lunedì 14 novembre 2011

Il cenacolo della salamandra (parte terza)




Cuore sacro
Ritornano i cattivoni Ishtar, dall’ampia scollatura, dea dell’amore e della guerra, e il cappellano Belial, fratello di Bafometto. Nomi appropriati per raffigurare la malvagità allo stato puro, ma io devo ancora capire perché quel losco figuro con la coda da cavallo sia stato chiamato cappellano. Forse perché, a pagina 23, entrambi s’incontrano con un alto prelato del Vaticano, che dà loro preciso ordine di uccidere Adam Mack. E quest’ambigua frequentazione mostra che il Male è molto più ramificato di quanto s’immagini, tanto che perfino Paolo VI parlava del fumo di Satana infiltratosi nella Chiesa [1]. Naturalmente, siccome le forze del male non prevarranno [2], nessuno riuscirà a sconfiggere il nostro protagonista. Nemmeno Roland Alter, padrone d’azienda messicano con la passione per i sacrifici umani. Prima di trovare la donna giusta, la donna fatale che dovrebbe compiere per lui un rito speciale, Roland fa uccidere tredici sue operaie per intimorire tutti gli altri e costringerli a rivelare il nome della prescelta. Motivazione inverosimile, ma pare che da quelle parti lo stupro e l’uccisione di giovani donne sia stato un fenomeno reale e i colpevoli vanno ricercati a più livelli, tra i narcotrafficanti, i poliziotti e la stessa magistratura [3].
Il nostro Paolo Franceschetti ne avrebbe da indagare e da scrivere su quegli strani omicidi, che hanno tutta l’aria di essere rituali!
 
Le uccisioni di giovani donne nella città di frontiera Ciudad Juarez iniziarono nel 1992. Fino al 2001 i corpi straziati delle ragazze venivano fatti trovare in diversi punti della città ma, a partire da tale data, a causa dell’intensificarsi delle indagini, i malviventi cominciarono a sciogliere nell’acido i cadaveri, di modo che al momento attuale si contano 300 omicidi rituali, mentre di altre duecento donne non si è saputo più nulla. La connivenza delle istituzioni è ormai chiara, visto il modo grossolano di condurre le inchieste di polizia. E’ chiaro che la magistratura sta proteggendo i veri responsabili, dopo aver cercato di addossare la colpa ai soliti capri espiatori, e il motivo risiederebbe nel fatto che alcuni ricchi imprenditori della zona si dilettino a far rapire le ragazze per usarle in orge a base di droga e sesso violento, con lo scontato finale della soppressione delle malcapitate. Quei pervertiti pieni di soldi e cocaina sono gli stessi che finanziano le campagne elettorali del presidente Vicente Fox ed essendo suoi amici sono quindi intoccabili.
Come i rapitori infieriscono sulle loro prede torturandole e seviziandole, così i poliziotti che arrestano incolpevoli balordi fanno la stessa cosa. A questo punto, se i metodi sono identici, ne risulta che lo spirito del Male pervade tanto i criminali quanto le forze dell’ordine: cambiano solo le finalità. Gli esecutori e i mandanti torturano e violentano le ragazze per puro divertimento e gli sbirri torturano i capri espiatori per estorcere improbabili confessioni, divertendosi un po’ anche loro. Qui si vede che il concetto “Il fine giustifica i mezzi” è immorale, non meno che fascista.
Se avessi qualche propensione per l’esoterismo, direi che i sacrifici umani e animali degli antichi Aztechi abbiano lasciato traccia nelle cose e nel terreno, anzi più probabilmente nella memoria storica di quella gente, quasi una specie di maleficio, o una vibrazione tossica che impregna cose e persone. La faccenda è meno campata in aria di quel che sembra, se solo pochi giorni fa anche la trasmissione Voyager si è occupata della memoria del DNA, ma non ho avuto tempo di indagare sull’argomento e so solo che scrittori di genere horror come Stephen King hanno spesso ambientato i loro macabri racconti in cimiteri indiani e non avrei difficoltà a credere che luoghi come i mattatoi, le prigioni o le abitazioni dove ci siano stati omicidi conservino tracce maledette, qualche fantasma o qualche larva, per usare un termine tecnico.
