“L’esistenza di un presunto nemico, l’odio contro gli infedeli, contro gli stranieri, è sempre stata considerata una necessità da chi detiene il potere e se ne serve a proprio vantaggio. Quella del nemico è una paura salutare per chi comanda. Finché la gente crede di essere minacciata da un nemico esterno, non si accorge di essere sfruttata da chi la protegge”
Carlo Cassola – “Davanti a una torre normanna”
Tiziano Terzani, sotto la protezione di un imam, visitò un centro d’addestramento di miliziani musulmani e, sebbene per l’Islam l’ospite sia sacro e inviolabile, passando vicino ai giovani apprendisti guerriglieri, più di qualcuno gli bisbigliò, tra i denti, in inglese: “Vi ammazzeremo tutti quanti, sporchi cristiani!”.
Ora, a meno che non si sia trattato di un centro d’addestramento della CIA, ma ne dubito, si deve ammettere che una parte forse infinitesimale di musulmani odia cordialmente tutto ciò che sa di Occidente e che abbia la pelle bianca.
Nel film sulla banda Baader Meinhof [1], ci sono giovani tedeschi appartenenti alla R.A.F., che vanno ad addestrarsi all’uso delle armi in medio oriente. Ora, a meno che i gruppi terroristici come la R.A.F. e le Brigate Rosse non siano stati creati e gestiti dalla CIA, si deve ammettere che una parte forse infinitesimale di musulmani odia cordialmente tutto ciò che sa di Occidente e che abbia la pelle bianca, tranne ovviamente quei pochi terroristi che combattono gli Stati nazionali e che sono affratellati con i guerriglieri musulmani dallo stesso odio per il capitalismo e l’imperialismo americano.
L’odio come collante internazionale.
Un odio che ha radici antiche e che io faccio partire, perché di documenti anteriori non ne ho, dal 1954.
E’ del 1954, infatti, il libro “America con gli stivali”, di Giuseppe Prezzolini, edito da Vallecchi, da cui traggo le seguenti citazioni: “Bisogna capire che una posizione di paese ricco in confronto di paesi poveri, di stato borghese in confronto di stati proletari, finisce per generare l’invidia e l’antipatia e l’odio. Con meraviglia gli americani registrano ogni tanto le manifestazioni di odio di altri paesi e di altre popolazioni. Non capiscono”.
E ancora: “La classe dirigente americana, quando popolazioni dell’Asia e dell’Europa e dell’Africa si rivoltano e si uniscono in leghe che tendono a distruggere la superiorità economica degli Stati Uniti, siccome è pacifica di cuore e di educazione, si guarda dattorno e si domanda che cosa ha fatto di male. Non avete fatto nulla di male, cari miei, se non emergere, ed emergere significa essere odiati. Non c’è uomo o classe o paese che emerga il quale non sia odiato. E bisogna allora che si difenda, oppure che si lasci sommergere”.
Io ci vedo una certa ingenuità nell’autore di queste note, soprattutto dove afferma che la classe dirigente americana è pacifica di cuore, e non tanto perché Prezzolini fosse ingenuo, quanto perché ingenui erano i tempi, i tempi di Happy Days, i mitici anni Cinquanta, della ricostruzione postbellica e del boom economico.
Posto che magari la classe dirigente dell’epoca fosse stata realmente pacifica di cuore e che i Dick Cheney e i Donald Rumsfeld portassero ancora i calzoni corti, forse nelle parole di Prezzolini si può trovare una spiegazione psicologica dell’odio della nostrana Sinistra verso Berlusconi, dal momento che, secondo l’autore, non c’è uomo che emerga che non sia odiato. E Berlusconi, magari con l’aiuto di Craxi, per essere emerso è emerso.
Tuttavia, ciò che mi preme sottolineare è che come i sionisti hanno strumentalizzato l’Olocausto, facendolo rendere, per spillare denaro alla Germania e per crearsi un alibi al genocidio del tempo presente in Palestina, così a qualche alto funzionario americano, magari consigliere di qualche presidente dell’epoca, venne l’idea che l’odio dei paesi del mondo verso i ricchi americani potesse essere strumentalizzato portandolo alle estreme conseguenze. Se questa ipotesi è corretta, la nascita di Al Qaeda, ramo arabo della CIA, e l’attribuzione ad essa di attentati contro l’America in particolare e i cosiddetti paesi liberi in generale, ha una sua logica e una correlazione diretta. Ovvero, non ha soluzione di continuità e un filo rosso unisce gli anni dell’ingenuità americana con quelli posteriori all’undici settembre 2001.
Se la strumentalizzazione dell’Olocausto ha portato potere e denaro allo Stato d’Israele, la strumentalizzazione dell’odio diffuso verso gli yankee ha portato potere e denaro al governo degli USA, fornendogli un pretesto per attuare guerre preventive e di conquista, camuffate da interventi umanitari. Se veramente l’America degli anni Cinquanta era ancora un paese decente e rispettabile, nel giro di pochi anni, con l’uccisione di Kennedy, ha compiuto una diabolica trasformazione, perdendo la verginità e cominciando ad assumere le sembianze del regno del Male.
