Nel film “La vita è bella”, Roberto Benigni spiega a suo figlio perché sulla vetrina di un esercizio commerciale c’era scritto: “Vietato l’ingresso agli ebrei e ai cani”, dicendogli che ai padroni di quel negozio non sono simpatici né gli uni né gli altri e che ogni negoziante ha diritto di manifestare le proprie antipatie. Tanto è vero che in un negozio più avanti – è ancora Benigni che spiega – si trova un altro cartello con su scritto: “Vietato l’ingresso ai cinesi e ai cavalli”.
La verità, a volte, è difficile da spiegare ai bambini, anche se Tahar Ben Jelloun ci ha provato con sua figlia [1]. La verità è che abbiamo la convinzione, consolidata in millenni di storia, che i diversi da noi possano costituire un pericolo, se non altro perché non riusciamo a capire ciò che dicono. E potrebbero quindi fregarci. La confusione di lingue derivata, come punizione, dall’arroganza di voler costruire una torre alta fino al cielo, se accettiamo per vera ciò che è solo una leggenda, è stata la peggiore iattura che potesse capitare all’umanità. Non dico che non ci sarebbero state guerre e conflitti, ma almeno, con una lingua comune, avremmo avuto una possibilità in più per appianare le controversie grazie al dialogo. In questo senso, i propositi massonici di costituire un unico governo mondiale, con un’unica lingua, sarebbero anche attraenti di per sé, se non fosse che, conoscendo i nostri polli, sappiamo come andrebbe a finire: con un’implacabile dittatura liberticida.
Che la lingua comune possa servire per ammorbidire i conflitti, se non addirittura per neutralizzarli, è dimostrato dal fatto che a Natale e Capodanno alpini e austriaci, reclutati a pochi chilometri di distanza gli uni dagli altri, si scambiavano gli auguri nella stessa lingua comune, uscendo dalle trincee per andare a stringere la mano a quelli che fino a pochi minuti prima venivano presi di mira dai rispettivi fucili.
Se non siamo ancora capaci di accettare le diversità di colorazione della pelle, di abitudini e di cultura, è perché continuiamo a ragionare con mentalità obsolete, mentre i mezzi di trasporto moderni hanno reso il Pianeta più piccolo di un tempo e i confini sempre più aleatori. Il nostro cervello si adatterebbe più facilmente ad accettare gli stranieri come vicini di casa, se solo potessimo socializzare nella stessa lingua. Invece, razzismo e xenofobia sembrano diventare sempre più virulenti, più passa il tempo, tanto che perfino nella civilissima Scandinavia si compiono stragi orrende in nome di concetti folli, insensati e anacronistici.
C’è un aspetto che normalmente viene trascurato: è il nostro rapporto con gli animali. Esso è una cartina al tornasole per riconoscere la quantità di ideologia primitiva presente in una persona o in un popolo. Insieme a razzismo e xenofobia bisognerebbe parlare anche di specismo. Quel medesimo sentimento di inimicizia che riserviamo a popoli, gruppi etnici o singoli individui diversi da noi, nel caso dello specismo lo riserviamo alle altre specie animali.
E non ce ne accorgiamo, anzi ci viene spontaneo, perché tradizionalmente consideriamo l’animale inferiore a noi, come il razzista e lo xenofobo considerano inferiori il negro o l’asiatico o comunque il non ariano. Se, dopo quasi duemila anni di cristianesimo, stiamo faticosamente entrando nell’ordine d’idee che tutti gli uomini sono nostri fratelli, compresi gli africani, gli asiatici e i non ariani, con le specie diverse dalla nostra è ancora più difficile e accettare gli animali come detentori di diritti è ancora un’idea ostica per le nostre coscienze. Siamo ancora in alto mare con questa particolare elaborazione etica. Il motivo del ritardo va ricercato nelle opportunistiche obiezioni sollevate dalle guide religiose, in particolare quelle giudaico-cristiane (ma anche le altre non scherzano), le quali obiettano che prima di accordare qualsivoglia diritto agli animali, si deve accordare diritti agli esseri umani, salvo poi accorgersi che con tale pretesa non si ottiene né l’una né l’altra cosa. Ovvero, lasciando via libera allo specismo, si lascia via libera automaticamente anche al razzismo, dal momento che se a dettare le regole di condotta è la guida religiosa, autoproclamatasi intermediaria tra l’uomo e la divinità, i miscredenti e i laici si danno proprie regole di condotta autoproclamandosi, a loro volta, unici depositari di sapienza e virtù, appellandosi al libero arbitrio. In tal modo, finiranno per considerare legittimo il proprio comportamento razzista e xenofobo. Poi, magari, dichiareranno pure di essere cristiani fondamentalisti!