Di sacrifici umani e animali ne sono stati fatti in tutto il mondo, ma il centro e sud America devono avere qualcosa di speciale, se si mettono insieme le terribili informazioni che negli anni ci sono giunte a proposito della propensione dei sudamericani per i golpe, per l’eliminazione fisica dei dissidenti politici, per la corruzione elevata a regola di vita e, come nel caso di Ciudad Juarez, per la totale mancanza di legalità che può albergare in vaste zone. Se a tutto ciò aggiungiamo che i militari colombiani insegnano alle reclute a pugnalare dei cani tenuti fermi su un tavolo, allo scopo d’indurire i cuori dei futuri soldati, verrebbe da credere che la violenza sugli animali non solo è propedeutica alla violenza sugli uomini, come dicevano gli antichi saggi, ma nasce dalle stesse menti e viene messa in pratica dalle stesse mani.
In altri termini, gli stessi sbirri/spacciatori/gangsters che uccidono le ragazze messicane, uccidono anche i cagnetti colombiani. E’ all’opera la stessa matrice culturale e sadica. E, come se non bastasse, qui da noi c’è sempre qualcuno che se mi azzardo a mettere sullo stesso piano cagnetti e ragazze, si scandalizza!
Adam Mack fa bene, a pagina 72, a rifiutarsi di prendere l’ayahuasca, anche se poi si lascia convincere da Mayahuel Castaneda, la Custode dei Giorni, prigioniera di Roland Alter, a berne un po’. Tutti i presenti ne bevono, compresi Roland e Xelhua, il suo muto gorilla guardaspalle, e tutti sprofondano in un sonno presumibilmente sciamanico, che permetterà ad Adam di fare uno dei suoi soliti viaggi all’interno della sua mente. Ma, mentre di solito il ragazzino Adam deve combattere con mostri partoriti dal suo inconscio, stavolta si ritrova a compiere con l’Hulk muto agli ordini di Roland una di quelle assurde partite degli antichi aztechi, in cui la palla non poteva essere toccata né con le mani, né con i piedi, ma solo con gli avambracci.
E tuttavia, con un po’ di fortuna e molta agilità, riuscivano a far passare la palla attraverso un anello di pietra, infisso su un muro laterale del campo di gioco. Neanche a farlo apposta, nonostante la disparità di dimensioni, novello Davide alle prese con il gigante Golia, Adam segna l’agognato punto, per scoprire subito dopo che a venir sacrificati sull’altare in cima alla piramide non erano i perdenti, ma i vincitori, a mo’ di premio per la vittoria. Virgilio, il suo carlino guida, aveva omesso questo piccolo particolare.
E’ in questo modo che si tocca l’acme della storia: Adam fanciullo, disteso sulla pietra dell’altare, sotto il coltello d’ossidiana dei sacerdoti che glielo estraggono ancora palpitante, scopre di essere uno Yolteotl, un cuore sacro, un guerriero di luce. Solo in quel momento, nel sogno, rivede la sua amata Soul e può baciarla com’era già successo a pagina 91 del quarto episodio. Un bacio tra anime, vero premio di una finta partita a palla cerchio, se posso permettermi di chiamarla così.
Di quattro che si erano addormentati grazie alla dimetiltriptamina, solo tre si svegliano. Xelhua resta nell’oltretomba, causa infarto, e i rapporti numerici si ribaltano. Ora Roland è solo, armato di spada, nella cripta dove voleva compiere il sacrificio, contro Adam e Mayahuel: sembra che il loro destino sia segnato. Ma piccole mani d’orfanelle intervengono a vendicare la morte delle loro più anziane e sfortunate concittadine. Roland viene spinto nel pozzo delle anime, dal fondo irto di pietre aguzze, simbolo del viaggio all’inferno che attende i malvagi. Precipita e muore, ché è proprio quello a cui anelava.
