martedì 20 settembre 2011

Il gatto abat-jour



Corea del sud batte Stati Uniti uno a zero! Ovvero, come essere più realisti del re. La colonia anticipa la madrepatria, ma siccome non si può far fare brutta figura alla madre patria, ecco che interviene la stampa a rimettere le cose a posto, anche se di mezzo ci sono quattro anni. O forse proprio per quello. Il giornalista Mario Pappagallo (mai nome fu più appropriato) ha fatto affidamento sul fatto che in quattro anni la gente ha bell’e dimenticato (o anch’egli ha bell’e dimenticato) che la Corea del sud già nel 2007 aveva creato i gatti fluorescenti [1]. Ma Pappagallo ci prova lo stesso:


Così, anche se l’università di Gyeongsang ha battuto sul tempo quella di Rochester e il professor Kong Il-Keun è stato più veloce di Eric Poeschla, noi occidentali veniamo a sapere che il primato degli Stati Uniti, su tutti i fronti e in tutte le umane attività, resta inalterato.


Per il resto, al di là di chi è arrivato primo, ci sono forti analogie tra le due ricerche, quasi come se gli scienziati di tutto il mondo obbedissero a stereotipi comuni. Il primo dei quali, e il più macroscopico, è che essi lavorano per il bene dell’umanità. Verrebbe da pensare al detto “Excusatio non petita, accusatio manifesta”. C’è bisogno di ribadirlo ogni momento? Forse che hanno la coda di paglia e si sentono circondati dall’ostilità dei miscredenti? Il loro ruolo di sacerdoti della nuova religione è saldo o vacillante?
Le persone accorte sanno che non bisogna fidarsi di chi dice che lavora per il bene dell’umanità, ma l’esercito di pecore umane manipolate, asservite alle logiche di BigPharma, è così vasto e incalcolabile, che gli scienziati, delle colonie o della madre patria, possono dormire sonni tranquilli. Nessuno li spodesterà.
Per la precisione, quando dicono di agire per il bene dell’umanità, intendono l’umanità sofferente. Anzi, solo una piccola parte di umanità sofferente, quella colpita dalle malattie che loro stessi hanno fabbricato e messo in circolazione. Però la gente non lo deve sapere. Anzi, ancora meglio, quando parlano di umanità sofferente, colpita da malattie da loro stessi indotte, si riferiscono a una parte ancora più ristretta di umanità: loro stessi e i loro conti in banca. Ecco la casta privilegiata. Ecco i beneficiari ultimi e soli dei loro esperimenti, per i quali hanno avuto enormi contributi di denaro pubblico. Alla gente si dirà quello che si vuole, come fa il bravo Mario Pappagallo. Alla gente si racconterà la storia dell’orso, ché tanto la bevono come i bambini bevono lo sciroppo.
Non si è mai visto che il vero uomo sofferente abbia ciò che gli serve, come non si sono mai visti gli aiuti al Terzo Mondo arrivare a chi ne ha veramente bisogno. Se la cantano e se la suonano. Creano il problema e poi offrono la soluzione. Bombardano (e ammazzano) e poi ricostruiscono. Spargono scie chimiche per fare venire alluvioni e poi elargiscono denaro pubblico per riparare i danni, naturalmente alle ditte che sono di loro proprietà. O ai loro clienti.
Tutto ciò viene abilmente camuffato e tenuto nascosto, tanto che a chi solo intravede i reali meccanismi di come funzionano le cose, viene il sospetto che ci sia veramente una Matrix a confondere le idee alla gente, di tanto perfetto è il mimetismo adottato dai padroni del mondo. La cui regola è, da sempre: Commettere crimini e gettare fumo negli occhi alla gente.
Prima dei gatti fluorescenti, che per il dottor Poeschla servirebbero negli studi sull’AIDS, ci sono state piante e maiali fosforescenti, ma a chi volete che interessi sapere dei maiali fosforescenti? Meglio i micini! E l’altra analogia tra scienziati occidentali e asiatici, dopo quella di agire per il bene dell’umanità, è che i loro studi non servono direttamente per curare una certa malattia, ma per facilitare gli studi che altri, eventualmente, potrebbero intraprendere per sconfiggere quella data malattia. Così, si lascia la strada aperta per ulteriori studi, ovvero per ulteriori finanziamenti, giacché anche gli scienziati più integerrimi…..tengono famiglia. In tal modo, come in una telenovela d’infima categoria, la ricerca non avrà mai fine e i finanziamenti non mancheranno mai. Che è la cosa più importante. La scienza come un’enorme, planetaria, immane Salerno-Reggio Calabria.