E’ in nome del libero arbitrio che il parlamento italiano ha riaperto la caccia al lupo [2], il che sarebbe come se il governo cinese riaprisse la caccia al panda o quello indonesiano riaprisse quella al rinoceronte di Sumatra.
In questi ultimi anni stiamo assistendo a uno stillicidio di attentati alla natura e quelle che credevamo fossero conquiste consolidate di civiltà vengono ad una ad una corrose e neutralizzate, finché ci ritroveremo ad avere una legislazione in materia di protezione della natura simile a quella che avevamo negli anni Cinquanta. Con l’aggravante che in quegli anni si potevano trovare ancora molte specie animali oggi divenute rare e l’ambiente era ancora integro e poco inquinato. Oggi, che ci sarebbe bisogno di leggi ancora più restrittive in difesa dell’ambiente, e quindi in difesa della nostra salute, si lascia via libera agli speculatori, agli inquinatori e a quanti vogliono distruggere fauna e flora.
Tale folle comportamento, tipico soprattutto dei vertici politici, c’induce a sospettare che si tratti di un’operazione studiata a tavolino e che i governanti occulti del mondo, attraverso i loro burattini, vogliano tirare la corda degli ecosistemi il più possibile, irresponsabilmente, per vedere fino a che punto arriva il livello di sopportazione della gente. Si fa strada nella coscienza delle persone il sospetto che disastri come quello del Golfo del Messico siano vere e proprie azioni di sabotaggio premeditate, per non parlare di macchine da guerra che producono terremoti, impianti militari segreti tipo HAARP, di cui non sappiamo l’utilità e gli scopi, e altre iniziative principalmente di natura militare che definire pazzesche è far loro un complimento.
Non posso credere che la concessione data ai pastori italiani di difendere le greggi dagli attacchi dei lupi nasca da disinformazione, ignavia o superficialità, perché sono quarant’anni che i naturalisti tengono convegni sul lupo e la sua importanza come controllore delle popolazioni dei cervidi. Sono quarant’anni che Luigi Boitani e il Gruppo Lupo Italia [3] divulgano le conoscenze scientifiche in merito a questa bellissima e ingiustamente vituperata specie. Sono quarant’anni che il Parco Nazionale d’Abruzzo ha aperto a Civitella Alfedena un museo del lupo e un’area con alcuni esemplari in stato di cattività [4] che si possono ammirare. Sono quarant’anni che ci siamo convinti di vivere in un paese civile che difende le proprie specie in via d’estinzione. Come fanno tutti i paesi avanzati culturalmente e perfino quelli africani che avrebbero tutte le ragioni per sterminare la loro fauna, ma non lo fanno perché hanno capito che i turisti in visita nei parchi portano denaro. Anzi, gli stati africani sanno conservare la fauna meglio di quelli europei. Meglio di noi di sicuro!
E invece, cosa sta succedendo in questo nostro paese allo sbando? Che la Lega Nord, un partito di governo, allestisce un banchetto al ristorante, a Trento, a base di carne d’orso [5]. Che si fanno proposte in parlamento per abbassare l’età per ottenere la licenza di caccia a 16 anni e per poter entrare a cacciare nei parchi nazionali. S’impongono con la forza opere pubbliche faraoniche che devastano le montagne, a dispetto della popolazione locale che non le vuole. Si fanno passare per termovalorizzatori quelle che sono volgari ciminiere dispensatrici di veleni e nanoparticelle tossiche. Si lascia marcire nell’immondizia un’intera città, in mano alla Camorra, senza che se ne veda una via d’uscita. E se a tutto questo aggiungiamo le irrorazioni per via aerea di cui nessuna autorità o istituzione sa o vuole assumersi la responsabilità, non ci resta che constatare tristemente che o per ignavia, o per incompetenza o peggio per deliberata volontà criminale, i manigoldi che abbiamo votato stanno massacrando lupi, orsi, valsusini, anziani, bambini e donne. Per tacere degli africani che colano a picco nel canale di Sicilia, insieme ai vecchi pescherecci con cui sperano di cambiare le loro vite. Non bastano le politiche economiche internazionali, manovrate da una minoranza di squali umani, ma ci si mettono pure i nostri ormai odiatissimi, inqualificabili, inattendibili e osceni uomini politici, che hanno appena rifinanziato la missione in Afghanistan. Tutte le mattine quando accendiamo il computer, sperando di trovare qualche notizia meno tragica del solito, abbiamo invece conferma dei danni che questi nostri parlamentari fanno a uomini, animali, piante, alla società e al pianeta intero. Quando finirà quest’incubo?
Nessun commento:
Posta un commento