Cosa s’intende quando si parla del potere magico delle parole?
Io sono un profano in materia e non ho le competenze di un Paolo Franceschetti, che trova riscontri cabalistico-massonici in nomi come Sarah, Yara e Melania Rea. Però la parola “sagra” mi ricorda sagrato, in italiano, e sagrado, in spagnolo. Ci sarà un nesso? C’entrerà qualcosa il sacro? Cos’hanno di sacro le sagre paesane?
Del resto, sull’altare su cui il sacerdote cattolico dice messa, anticamente si sgozzavano animali da offrire in sacrificio agli Dei. Non vorrei che la parola sagra contenesse qualche reminiscenza di quel genere. Ad organizzare le sagre del maiale sono in genere le Pro Loco, ovvero quelle istituzioni minori e spontanee che rappresentano il fulcro della comunità. Quasi sempre sono collegate con la parrocchia e tra un’abbuffata e l’altra ci scappa sempre qualche messa. Non parliamo, poi, della Spagna, dove le feste paesane con strazio di animali sono fatte in onore del santo patrono locale.
Rimaniamo in Italia. Le Pro Loco rappresentano anche il nucleo duro della tradizione e del conservatorismo ideologico. E quale istituzione meglio della Chiesa Cattolica ha storicamente una struttura ideologica basata sulla tradizione e la conservazione dei cosiddetti valori morali?
Nella mia regione, ma temo anche nelle altre, durante tutto l’anno si fa la festa del maiale, ovvero, per fare una battuta fin troppo scontata, si fa la festa al maiale. Considerato il proverbio inquietante (che cela una velata minaccia): “Per ogni maiale arriva sempre San Martino”, tale genere di sagre si tengono principalmente in novembre e dicembre, perché i maiali una volta venivano macellati dai contadini dopo che per tutta l’estate erano stati rimpinzati. Quella che pubblicizza il maiale “a tutta birra” si terrà a Morsano al Tagliamento il prossimo fine settimana. Lo ricavo da volantini che ho fatto sparire come mi capita tutte le volte che riesco a metterci le mani sopra. Idem con le locandine affisse in giro per il mio paese: non me ne lascio scappare una! Le stacco dal muro o dalla vetrina anche in pieno giorno, sotto gli occhi dei passanti e finora nessuno ha protestato.
Siccome le tradizioni sono dure a morire, soprattutto quando c’è gente che ci mette anima e cuore per farle sopravvivere, senza andar troppo per il sottile, cioè senza porsi problemi di tipo etico, assistiamo a una trasmissione da padre in figlio di comportamenti controversi ritenuti corretti dagli interessati. Cioè, il cacciatore porta il figlio minorenne a caccia e il pescatore porta il suo a pesca, nello stesso modo in cui nel medioevo i fanciulli andavano a bottega dall’artigiano, meglio se genitore o parente, affinché l’attività non andasse perduta. Ci sono norcini che, orgogliosi della loro professione, portano i figli ad assistere alla macellazione. E magari i ragazzi, se non svengono, si divertono pure!
Quando non ci sono figli da traumatizzare, norcini e assassini similari si rivolgono alle scuole, trovando a volte consenso presso i capi d’istituto. Così, mi capita di trovare locandine che reclamizzano feste di popolo con partecipazione di scolaresche e con l’immancabile maiale da lavorare, come fosse un pezzo di marmo o di legno da scolpire. I quotidiani locali ci mettono del suo esaltando le gloriose gesta di quella razza in via d’estinzione che pratica la nobile arte della norcineria.
Quando qualche anima pia protesta dicendo che l’uccisione di animali non è spettacolo educativo per l’infanzia, la puntuale risposta degli organizzatori è che sul luogo dove lavorerà il norcino, sotto gli occhi dei bambini, il maiale arriverà già morto. A Tonco, in provincia di Asti, quando protestavamo per la sagra del “pitu” (tacchino), ci risposero qualcosa di simile: “Non preoccupatevi, il tacchino lo appendiamo alla corda già morto!” [1].
E con questo piccolo sotterfugio, gli organizzatori di sagre paesane pensano di cavarsela. Ché tanto siamo il paese dell’ipocrisia e nascondere la parte più cruda dell’evento alla vista dei bimbi è cosa preferibile. Lo riconoscono loro stessi.
Però la sagra non si tocca!
Da che mondo è mondo si sono sempre macellati e mangiati animali: che cosa vogliono questi animalisti?!? Noi non diciamo loro cosa mangiare e loro non devono permettersi di dire a noi cosa mettere nello stomaco. Così rispondono, risentiti, organizzatori di sagre e corse con uso di quadrupedi. In fondo, far correre gli asini o le oche o i maialini come succede a Bassiano in provincia di Latina [2], è solo un pretesto per divertirsi un po’, dopo il duro lavoro dei campi e delle fabbriche. Che vadano a preoccuparsi delle morti nei cantieri, questi animalisti, invece di venire a rompere le scatole a noi!
Noi siamo gente onesta che paga le tasse (i cacciatori pagano una licenza di caccia così esorbitante che nemmeno OO7….) e vogliamo solo passare una serata in allegria, bevendo qualche bicchiere di buon vino con gli amici. E le nostre donne vogliono solo ballare un po’ di ballo liscio sul tavolato. Guardate le vostre donne, piuttosto, piene di tatuaggi e orecchini sulle labbra e sul naso, drogati che non siete altro! - dice il bravo operaio o l’onesto contadino, dopo otto ore di duro lavoro nei campi e nella fabbrica.