Per Adam Mack il viaggio continua, come direbbe Roberto Giacobbo. Ishtar e il cappellano Belial sono ancora in circolazione.


Coloro che dal cielo caddero
Individuata Soul dall’altra parte del Pianeta, senza l’intervento di Sybill ma grazie alle capacità da hacker buono di Lucien, Adam viene preso dalla furia e decide di partire per l’Iraq, portandosi dietro Malachia, Lucien e l’immancabile Malcor. Amalthea, figlia di Sybill, protesta perché il circo è una famiglia che viaggia insieme e non deve separarsi, ma la forza d’attrazione esercitata da Soul è troppo forte e Adam non sente ragioni.
Così, i quattro s’imbarcano a Città del Messico e scendono a Bagdad, non senza mettersi nei pasticci, durante il volo, a causa del carattere collerico e attaccabrighe del nostro protagonista. Per fortuna, ad attenderli a Bagdad, ci sarà un sufi amico di Malcor, che pagherà la cauzione per aver violato le norme di comportamento a bordo degli aerei, cioè per aver preso a pugni uno steward. Indovinate chi ha alzato per primo le mani? Domandina facile facile!
Sasha, l’anfitrione che li ospita, li conduce nell’albergo più lussuoso della città, dove egli stesso è alloggiato, e poi si capirà perché poteva permetterselo. Li porta anche a vedere una danza derviscia e presenta loro un rabbino, Zecharia, di modo che, tra quest’ultimo, il sufi e Malcor, Adam si trova preso fra tre fuochi e il suo scetticismo viene messo a dura prova. Fra le altre astruserie, il rabbino spiega ad Adam che i ventidue caratteri dell’alfabeto ebraico sono stranamente somiglianti agli amminoacidi del DNA umano e quando ho letto questo passaggio, mi è venuto in mente che a fare tale scoperta dev’essere stato un genetista ebreo, magari grazie a quel fenomeno eidetico della mente [4], che ci fa vedere forme conosciute in disegni astratti.
Malcor rincara la dose dicendo che secondo le ultime teorie della fisica, l’intero universo è fatto di vibrazioni, le stesse che escono dalla nostra bocca quando parliamo. Da ciò deriverebbe il potere magico delle parole e in questo senso andrebbe interpretata la prima frase della Bibbia: “In principio era il Verbo”. Da questo deriverebbe anche la capacità dell’essere umano di plasmare la propria realtà, facoltà che gli è stata sottratta dall’élite che comanda il mondo. La quale lascia che l’umanità usi, seppur inconsapevolmente, la magia nera, ottenendone risultati disastrosi.
Stronzate, le giudica Adam. Compresa quella che sarebbero stati gli Anunnaki di Nibiru a creare l’uomo mediante manipolazioni genetiche, dal momento che, scesi sulla Terra per procurarsi l’oro di cui avevano bisogno, i loro minatori Igigi erano entrati in sciopero e gli Anunnaki si videro costretti a creare i Lullu, cioè l’Homo sapiens, affinché li sostituisse.
Fesserie, le giudica ancora Adam. E alla sua domanda del perché gli Anunnaki, che erano tecnologicamente progrediti, l’oro non se lo fossero cercato ed estratto da soli, invece di creare schiavi umani, gli viene risposto che non di oro letterale si tratta ma “dell’oro degli antichi alchimisti, il seme divino nascosto in tutte le cose” (pag. 68), e questo mi sembra un buon modo per svicolare dalla questione e rispondere senza dare una risposta.
