giovedì 21 giugno 2018

C’era una volta un popolo felice


Testo di Lisa Piccolo

C'era una volta un continente civile abitato da un popolo chiamato europeo, tutti erano felici, si scherzava e si faceva uso dell'ironia e dell'autoironia. La popolazione europea, a un certo punto, decise che essere felici era discriminatorio, quindi introdusse una nuova dittatura, ma soft e gradualmente, in modo che nessuno se ne accorgesse. Questa nuova dittatura era già stata percepita agli inizi della sua fondazione da uno scrittore che l'aveva chiamata, nel suo famoso libro, Neo Lingua, per i più conosciuta con il nome di politicamente corretto. Nessuno poteva dire qualcosa che non fosse accettata dal politicamente corretto.


Benché nella sostanza le cose rimanessero uguali, bisognava dar loro un nome etico per non subire la censura, quindi handicappato divenne offensivo e si trasformò in portatore di handicap, poi in disabile, poi in diversamente abile, poi in diversamente intelligente e così via. I sordi diventarono non udenti, i ciechi non vedenti. Alcune parole divennero addirittura eversive, al punto da far aprire processi, quindi negro divenne nero, poi colorato, mentre zingaro divenne rom, poi nomade, poi camminante. Omosessuale era discriminatorio contro le lesbiche, lesbiche discriminatorio contro i bisessuali, sicché si decise di adottare l'acronimo di tutti i possibili gusti sessuali che ormai erano di interesse pubblico, quindi si adottò la parola più asettica LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender).


La propria cultura divenne discriminatoria verso le "culture altre", quindi si cominciarono a eliminare i simboli che rappresentavano la propria identità, ma non quella altrui. La società pre dittatura era felice, ironica, allegra, perché aveva superato la violenza ideologica delle lotte di classe, quella post dittatura irascibile, permalosa, violenta, in piena lotta di categorie. E guai a non rispettare il politicamente corretto, a meno che non si fossero dati i dettagli del proprio pensiero per dimostrare che non vi era alcuna intenzione discriminatoria, altrimenti arrivava la scomunica e il marchio del razzista, del fascista, dell'omofobo, dello xenofobo, del pedofilo, dell'islamofobo, ecc. ecc. Tutti erano più isterici e chi obiettava affermando che una bella camomilla avrebbe fatto bene a tutti, veniva schedato immediatamente. A subire maggiormente le conseguenze di questo isterismo collettivo fu soprattutto il mondo della cultura. Entrò in crisi il mondo del cinema, quello della letteratura, quello dell'arte e della musica. Del popolo civile rimase solo l'ombra.

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