Io, vi confesso, faccio tutti gli sforzi che posso per mettermi nei panni di contadini, operai e gente del popolo, desiderosa di divertirsi, ma proprio non ci riesco. Continuo a immedesimarmi di più nei maiali macellati e negli asini fatti correre contro natura. Non so che farci! Forse dovrei farmi curare….qualche psicofarmaco….che so….una pillolina rossa, magari!
A volte provo a parlare con operai e contadini e cerco di spiegar loro che è profondamente ingiusto uccidere. Che se viene concessa una deroga, come hanno fatto, nei secoli, le nostre guide religiose, all’uccisione di animali, apriamo una falla alla diga della Compassione per gli esseri viventi, una crepa da cui prima o poi scaturirà una valanga di male e violenza per noi stessi, noi esseri umani che pensiamo di fare i furbi e d’imporre il rispetto per la vita a seconda del genere di vita che abbiamo davanti. Che furbi!
Il classico boomerang che ci si ritorce contro: ve lo dice uno che non crede al karma ma, semmai, alla Nemesi. Non c’è bisogno di istituzionalizzare il karma, facendo appello a idee induiste, per accorgersi che la carne animale, soprattutto quella cotta e bruciata alla griglia contiene tossine che generano il cancro. Per non parlare di colesterolo, obesità, infarti e ictus.
L’ostinazione con cui i frequentatori di sagre s’ingozzano di veleni, nonostante perfino Veronesi glielo sconsigli in tivù, ha qualcosa di fenomenale. Me lo spiego solo con un meticoloso lavaggio del cervello, una propaganda capillare, un ottundimento delle capacità cognitive, oltre che di quelle inerenti la coscienza morale, oppure un preciso atto di devozione verso il Dio Ventre.
Ecco, se le sagre hanno qualcosa di sacro è proprio la venerazione che i suoi adepti crapuloni e sbevazzoni dimostrano per la divinità laica e pagana più antica che esista: lo stomaco. Con tutta la sua piccola corte di papille gustative. I francesi chiamano la bocca sale à manger. Io la definisco il pronao [3] del tempio interno a ciascuno di noi. Tutti lo abbiamo. E’ una sacca deputata allo scioglimento di sostanze nutritive tramite spruzzate di succhi gastrici. Abbiamo dovuto combattere con lui, questo Dio geloso e flatulento, per parecchi millenni, ma ora che, bene o male, come società, abbiamo raggiunto un certo grado di benessere, ci sono molti di noi che vanno avanti per forza d’inerzia, ovvero non si sono fermati e rispondono ancora, come i nostri antenati ominidi, all’imperativo di ingurgitare, ingurgitare, ingurgitare.
Se in tivù sentono la pubblicità del pollo AIA, di sicuro andrà a comprarlo la massaia. Se sentono quella del prosciutto cotto, tralasceranno pasta, pane e risotto. Se sentono quella della mortadella, s’ingozzeranno pure di quella. “Tanta gente non lo sa, e dunque non se ne cruccia, la vita la butta via e mangia solo la buccia”.
Ques’ultima frase, virgolettata, è del collega Gianni Rodari [4]. Che saluto, se mi sente.
Se l’umanità è destinata ad evolversi spiritualmente, le sacre sagre paesane saranno un ricordo (vergognoso) dei tempi che furono, come noi oggi ci vergogniamo del nostro passato di cannibali.
Note:
Non si può perdere l'occasione ci commentare una bellissima nota di costume come questa che tenta di sovvertire l'ordine prestabilito delle cose, i luoghi comuni, le abitudini radicate nel cervello senza alcun motivo. Quello delle sagre assassine e della generica perfidia dell'uomo verso gli animali è solo una delle tante stupidità che caratterizzano gli umani grazie a parole vuote ed insignificanti come la "tradizione" ed i ricordi. L'uomo è sostanzialmente un robot poichè "apprende" la vita dai suoi simili, dai parenti, dal parroco, dal maestro, dal politico, dalla tv e, sempre più spesso, dagli educatori istituzionali. Incapace di riflettere in autonomia sulla solitudine e sull'amore, l'uomo apprende "esclusivamente "dal mondo che gli sta intorno ripetendo, pedissequamente, ciò che vede fare. L'equazione è sempre la stessa. Se lo fanno gli altri e se lo fa la maggioranza ... allora è cosa buona e giusta!
RispondiEliminaL'involuzione ha raggiunto il suo acme per l'incapacità di imparare da se stessi. Allora ci sono le sagre, il maiale, il natale consumistico, i regali senza senso, le vacanze, la scuola, il lavoro, il parroco, i figli, la famiglia. Quando incontro mia madre la domenica, devo ancora sorbirmi il riassunto della predica, delle sante parole del vangelo. Poi, a pranzo, un bel ragù di carne. E così sia.
Nei secoli dei secoli. Amen.
Ottimo intervento, Gianni! Grazie. Noto molte similitudini tra il tuo stile e il mio. L'educazione che si tramanda di generazione in generazione, mediante l'apprendimento di quello che fanno i vecchi (andare a caccia, a messa, alla sagra di paese e tanti altri comportamenti accettati), ha un nome: epigenetica. Forse è ancora più preponderante della genetica vera e propria perché ci fa essere quello che siamo in virtù delle mode e della mentalità dei nostri predecessori.
RispondiEliminaI cambiamenti sono esasperatamente lenti e la cattiveria diffusa verso gli animali non cambia mai, anche se noi minoranza speriamo sempre che succeda.
La società così com'è, con tua madre che va a messa, la mia che la guarda in televisione, la gente che va a votare e i politici che prendono in giro tutti, si può chiamare anche in un altro modo: pillola rossa.
La pillola dell'inganno e dell'illusione di Matrix. Splendido film!
Ciao. Alla prossima.