Durante quell’incontro, viene anche detto ad Adam che a creare l’uomo furono i giganti, e questo per il semplice fatto che gli Anunnaki erano alti più di tre metri, cosa di cui verso la fine dell’episodio lo scettico poliziotto sarà testimone oculare, grazie al ritrovamento di uno scheletro intero di tali dimensioni. Se il ritrovamento di tali reperti, in diverse parti del mondo, non può più essere sottaciuto, non significa che quegli scheletri extralarge appartengano a popolazioni extraterrestri. Se ciò fosse confermato, la cosa sarebbe extraordinaria. E invece sembra che quelle ossa abbiano DNA totalmente umano e a me piacerebbe sapere come la scienza ufficiale spiega la loro esistenza.
Non la scienza ufficiale, ma Paolo Pasqualini, ufologo monfalconese, mi rese edotto per la prima volta degli Anunnaki. Succedeva due anni fa, durante una sua conferenza a Udine sui cerchi nel grano. Ero seduto in prima fila e quando disse che il Dodicesimo Pianeta era in avvicinamento ed era abitato, timidamente gli chiesi: “Ma, è uno scherzo, vero?!?”.
Lo vidi strabuzzare gli occhi e lo sentii rispondermi con enfasi: “No, no, non è uno scherzo! E’ tutto vero!”.
Sono passati due anni e tutto ciò di cui sono venuto a sapere in proposito è che il pianeta X, o pianeta del Passaggio (vedasi pag. 71), è ancora in rotta verso la Terra. Tuttavia, l’ultima notizia in proposito, riportatami dal mio esoterista di fiducia, ha incrementato i miei sospetti: più che una cospirazione degli astronomi, Nibiru è un’altra bufala millenaristica, nonché, con tutto il rispetto per Zecharia Sitchin, l’ennesimo buco nell’acqua. Quando il mio ufologo di fiducia mi disse che in realtà Nibiru non è un pianeta come gli altri, seppure con un’orbita sui generis, ma un pianeta astronave che è in grado di andare dove vuole, ho capito che anche stavolta verrà messo in campo il solito trucchetto dell’impossibilità di reperire prove scientifiche. Se può andare dove vuole, significa che non si farà mai vedere, cioè che non esiste per niente. Io non ho pazienza e non posso aspettare che gli Anunnaki facciano i loro comodi e si degnino di venirci a trovare, anche se fossero i nostri creatori. Noi siamo qui, da millenni scrutiamo il cielo, di giorno e di notte, in attesa che gli Dei ritornino e questi presunti e presuntuosi Anunnaki che fanno? Nicchiano? Glissano? Si defilano? Nemmeno un salutino, prima di morire, al loro beniamino Zecharia, non quello del fumetto, ma quello serio, che ha dedicato la vita a studiare le tavolette sumere?
Il trucco dell’impossibilità di provare un certo assunto è vecchio come il cucco. Lo usavano le streghe quando davano istruzioni impossibili da realizzare, con l’avvertenza che se non le si fossero seguite alla lettera l’incantesimo non sarebbe riuscito. E l’adepto rimaneva invariabilmente con le pive nel sacco. Lo usano medici e chirurghi quando sbagliano diagnosi o operazione, colpevolizzando il paziente che non è guarito o è morto sotto i ferri. Lo usano gli ufologi e gli esoteristi in genere quando pongono le basi segrete dei nazisti che custodiscono il Vril tra i ghiacci dell’Antartide, dove nessuno può andare a verificare. O quando affermano che il Vaticano ha spedito in orbita, incontro a Nibiru, una sonda spaziale (pag. 58), ché tanto, anche in questo caso, nessuno può andare a controllare.
Di modo che, se verso il dicembre 2012 non ci dovesse essere nessun avvistamento di nessun pianeta, sarà perché gli Anunnaki che lo popolano e lo pilotano hanno cambiato idea. Troppo comodo! Io non ci sto!