E io pago!
Chissà se Striscia la Notizia se ne occuperà mai o se continuerà a correre dietro ai maghi e alle fattucchiere, come i carabinieri corrono dietro ai ragazzini con gli spinelli? Striscia la Notizia collusa con BigPharma? Presto, avvisate Corrado Penna! Che qui c’è un depistatore mediatico, tutte le sere su Canale Cinque! Striscia non denuncia la truffa miliardaria della ricerca vivisettoria, come gli animalisti non denunciano le scie chimiche! Ah, in che mondo viviamo!
Scherzi a parte, Striscia la Notizia fa esattamente questo: distoglie l’attenzione dai veri criminali. Ciò che fa anche Mario Pappagallo e una schiera di altri giornalisti, pagati per quello, non per altro. Ce ne fosse uno che timidamente facesse notare che gli esperimenti da laboratorio sono la prosecuzione di quelli da stalla. Che far nascere gatti fluorescenti è in linea con il far nascere mucche più lattifere delle altre. Che tormentare topolini e conigli in un asettico laboratorio è la stessa cosa che abbattere mucche e maiali in un lurido mattatoio.
Ci fosse un giornalista, che è uno, a far notare che alla base di tutte queste prevaricazioni c’è il becero antropocentrismo che si manifesta nella pratica quotidiana attraverso lo specismo, con la differenza che la carne venduta in macelleria si dà per scontato che debba servire a qualcosa, ma i gatti fluorescenti devono trovare ancora la loro collocazione, la loro ragion d’essere. Giacché di carne l’umanità si ciba da millenni, ma di gatti fosforescenti e di AIDS se ne sente parlare da pochi anni. E dunque siamo ancora in fase di elaborazione teorica, di costruzione dell’immaginario. E’ per questo che si sguinzagliano sui media i lacché della propaganda: veri professionisti della manipolazione mentale.
Dove sono finiti quei ricercatori indipendenti (fino a un certo punto) che si facevano venire degli scrupoli? Di loro si sarebbe perso anche il ricordo se La Nuova Ecologia del giugno 1987 non ne avesse parlato. Di Janet Mertz, per esempio, non ne avremmo mai saputo niente. Fu lei che nel 1971, avanzata la richiesta di un progetto di ricerca e discutendone con alcuni colleghi, decise di ritirare la sua proposta perché si rese conto che i risultati avrebbero comportato rischi. Fu grazie a lei che si accese un vivace dibattito in seno alla comunità scientifica di Stanford e che portò, nel 1974, alla moratoria di Asilomar, in cui 150 scienziati chiedevano la sospensione delle ricerche sulle manipolazioni genetiche. Richiesta che cadde ben presto nel vuoto, poiché a molti altri scienziati, visto il potenziale ritorno economico, interessava di più la scienza applicata che non la ricerca pura.
Tanto è vero che nel 1982 già si otteneva il primo topo gigante, a cui erano stati iniettati gli ormoni della crescita, e nel 1985 il primo maiale transgenico. Ma fu il 1988 l’anno dell’exploit, l’anno in cui si ottenne il primo mais geneticamente modificato, la prima capra con latte contenente una proteina umana e il primo “oncotopo”, ovvero un ratto che nasceva già malato di cancro e che poteva trasmettere la malattia ai discendenti.
Apoteosi dell’antropocentrismo!
Topi già pronti per gli studi sui tumori, ovvero su quella gallina dalle uova d’oro che rende ricche le multinazionali del farmaco, insieme allo stuolo dei loro galoppini in camice bianco, e rende ammalati e morti noi, cavie ultime e definitive. Dato che, per ammissione stessa dei ricercatori, le cavie animali sono solo una fase di passaggio e la vera sperimentazione si fa sull’uomo. Ormai, non hanno più neanche il pudore di nascondere una mostruosità simile! Una volta ci ricattavano dicendo: “Se non volete che sperimentiamo sugli animali, vorreste che sperimentassimo sui vostri figli?”. Oggi, vista la fallacia del modello animale, lo dicono chiaramente che le vere cavie siamo noi. Tanto si sono accorti che, ipnotizzati come siamo, non avremo alcuna reazione di protesta o ribellione: loro possono fare ciò che vogliono! E la cosa ricorda molto i signorotti feudali che si portavano a letto le fanciulle nel primo giorno di nozze (jus primae noctis). Quale villico oserà ribellarsi? Quale paziente oserà mettere in discussione le parole del medico?
