello. Gli avrei fatto lo stesso prezzo della suora: 5.000 ariary l’ora, un euro e mezzo. Avrei comprato anche una lavagnetta, come i veri insegnanti. Sicuramente inviteremo Simeone a cena una di queste sere. Come bravi e autentici vicini.

Nessun commento:

Posta un commento