Viceversa, sempre in clima millenaristico, ha più serie basi la possibilità di un rovesciamento dei poli magnetici e Malcor lo spiega ad Adam a pagina 15 con un esperimento empirico discutibile, perché denota mancanza di rispetto per gli animali: l’esperimento del cane bagnato. Del resto, se anche Adam, a pagina 37, si presenta come un entusiasta consumatore di kebab, non si può dire che The secret sia un fumetto animalista. Malcor avrebbe potuto spiegare ad Adam cosa succederebbe al pianeta Terra se s’invertissero i poli anche senza gettare un secchio d’acqua a un cane dello Space Circus.
Che la Terra possa andare incontro a terremoti, tsunami e altri sconvolgimenti è più credibile di un pianeta astronave in avvicinamento, giacché sembra sia già successo più di una volta nella storia della Terra, l’ultima circa 11.500 anni fa e quindi Malcor sbaglia di mille anni nella datazione di pagina 14, anche se il concetto di fondo è corretto. Inversione dei poli che, come mostrato a pagina 17, causò il congelamento improvviso di moltissimi animali tra cui i famosi mammut ritrovati in Siberia.
Tutto questo è molto interessante e non ci sarebbe bisogno di infiorarlo con fantasie ufologiche tirate per i capelli, ma rappresenta solo il contorno della nostra storia. Il piatto base è la tentata vendetta del curdo Birwa, a cui Saddam Hussein aveva ucciso moglie e figlio, anche se Soul che da lui era stata soccorsa, una volta giunta come un turbine nei pressi del suo villaggio, gli aveva detto che non sarebbe stato capace di portare a termine i suoi piani. E questo è il terzo caso di vendetta mancata, dopo il balordo afroamericano che non riesce ad uccidere Adam e l’altro nero che non riesce a uccidere Gilda, l’ex ragazza del banchiere Nicolas, che abbiano incontrato nel terzo episodio.
E’ una Nemesi un po’ fiacca, quella che aleggia nelle pagine di The Secret.
Birwa vorrebbe far fuori un alto papavero riciclatosi dopo la conquista da parte degli americani, uno dei responsabili degli eccidi del popolo curdo, e per questo piazza una bomba ad orologeria nel museo dove il funzionario sarebbe andato per l’inaugurazione.
Verso la fine Birwa si pente, per un meraviglioso caso di sincronicità incontra Adam al museo e lo porta a casa sua (la bomba può aspettare) dove aveva ospitato Soul. I due si ricongiungono, per un attimo, perché lo scopo della fanciulla era di mostrargli uno scheletro gigante, come se l’arrapato Adam avesse voglia di mettersi a fare l’archeologo e non avesse in testa qualcosa di meglio da fare con la sua sfuggente innamorata. Lui attraversa l’Atlantico, rischia di finire in prigione in Iraq e di salare in aria in un attentato e lei gli mostra un mucchio di ossa! Ma si può?
La bomba viene disinnescata all’ultimo secondo e nessuno si fa male, a parte gli abitanti del villaggio di Birwa, eliminati dai militari perché testimoni scomodi di un ritrovamento eccezionale che deve rimanere segreto. E qui si scopre che Sasha lavorava per il governo e poteva permettersi di vivere nel più lussuoso albergo della città. Della serie: anche i sufi mangiano fagioli.
Tuttavia, se fossi un archeologo e mi attribuissero stragi di testimoni scomodi, mi offenderei, ma l’esito sanguinario del fumetto lo accettiamo come si accetta una licenza poetica. Come in tutte le storie, anche qui ci vuole un po’ di sangue, meglio se innocente. Non dimentichiamo che le colonne portanti di questa e di tutte le storie del mondo sono Eros e Tanatos e finora, lo ribadisco, di Eros ne abbiamo visto pochino, solo un paio di bacetti tra i due fidanzati, ma di Tanatos ne abbiamo visto sufficientemente.
Da rilevare anche il passato torbido di Malachia, di cui non ho parlato perché, come si suol dire, questa è un’altra storia. 


Note:

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