Fonte: Scienziati, filosofi e altri animali
In immagine, a sinistra Eibl Eibesfeldt, a destra lo sapete; è stato il suo vate e maestro e pure lui ha suscitato aspre critiche e manipolazioni varie in relazione ad alcune sue affermazioni. Desmond Morris è stato il primo ad avanzare l'ipotesi che Homo sapiens sia pelato perché neotenico, cioè che non abbia perso il pelo strada (evolutiva) facendo, ma che non gli cresca come ai parenti perché raggiunge la maturità sessuale senza sviluppare i caratteri dell'adulto (l'esempio più famoso di neotenia è quello dell'Axolotl, ma le specie soggette al fenomeno sono molte). Oggi nessuno dubita più di questo, che è considerato un fatto. Eibesfeldt, da etologo, ha aggiunto che oltre ad essere neotenico, Homo sapiens ha in assoluto il più lungo periodo di infanzia e dipendenza dai genitori di tutto il regno animale, in proporzione alla durata della vita. Ed ha avanzato l'idea che la neotenia e la lunga infanzia siano direttamente correlate tra loro ed allo sviluppo della neocorteccia: essere neotenici prolunga l'infanzia, avere una lunga infanzia è utile ad apprendere, cioè a sfruttare il proprio adattamento. Se sia nato prima l'uovo o la gallina in questo caso è tuttora argomento di discussione. Anche il fatto che le femmine di Homo sapiens (e parenti strettissimi) siano sessualmente ricettive tutto l'anno e siano sessualmente più attive delle femmine di altri animali secondo lui è legato a questo: tenere i maschi, la loro attenzione, legata a loro, durante il lungo periodo di gravidanza ed infanzia.
L'affermazione forse più discussa di Eibesfeldt è stata quella per cui la xenofobia, e quindi il razzismo, in Homo sapiens sono innati. Ha fatto le solite ricerche, osservazioni su tutti i popoli e culture possibili, test su bambini (inclusi dei nati sordo-ciechi, che reagiscono all'odore degli estranei), ed ha concluso che siamo biologicamente xenofobi, dalla nascita, anche se il carattere si manifesta dopo la prima infanzia. Questa è una cosa piuttosto sensata, presente peraltro in moltissime altre specie animali: estraneo/diverso = potenziale pericolo, ha perfettamente senso che si sia evoluta. Oltre al fatto che è un ottimo strumento per evitare ibridazioni, cioè dispersione di tempo ed energie a vuoto; questo negli adulti, ma lui ha sostenuto che lo siamo fin dalla nascita. Quando se ne è uscito con questo discorso è successo un putiferio, per i soliti motivi: Homo sapiens è diverso, non soggetto ad istinti così brutti, e naturale = bello, buono e giusto.
Un po' quello che è successo quando il suo mentore Lorenz se ne è uscito con la cosa per cui l'aggressività è del tutto naturale, ben presente anche nell'uomo ed ha la sua utilità. Naturalmente entrambi avevano ragione, e nessuno dei due si sognava di affermare che il razzismo e l'aggressività siano cose belle e/o da assecondare/giustificare; fanno semplicemente parte delle dotazioni di serie che abbiamo ereditato dagli antenati, antenati non in grado di fare ragionamenti in merito e quindi per i quali ha provveduto mamma evoluzione. Non si capisce perché si devono negare le cose che non ci fanno onore (?). Naturalmente il nostro adattamento, cioè la ragione e secondariamente la cultura, dovrebbero metterci perfettamente in grado di aggirare il problema e capire che estraneo/diverso non significa automaticamente pericoloso, e fortunatamente spesso lo fanno benissimo. Questo, per Eibesfeldt come per Lorenz, era implicito, ma non hanno fatto i conti con l'invidia, la strumentalizzazione politica e le interpretazioni di comodo.
Eibesfeldt sosteneva anche che siamo filogeneticamente incapaci di vivere in assembramenti umani come quelli moderni, cioè grandi società anonime, essendo il nostro cervello ancora predisposto per piccoli gruppi di individui tutti conosciuti tra loro. E anche in questo caso aveva ragione: le metropoli sono palesemente al di sopra delle nostre capacità innate, tanto che di solito finisce che siano aggregati di piccoli gruppi distinti, a volte pure in competizione tra loro. Del resto, una delle cose con le quali siete stati martellati è che gli animali sociali si conoscono sempre tutti tra loro, individuo per individuo.
Articolo molto bello ed interessante.
RispondiEliminaSull'ultimo argomento, quello della dimensione ideale dei gruppi umani, esiste il c.d. numero di Dumbar, di poco superiore ai 100 individui.
Qui trovate un post su Dumbar e le sue conclusioni:
https://ilfenotipoconsapevole.blogspot.com/2016/05/dunbar-company.html?m=1
Dumbar non l'ho mai sentito nominare, ma 100 individui con cui socializzare sono troppi, per me.
EliminaIo comunque non faccio testo, in quanto misantropo.
Dumbar & company.
Credo che ti lo sia meno di quello che pensi... ;-)
EliminaFidati!
EliminaDa sempre il mio animale totemico è l'orso.
In senso metaforico, nel linguaggio corrente, "orso" sta per "misantropo".
Mia figlia si chiama Orsetta.
Ok, ma a parte la tua posizione personale, cosa ne pensi del numero di Dumbar ?
EliminaIo lo trovo convincente ed anche le mie (modeste) esperienze personali lo confermano.
A me sembrano farneticazioni di quattro rabdomanti con il bastoncino biforcuto comperato all'Ikea, gente che al massimo scova la fossa biologica, spacciandola per una generosa vena di fresche acque. Quattro cazzoni sempre in batteria per assicurarsi lauto pranzo e lauta cena. Ma per favore...Mi strapperei i capelli, se li avessi.
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