Le ricerche andarono avanti a ritmo frenetico, giacché c’era da fare i miliardi, sia nel campo dell’agricoltura (Monsanto in testa), sia in quello delle cure mediche (Novartis in testa) e nel 1996 si ottenne una patata resistente alla dorifora, cosa che non interessò a nessuno, mentre nel 1997 si ebbe la nascita, in Scozia, della pecora Dolly, cosa che ebbe la sua ribalta mediatica.
Tuttavia, il percorso della ricerca sugli organismi geneticamente modificati non fu liscio e piano. Per una qualche misteriosa ragione, il pubblico che tutto beve e digerisce, cominciava a dare segni di disagio, specie fra gli ecologisti e i cattolici. C’erano di mezzo evidenti implicazioni etiche riguardanti la supremazia dell’uomo, mica altro! Guai a toccare il coronamento della creazione divina! E fu così che se si sviluppò un acceso dibattito negli ambienti dei Verdi, si ebbero anche le prime azioni dirette da parte degli agricoltori. Alcuni studiosi si dichiararono decisamente contro. Oltre a Jeremy Rifkin [2], che si schierò sulla linea della moratoria, anche Arnaud Apoteker, nel suo “L’invasione del pesce-fragola” [3], edito nel 2000 da Editori Riuniti, a pagina 36, scrive per esempio: “Quanti geni umani dovranno essere inseriti prima che il maiale, o qualsiasi altro animale, sia da ritenersi umanizzato e il suo consumo debba essere considerato cannibalismo?”.
Forse, avendo perso il contatto con la realtà e sempre alla ricerca di una giustificazione che possa piacere all’opinione pubblica, alcuni ricercatori avevano annunciato che i maiali transgenici potevano essere usati come deposito vivente di organi da trapiantare negli esseri umani. Al che, di fronte a tale annuncio, alcuni avevano reagito con la solita comoda scusa: “Tanto sono solo animali”, ma altri, dotati evidentemente di maggiore immaginazione, si erano posti la domanda se per caso gli scienziati si sarebbero fermati ai maiali o se avessero provato a fare la stessa cosa con le scimmie. E magari anche con gli esseri umani. V’immaginate un umano di serie B, una specie di Golem scimmiesco predestinato a fornire organi per i trapianti? Il Papa cosa ne pensa? E’ chiaro che la cosa puzza di zolfo, non lo sentite? L’uomo che, come al solito, si mette al posto di Dio. Che blasfemia!
Così, mentre l’otto gennaio del 1998 centocinquanta contadini entravano senza autorizzazione in un magazzino della società svizzera Novartis, nel sud della Francia, e mescolavano mais normale a mais OGM, innaffiando il tutto, così da rendere quello transgenico indistinguibile e inutilizzabile, nessun ecologista o animalista, a parte il sottoscritto, è mai entrato nei laboratori dove si facevano esperimenti sulle cavie. E questo perché del cibo e di come viene prodotto interessa a tutti, ma del destino delle cavie che - non dimentichiamolo – sono solo animali, non interessa a nessuno.
O forse solo a pochi. Troppo pochi per raggiungere la massa critica. Meta ambita ma ostacolata da una massa di critici per partito preso, d’ignoranza abissale e di mancanza di compassione altrettanto profonda. Critici che non mancano nemmeno sui siti di controinformazione, anzi, che su di essi vi si precipitano come mosche transgeniche sul miele manipolato. Critici che sono i migliori alleati – truppe appiedate, fanteria d’assalto – dei criminali in camice bianco all’opera nei laboratori. Che possono lavorare indisturbati per il bene dell’umanità. E per l’estinzione della specie umana. 


Note:

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