Fonte:
Agenzia Habeshia
La
realtà quotidiana nel campo profughi di Shegherab è una lotta continua per la
sopravvivenza: bisogna superare ogni notte senza che i predono vengano a bussare nella tua
capanna. L’ultimo
caso è di pochi giorni fa: quattro giovani eritree rifugiate in Sudan sono
state rapite all’interno del campo profughi di Shegherab. Di loro non si sa più
nulla. Tutto lascia credere che, come centinaia, forse migliaia di altri
ragazzi, siano finite nelle mani dei trafficanti di esseri umani. Di gruppi
criminali i cui interessi e le cui basi operative vanno ormai dai confini
settentrionali dell’Eritrea e dell’Etiopia fino al Sinai, alle soglie della
frontiera con Israele. Proprio
il campo di Shegherab, dal quale sono sparite le quattro ragazze è
diventato una fonte inesauribile di rifornimento per il dilagante “mercato” di
uomini e di donne. Anzi, forse la fonte principale, tanto da poter essere
considerato una emergenza nell’ambito della già enorme, drammatica emergenza
generale dei profughi e dei migranti che, in fuga dal Corno d’Africa, sono
preda sempre più spesso di organizzazioni che sfruttano la loro disperazione,
sequestrandoli e facendone degli schiavi.
Una volta catturati, infatti, il loro
futuro è segnato. Per liberarli i rapitori chiedono un riscatto enorme: negli
ultimi mesi si è arrivati a 35-40 mila dollari, una cifra che equivale a più di
una intera vita di lavoro nei paesi da cui provengono quei giovani, l’Eritrea
soprattutto, ma anche l’Etiopia e la Somalia, dove il reddito medio non arriva
a due dollari al giorno. Per chi non riesce a pagare non c’è scampo. Gli uomini
sono venduti come braccia per il lavoro forzato a privati o ad aziende di pochi
scrupoli. Per le donne va anche peggio: sono destinate a matrimoni forzati o,
molto più spesso, al giro internazionale della prostituzione. Senza contare il
rischio di finire nel mercato clandestino degli organi per i trapianti, offerti
a pazienti di tutto il mondo da parte di cliniche compiacenti o che comunque
non si fanno troppe domande sui “donatori”.
Le responsabilità del regime Sudanese, che dovrebbe garantire la sicurezza nel campo profughi, sono evidenti ma pare che spesso accada il contrario. Ci sono poliziotti corrotti che vendono profughi prima della loro registrazione nel campo da parte degli operatori dell'UNHCR e sono molte le testimonianze di persone che denunciano di essere state ingannate da uomini in divisa della polizia. Invece di accompagnarli nell'ufficio del UNHCR li hanno venduti ai trafficanti, che si aggirano nei dintorni del campo, per individuare la preda facile, da portar via con la forza o con l'inganno, cioè con la promessa di un viaggio facile.
Le responsabilità del regime Sudanese, che dovrebbe garantire la sicurezza nel campo profughi, sono evidenti ma pare che spesso accada il contrario. Ci sono poliziotti corrotti che vendono profughi prima della loro registrazione nel campo da parte degli operatori dell'UNHCR e sono molte le testimonianze di persone che denunciano di essere state ingannate da uomini in divisa della polizia. Invece di accompagnarli nell'ufficio del UNHCR li hanno venduti ai trafficanti, che si aggirano nei dintorni del campo, per individuare la preda facile, da portar via con la forza o con l'inganno, cioè con la promessa di un viaggio facile.
Facciamo
appello alla Comunità Internazionale perché si faccia carico di questa emergenza
umanitaria, 30 mila persone vivono in pericolo senza una sicurezza, senza la
protezione che hanno chiesto all'UNHCR. Bisogna chiudere quel campo, evacuarli
tutti in zone più sicure, dove è fattibile la possibilità di garantire la
protezione internazionale a queste persone. Queste persone si sono affidate
alla Comunità Internazionale, tramite l'Ufficio del UNHCR, è compito quindi della
comunità internazionale di rispettare i suoi obblighi, di garantire la
protezione e difendere queste persone da ogni attacco dei predoni e dei trafficanti
di esseri umani e di organi.
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