giovedì 19 settembre 2019

La morte si sconta vivendo


E’ stato definito uno dei più grandi scrittori del Novecento. Eppure, pochi lo conoscono, se non forse per il suo capolavoro “Viaggio al termine della notte”. Io ho da poco finito di leggere “Morte a credito”, che dovrebbe essere l’antefatto del primo o, come si dice in linguaggio cinematografico, il “prequel”. Ho voluto conoscere meglio Ferdinand Céline per capire da dove nasca il suo antisemitismo, ma in “Morte a credito” non ve n’è traccia perché si tratta della sua autobiografia, da quando era bambino fino ad adolescente. Non è stata una vita facile, la sua. Non esistendo l’idea che il lavoro minorile fosse esecrabile, i suoi genitori lo avviarono fin da piccolo alla carriera del commerciante. Con scarsissimi risultati. Gli unici adulti che furono punti di riferimento positivi, per lui, furono la nonna e uno zio, ma con suo padre entrò precocemente in conflitto, arrivando fino alle botte. La madre cercava di difenderlo come poteva, ma la mancanza di incoraggiamento, per usare un eufemismo, da parte paterna, fu totale e si capisce perché il giovane Ferdinand imparasse a provare rancore verso il genitore. Un padre così, incapace di vedere i lati positivi del figlio, è meglio perderlo che trovarlo. “Mai ‘na gioia!” avrebbe potuto dire Ferdinand riferendosi a suo padre. 


La madre, venditrice di merletti e ricami, si dava molto da fare per rimpinguare lo scarso stipendio del marito impiegato. Anche il ragazzino per un po’ si diede d’attorno per vendere merletti, ma ebbe più successo come garzone in un’azienda, benché fosse circondato da adulti meschini e unicamente interessati alla pecunia. Non poteva durare da nessuna parte e veniva licenziato in breve tempo. Così fu spedito in Gran Bretagna, per imparare l’Inglese. Anche in questo caso, i genitori, nelle lettere che gli spedivano, gli rinfacciavano i sacrifici che stavano facendo per lui. Insomma, l’autostima del ragazzo veniva vieppiù ricacciata in basso. Calpestata e soppressa. Roba da diventare autistici! Per fortuna, c’era lo zio che costituiva un’oasi dove trovare rifugio, quando i rapporti con i genitori si facevano insopportabili. Benché preadolescente, in Gran Bretagna ebbe le prime esperienze sessuali. Ma anche l’esperienza del collegio ebbe termine. Memorabile la descrizione del putiferio scatenatosi sul traghetto, nella Manica in burrasca, quando i passeggeri cominciarono a menare le mani a causa di una persona che aveva vomitato addosso ad un’altra. Si picchiavano e vomitavano, perdendo l’equilibrio e rotolando da un capo all’altro della nave. Ma questa non è l’unica scenetta surreale.

Altre se ne possono leggere quando Ferdinand fu assunto come aiutante da un certo Courtial, un personaggio stravagante, sedicente inventore, che faceva voli in pallone e aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse con i preparativi. Agli inizi del Novecento, il volo aerostatico prometteva di diventare un mezzo diffuso per gli spostamenti, ma fu soppiantato dallo sviluppo contemporaneo degli aeroplani. Anche la moglie di Courtial fu un personaggio importante per il ragazzo. Anzi, si può dire che quella strana coppia di aeronauti fece le veci dei suoi genitori naturali e furono da lui molto più apprezzati perché lo rispettavano, con tutti i suoi pregi e i difetti. Del resto, anche il padre putativo non era esente da difetti, a cominciare dal vizio delle scommesse ippiche e dalla fanfaronaggine. Fu inseguito a lungo dai creditori e spesso Ferdinand dovette fungere da filtro, proteggendolo.

Un giorno, quando il ragazzo fece ritorno a casa per vedere come stavano i suoi vecchi, venne alle mani con il padre e quella fu la volta in cui capì che non c’era più speranza. Ritornò da Courtial, che nel frattempo, soprattutto per sfuggire agli inventori truffati che gli avevano dato soldi e brevetti, aveva deciso di trasferirsi in campagna, con la moglie e il ragazzo, invaghito o, meglio, invasato, dell’idea di produrre ortaggi di dimensioni maggiori, grazie alla stimolazione del terreno con cavi di rame elettrificati. Erano gli anni in cui andava di moda il mesmerismo. Superata la fase della curiosità, quando tutti i contadini della zona si interessarono di quegli esperimenti, ben presto ci si accorse che le patate erano piene di vermi, tendevano a marcire e puzzavano. Fu la moglie ad aprire gli occhi per prima, metre il marito non voleva ammettere ufficialmente il fallimento. 


I ragazzi che erano stati fatti venire a vivere in quella specie di comune agricola, dietro il pagamento di una retta da parte dei loro genitori, ben presto rivelarono la loro natura istintiva e la “razza nuova” che Courtial voleva educare fu l’ennesimo fallimento. Anche come educatore, l’uomo si dimostrò un inetto. Con i raccolti da buttare, con le finanze che scemavano anche perché i genitori degli allievi dopo le prime rette si erano disinteressati dei loro figli, si cominciò a fare la fame. Quando Courtial riusciva a racimolare qualche soldo, andava subito a spenderlo puntando sui cavalli. E Ferdinand lo accompagnava. Tuttavia, sebbene la situazione non fosse rosea, i bimbi si dimostrarono una risorsa, perché cominciarono a portare a casa merce rubata nei dintorni, soprattutto cibarie. Il che rappresentò un insperato modo per tirare avanti. Di modo che, tra i furtarelli notturni da parte degli scolari e la diceria che gli “stranieri” stavano diffondendo un morbo elettrico che avrebbe contaminato l’intero distretto, i rapporti tra la “comune agricola” e il resto del contado si guastarono irreparabilmente. Arrivò l’epilogo fatale, con Ferdinand adolescente che fu testimone di un evento tragico. Un altro al posto suo sarebbe rimasto scioccato tutta la vita. E invece, Ferdinand, benché non ancora adulto, fu quello che seppe gestire al meglio la disgrazia.