Ciò è stato determinato dal fatto che nel governo della cosa pubblica hanno prevalso le logiche militari rispetto a quelle civili, ovvero vi è stata un’infiltrazione silenziosa di cervelli militarmente educati che ha soppiantato ogni onesta inclinazione della classe politica, se mai ve ne sia stata una.
Gli attentati sotto falsa bandiera hanno radici antiche. In epoca moderna non c’è conflitto armato che non sia stato fatto conflagrare grazie a un casus belli, tecnica che già gli antichi strateghi romani conoscevano, ma che se si va a indagare nella storia delle guerre, non è escluso che venisse praticato anche dagli eserciti delle dinastie cinesi o di altre antiche popolazioni.
Come è già stato spiegato da Mazzucco e da altri ricercatori, per legge gli USA non possono dichiarare guerra per primi, ma possono solo rispondere in caso d’attacco. Questa clausola ostacola i magnati delle armi e della ricostruzione edilizia, che in genere sono le stesse persone. Per ovviare a tale inconveniente, a meno di fare un colpo di stato, tali ristrette élites hanno pensato bene di inscenare un attacco all’America da parte di una fantomatica organizzazione araba da essi stessi creata, sulla base dell’effettivo odio che migliaia di persone del Terzo Mondo hanno nei confronti degli americani, come Prezzolini se n’era accorto e come anch’io ebbi modo di sperimentare nel 1993.
Mi trovavo infatti per una vacanza in Perù. A Cuzco, per la precisione. Passeggiando per strada, di giorno, in una zona poco frequentata dagli stranieri, un giovane barbuto si affacciò sull’uscio di una casa e, guardandomi con cattiveria, mi disse le fatali parole: “Yankee, go home!”.
Ci rimasi male e, se non si fosse subito ritirato, gli avrei mostrato il passaporto spiegandogli che sono italiano, che la mia nazione dopo il 1945 era tappezzata dai manifesti con la falce e il martello (cosa che scandalizzava moltissimo i nostri liberatori) e che per molti decenni abbiamo avuto il più grande partito comunista d’Europa, fino almeno alla caduta del muro di Berlino e fino a quando gli Illuminati non hanno deciso di far morire il comunismo, così come avevano deciso di farlo nascere.
Tutto questo, ed altro, avrei voluto spiegargli. Gli avrei parlato magari anche della mia frequentazione di pochi anni prima del Collettivo Casa Rossa, insieme alla mia collaborazione con Radio Talpa, una delle radio libere sorte come funghi alla fine degli anni Settanta. Lui si dileguò e io feci altrettanto, ma imparai la lezione che il colore della pelle e l’abbigliamento sono come una carta d’identità visibile a tutti, oltre a un faro per i malintenzionati e, quando siamo all’estero, ci dobbiamo tenere l’etnia in cui siamo nati, con tutti i pregiudizi, il razzismo e gl’inconvenienti che ciò comporta.
I sudamericani, inutile dirlo, hanno le loro buone ragioni per trovare antipatici gli yankee. E ciò che accadde l’undici settembre del 2001 non può far altro che peggiorare l’immagine degli americani nel mondo. Infatti, com’è ormai notorio, alti settori del governo USA allestirono un finto attacco da parte dell’organizzazione da essi istituita, chiamata con un nome arabeggiante, e cominciarono la sceneggiata delle lamentele e del vittimismo, subito trasformato in rabbia e nella decisione di vendicarsi.
Peccato che si siano vendicati su uno scalzacani come Saddam Hussein, la cui unica colpa era quella d’essere padrone di immensi giacimenti petroliferi. Peccato che se la siano presa con un orgoglioso popolo di pecorai con l’orologio della storia fermo al medioevo, utilizzato fino a poco prima in funzione antirussa, la cui unica colpa era quella di coltivare immense piantagioni di oppio, oltre a trovarsi sul percorso di un oleodotto necessario agli imprenditori americani.
Trovata la collaborazione entusiasta dei sionisti, che se possono dare addosso agli arabi lo fanno anche gratis, i mandanti della strage dell’undici settembre diedero ordine di collocare tre minibombe atomiche sotto altrettanti palazzi nel centro di New York, sotto quei palazzi che rappresentavano il commercio mondiale. Ché tanto erano da demolire comunque.
Hanno assassinato quasi tremila persone innocenti del loro stesso popolo, pur di raggiungere l’obiettivo di diffamare il mondo arabo, refrattario alle politiche globalizzatrici, e scatenare utilissime guerre in lidi lontani, contro i nemici storici d’Israele. Poco importa che a Saddam Hussein fino al giorno prima venissero vendute armi di fabbricazione occidentale, in base a qualche trattato di amicizia, giacché abbiamo visto anche con la Libia come i trattati di amicizia, al pari di quelli che gli americani firmavano con le tribù pellirosse, siano solo carta straccia.
