sabato 7 maggio 2011

Siamo tutti orsi

Presso gli Ainu, popolazione europoide che vive nel nord del Giappone, vige il culto dell’orso (1). Gli Ainu adottano un cucciolo, che, dopo essere stato allattato da una balia, una volta adulto viene ucciso ritualmente affinché funga da intermediario tra gli Dei e gli uomini. Sulle pareti delle grotte dei siti archeologici più antichi, non manca mai l’effige dell’orso delle caverne, estinto in tempi storici dai nostri antenati che gli contendevano lo spazio abitativo. Secondo i nostri zoologi, gli orsi sono cani senza coda, e come i cani sono eclettici nel mangiare, ma con prevalenza per un’alimentazione carnivora. Rispetto ai cani sono meno intelligenti e, di norma, caratterialmente infidi e imprevedibili, tanto che la domesticazione, soprattutto da parte degli zingari per scopi di spettacolo, può avvenire solo con certe specie e precisamente con l’orso bruno del Paleartico. Esclusi dalla domesticazione sono l’orso polare, il Kodiak e il Grizzly, specie irascibili e pericolose. Nei cartoni animati, Yoghi è l’orso nero, detto anche Baribal. Altri orsi finiti nelle storie per l’infanzia, soprattutto nei paesi anglosassoni, sono Napo Orso Capo e il popolarissimo Winny Poo. Tra le fiabe più conosciute c’è quella dei tre orsi (2) e mentre in Italia il suo santo protettore è San Romedio (3), in Russia esistono numerose leggende che hanno orsi per protagonisti.
 
L’orso, in molte culture umane, è diventato un animale totemico, perché, al pari del leone e dell’aquila, laddove era presente, se n’è sempre ammirata la forza e il vigore fisico, per esempio nell’Europa centro settentrionale. Nell’Europa mediterranea il suo posto fu preso dal toro. Molti avatar su internet lo riportano in effige e nei nomi di donna troviamo Ursula, insieme alle suore Orsoline, mentre tra gli uomini raramente si trova anche Orso Maria. Mia figlia quindicenne si chiama Orsetta. E nessun compagno di scuola l’ha mai presa in giro.
In Cina, come tutti sanno, vengono tenuti in anguste gabbie con un catetere impiantato nella cistifellea, allo scopo di ricavarne la bile per usi sedicenti medicinali. Si sa che i cinesi sono molto crudeli con gli animali e li sfruttano senza scrupoli. In Occidente invece assistiamo a un comportamento schizofrenico: da una parte l’orso di peluche è il trastullo tradizionale storicamente più diffuso dei bambini europei e dall’altra non evitiamo di abbattere quegli orsi in carne ed ossa che si permettono di assalire capi di bestiame domestico, cioè di espletare ciò che detta loro l’istinto naturale. In Italia sono protetti, ma in Slovenia sono soggetti a caccia (4), in Svizzera e Germania li abbattono tranquillamente, se si avvicinano ai paesi, mentre in Russia il re di Spagna ha speso una grossa cifra per abbatterne uno, in modo ignominioso (5): aristocratici figli di buona rettiliana!
Gli orsi più famosi in Italia sono quelli marsicani, protetti da lunga tempo nel parco nazionale d’Abruzzo, che tuttavia nei suoi annuari registra molte morti per bracconaggio, per investimento da parte dei treni e delle autovetture (6). Si vociferava che in certe trattorie di Bologna venisse servito sottobanco il prosciutto d’orso.
E sempre in tema di schizofrenia, va ricordato l’orsetto Knut sfruttato come attrazione dallo zoo di Berlino finché era cucciolo e poi abbandonato al suo destino di intruso nello stesso recinto di due litigiose femmine, una volta divenuto adulto (7). Fine squallida per una……stella dello spettacolo che va a eterno disdoro dei suoi aguzzini.
Ma il colmo dell’abiezione umana forse spetta all’Islanda, che spara a vista agli orsi polari senza aspettare che facciano danni (8), seguendo la ben nota logica delle guerre preventive, tanto care alla dinastia dei presidenti Bush, padre e figlio. Siccome la relazione tra caccia e guerra è di vecchia data, anche nel caso dell’ultimo orso ucciso in terra islandese si può parlare della stessa malvagia prepotenza alla base sia dell’uccisione del diverso, sia delle guerre imperialiste degli Usa nei confronti di altre nazioni. L’imperialismo americano esecrato giustamente dagli uomini di buona volontà è solo la parte più stridente e vistosa dell’imperialismo umano nei confronti degli altri animali: il secondo è la matrice culturale del primo. Dalla violenza verso gli animali scaturisce la violenza sui nostri simili, che cessano di essere tali, divenendo diversi e nemici, grazie a un processo mentale di reificazione. Se smettiamo di reificare gli animali, smetteremo di fare la stessa cosa anche con gli umani. Sulle magliette dei ragazzi dei centri sociali e di alcuni attivisti cattolici si leggeva: siamo tutti clandestini. Io vorrei stampare magliette con su scritto: siamo tutti orsi, ma non so se il messaggio sarebbe capito.
Io, poi, lo sono anche di carattere!

2 commenti:

  1. Orso nel senso di poco socievole.
    Nel senso che l'affollamento di gente mi mette a disagio.
    Nel senso che non sono mai andato in discoteca o in una sagra in vita mia.
    Questo mi fa apparire un po' snob.
    E forse magari anche lo sono.
    Ecce homo!

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