Courtial, una mattina che era ancora scuro, andò in cucina, bevve tutto il caffè rimasto e uscì. Quando nel cielo ci fu luce sufficiente, Ferdinand uscì anche lui, nel freddo di febbraio e su un palo della staccionata trovò una scritta a carboncino. Riconobbe la calligrafia. C’era scritto “Buona fortuna! Buona fortuna!”. Chiamò la Marescialla – così Ferdinand chiamava la moglie dello pseudo inventore – ma nessuno dei due capì cosa l’uomo avesse voluto dire. Svegliarono i bambini e tutti si misero a cercare il capofamiglia. Di lì a poco, giunse trafelato il postino, recando la ferale notizia. La donna fu presa da una smania pazzesca e si mise a correre come un’indemoniata. Ferdinand, corse dietro di lei, ma non riusciva a starle dietro. Raggiuntala, a fatica, la indirizzò su un altro sentiero, perché voleva essere il primo ad arrivare sul posto indicato dal postino. Fu così che trovò Courtial, il suo amato stravagante irresponsabile padre adottivo, disteso a terra nel rigor mortis, sul ponticello reso scivoloso dal ghiaccio. Il fucile, che l’uomo aveva portato con sé uscendo, era ancora incastrato in quella che un tempo era la bocca. Gli occhi erano schizzati via. Le orecchie erano incollate al fondo ghiacciato del ponte. La faccia non c’era più.

Chiesero ad alcuni contadini che abitavano poco distante, e che avevano sentito lo sparo, di dar loro in prestito un carretto, onde portare il cadavere a casa. Dopo molte insistenze, e con riluttanza trattandosi di un suicida, il carretto fu loro dato, alla condizione che avrebbero dovuto restituirlo ben lavato con la varechina. Con molta fatica, issarono il corpo di Courtial sul carretto e lo portarono al cascinale. I bambini furono rinchiusi in camera affinché non vedessero. Poi arrivarono i gendarmi, avvisati dal postino. Arrivò anche il magistrato in persona, che alla fine diede ordine di togliere le manette alla donna e al ragazzo, inizialmente sospettati di omicidio. La scena della disperazione della donna è una di quelle memorabili. Sembrava una prefica da quante urla e lamenti emise quella povera donna, con la differenza che il suo dolore era sincero. Un dolore misto a rabbia per aver dato i migliori anni della sua vita a un uomo spendaccione, visionario, inconcludente e incapace di produrre alcunché di buono.


Finalmente arrivò l’ambulanza, per portarsi via il corpo o quello che ne rimaneva. Vennero due donne di un pio istituto a prendersi i bimbi che non erano stati portati via, nei giorni precedenti, dai gendarmi, per i furti commessi nel circondario. Il giudice non diede alcuna disposizione circa la donna e il ragazzo essendo evidente che si era trattato di suicidio. L’unico “reato” che avevano commesso fu quello di aver spostato il cadavere, ma lo avevano fatto a fin di bene e senza pensare alle conseguenze. Ferdinand prese il treno per Parigi, la sua madre adottiva, in direzione opposta. I biglietti fu possibile pagarli grazie a un piccolo gruzzolo che la donna aveva nascosto in una rientranza del camino e di cui solo lei era a conoscenza. Céline non dice se il carretto, poi, fu restituito ai legittimi proprietari e se fosse stato lavato con la candeggina. Il libro termina con il ragazzo che trova rifugio dallo zio, manifestandogli, fra le lacrime, il desiderio di arruolarsi nell’esercito. Negli ultimi due tragici giorni, benché ne avesse tutte le giustificazioni, Ferdinand non aveva versato una lacrima, ma quando si trovò nell’ambiente amichevole della casa dello zio, tornò ad essere quell’anima sensibile che era.

4 commenti:

  1. Tu hai riassunto la tragica infanzia di Céline, ma non dici cosa ti ha colpito delle sue opere, cosa cerchi in lui?

    Ps: titolo sempre all’altezza!

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    1. Il titolo l'ho copiato da Ungaretti.

      Quando Céline era ragazzino, cercava di sopravvivere nella giungla dell'esistenza.

      L'essere diventato antisemita è frutto dell'età adulta, quando ha cominciato ad occuparsi di politica, cercava di pubblicare i suoi libri, ma vedeva che scrittori mediocri gli passavano davanti, avendo tutte le porte aperte, solo perché erano ebrei e le loro opere venivano pubblicate da editori ebrei.

      Penso che tutto sia nato da lì.

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  2. Le do una chicca a lei e ai pochi volenterosi in ascolto digitate"gli ebrei visti da un giornalista inglese Douglas reed " centroorsi in PDF capovolto ma gratis e in italiano l'indolenza a volte mi fa scappare delle primizie colpa di qui

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