Le tre bombe atomiche, di 150 chilotoni ciascuna, sono state collocate a settanta metri di profondità sotto i grattacieli, come spiegato dall’esperto russo Dimitri Khalezov [2]. Sui diversi effetti che un’esplosione nucleare ha in atmosfera e nel sottosuolo, preferisco lasciare la parola al tecnico russo: “Durante un processo moderno di demolizione nucleare, la carica nucleare non produce un’esplosione nucleare atmosferica, con la sua classica nuvola a fungo, radiazione termica, onda espansiva e impulso elettromagnetico. Questa esplode molto al di sotto della superficie, così come una carica nucleare esplode durante un tipico test. In questo modo, non produce né onda, né radiazione termica, né radiazione ionizzante penetrante, né impulso elettromagnetico”.
Stabilito che le esplosioni atomiche non diedero luogo a calore, radiazioni e spostamento d’aria, perché tutto ciò fu trattenuto dal terreno, si capisce come la roccia a diretto contatto con l’ordigno sia stata in parte disintegrata, provocando il vuoto sotto i grattacieli e facendoli collassare su se stessi, e in parte liquefatta. Ciò spiega la presenza di rocce fuse e delle pozze di acciaio liquido che stentarono a raffreddarsi.
L’uso di bombe nucleari di limitata potenza, ma pur sempre superiori a quelle usate in Giappone nel ’45, non esclude che sia stata usata la thermite, quella sostanza detonante d’ultima generazione di cui sono state trovate tracce fra le macerie. Tale esplosivo potrebbe essere stato collocato all’altezza in cui gli aerei si sarebbero schiantati, al solo scopo di creare un grossolano buco che avrebbe dovuto trovarsi nel punto dell’impatto. S’ipotizza che insieme alle cariche esplosive atte a creare lo squarcio nella parete dei grattacieli, sia stato sistemato un radiofaro per orientare gli ologrammi degli aerei, in modo che apparentemente questi andassero a cozzare esattamente nel posto dove erano state collocate le cariche, che sarebbero esplose nel preciso istante in cui l’ologramma toccava il grattacielo. Questo spiegherebbe perché non sono mai state trovate le scatole nere: non c’era nessun aereo che le portasse a bordo.
Un aereo di alluminio non può assolutamente penetrare in un palazzo rivestito di travi d’acciaio, dal momento che l’alluminio è più tenero dell’acciaio. Quelli che sono stati visti dai testimoni furono solo ologrammi.
Alle televisioni furono consegnati filmati taroccati con fotomontaggi realizzati al computer, mentre per ingannare la gente presente sul posto furono proiettati ologrammi d’aereo grazie alle sofisticate tecnologie militari di cui il mondo civile non è ancora a conoscenza. E’ infatti del tutto verosimile che i militari siano in possesso di strumentazioni avveniristiche segrete del tutto sconosciute a noi comuni mortali. E poco importa che tali tecnologie siano state loro fornite da alieni o siano frutto di cervelli umani, poiché le spese per la ricerca militare sono da sempre stratosferiche e i risultati pratici di tali studi restano segreti per motivi di sicurezza nazionale.
Forse anche nel caso del Pentagono è stato usato un ologramma, ma qualcosa dev’essere andato storto, altrimenti sarebbero stati forniti filmati alla stampa spacciandoli per alcune delle registrati delle quaranta telecamere di sicurezza della zona. Siccome non esistono filmati, né finti né veri, e non si sono trovate né tracce di aereo, né scatole nere, è giocoforza pensare che a colpire il Pentagono sia stato un missile. Idem con l’aereo che sarebbe caduto in aperta campagna. Lì è andato storto veramente qualcosa, poiché non sono stati trovati resti di alcun genere, né di corpi umani, né d’aereo, né, anche stavolta, le famigerate scatole nere.
Nonostante tutte queste macroscopiche lacune, sapendo che la gente è facilmente manipolabile, da dieci anni il governo degli Stati Uniti mente all’umanità, come fanno tutti i governi, del resto, ma gli USA in maniera più spudorata.
Le conseguenze sono che quando la consapevolezza di vivere sotto regimi dittatoriali spacciati per democrazie raggiungerà la massa critica nella coscienza dei cittadini, sempre che ciò possa mai accadere, allora si dovranno prendere le armi per abbattere i tiranni che ci governano e ci sfruttano. A quel punto o la popolazione riuscirà a prevalere, nonostante le immani perdite, o prevarranno le forze che sono al potere attualmente e che potrebbero decidere di dare l’avvio al nuovo ordine mondiale tanto paventato.
A quel punto, nessuno avrà più nulla da perdere, né i pochi padroni del mondo, né la moltitudine degli schiavi e si giocherà l’estrema battaglia, un corpo a corpo tra noi e loro. Una lotta all’ultimo sangue tra gli sgherri eterodiretti degli Illuminati e i pochi ribelli che saranno stati capaci di salvaguardare la propria integrità mentale.
I Savi di Sion, osservando lo scontro finale a debita distanza, da un’altura delle pianure di Armagheddon, lisciandosi le fluenti barbe e godendosi lo spettacolo, ci augureranno buon viaggio.
Buon viaggio per l’inferno!
Note:
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