venerdì 30 settembre 2011

Mutatis mutandis




Dopo le mutande con l’esplosivo [1], ecco a voi, a grande richiesta, le mutande con i colibrì [2]. Perché un uomo dovrebbe salire su un aereo con dei fumogeni nei pantaloni? Perché qualche servizio segreto gli ha detto di farlo! E in cambio gli ha promesso un lecca lecca e altri dolciumi. Perché un uomo dovrebbe salire su un aereo con 14 colibrì dentro i pantaloni? Perché qualche negozio di animali di Amsterdam gli ha detto di farlo! E in cambio gli ha promesso mille euro per ogni colibrì che arriva vivo. Nel primo caso si tratta di un povero demente incastrato e strumentalizzato dai guerrafondai, e nel secondo di un balordo furbacchione che sperava di farla franca. E se non l’avesse fatta franca, poco male, si sarebbe preso una multa e poco più.
 
E’ stato detto molte volte: il traffico di animali esotici viene subito dopo, per fatturato, di quello di armi e droga. Un terzo degli animali che dai paesi in via di sviluppo vanno verso i paesi ricchi, è importato illegalmente, cioè in violazione delle norme internazionali, prima fra tutte la Convenzione di Washington, conosciuta meglio come CITES.
Prima di esaminare il fenomeno nei dettagli, voglio evidenziare che, di fronte a tale problema ci sono due scuole di pensiero, quella radicale e quella moderata. Quella radicale prevede la chiusura definitiva di zoo, circhi e laboratori di vivisezione, insieme al divieto assoluto di detenzione, trasporto e commercio d’animali esotici da parte di privati. Quella moderata prevede il mantenimento di tutte queste realtà e si limita a chiedere maggiori controlli. Così, a occhio, per istinto, quale delle due strategie vi sembra più saggia?
Esatto! La prima! Peccato che la saggezza non faccia parte delle caratteristiche mentali degli esseri umani e la cosa può essere sintetizzata nell’antico detto: “Vedo il meglio e al peggior m’appiglio” [3].
Dunque, se ci rendiamo conto che il divieto assoluto di manipolare, trasportare e detenere animali esotici è la cosa migliore da fare, tutti quegli ambientalisti, funzionari, doganieri, legislatori e benpensanti in genere che puntano ad una regolamentazione del traffico d’animali esotici, sono parimenti responsabili come l’ultimo dei bracconieri, cacciatori, intermediari e grossisti che il traffico lo applicano concretamente.
Prima della mano assassina che ghermisce l’uccellino, c’è la mente assassina che ne approva (o disapprova parzialmente) l’atto. Anche le stesse leggi sono leggi assassine, perché fondate sull’antropocentrismo, cioè ideate, scritte e promulgate da gente che solo a parole aveva a cuore la sorte della fauna selvatica, ma che in realtà mirava a porre un freno a un fenomeno in crescita basato su un formidabile business. Come voler fermare una locomotiva in movimento con un elastico!
La CITES è stata emanata nel 1973, a Washington. Vi aderirono subito 21 paesi, compresa l’Italia, dove però la convenzione divenne legge dello Stato nel 1980. Tre anni più tardi divenne legge anche per gli Stati della CEE.
Com’è notorio, nella Convenzione vi compaiono due liste: l’appendice I, con le specie in via d’estinzione di cui è fatto assoluto divieto di commercio e l’appendice II, in cui vi compaiono specie che non corrono il rischio di estinguersi, ma per il cui commercio è necessario munirsi di un’autorizzazione della CITES. Si è visto fin da subito che la presenza di due liste, una vietata e l’altra su cui si può mercanteggiare, ha creato la confusione necessaria affinché i trafficanti d’animali potessero continuare a campare la famiglia. Cioè, a fare i loro porci comodi. E come nel caso della droga si sa che i governi hanno le mani in pasta anche se ufficialmente dicono di combatterla, non mi stupirei se anche con gli animali esotici i governi hanno i loro introiti mentre all’opinione pubblica fanno sapere che ne stanno contrastando il traffico.
Così, mentre un gran numero di ambientalisti e animalisti si fidano delle leggi di protezione e di chi le ha promulgate e cercano di collaborare con i forestali per arginare il fenomeno, i governi mettono su internet filmati come questo:
in cui si mostrano nell’atto di arrestare qualche povero indio e lasciano passare i grossi trafficanti pagatori di mazzette, di cui noi opinione pubblica non veniamo mai a sapere. Si catturano i pesci piccoli e si lasciano passare i pesci grandi. Regola generale.
Tuttavia, al di là del comportamento disonesto dei funzionari incaricati di applicare la CITES, si deve dedurre che quello del traffico di animali esotici è un problema sistemico. Vale a dire riguarda la società su più livelli. Mentre fino a qualche anno fa il privato cittadino poteva circondarsi di canarini e cocoriti, e solo i più facoltosi potevano permettersi Loreto il pappagallo cinerino, oggi che viviamo in una società dei consumi globalizzata, tutti possono permettersi di acquistare tartarughe azzannatici, pesci pipistrello, serpenti e ragni velenosi, senza curarsi di sapere cosa ha comportato l’arrivo nel negozio di quel singolo esemplare.
Se da una parte la sensibilità verso i diritti degli animali è aumentata, fermo restando il fatto che gli animalisti, come prima gli zoofili, continuano a essere presi per pazzi, dall’altra è aumentata la richiesta di circondarsi di animali esotici, da parte di persone che non hanno alcun interesse per il benessere dell’animale, ma unicamente quello di raggiungere un certo status simbol. Infatti, molti di coloro che si circondano di pitoni o tigri sono mafiosi o proprietari di bar alla moda, che vogliono attirare clienti e darsi un tono di esotismo alla Indiana Jones.
Nel Medioevo solo i ricchi signorotti potevano permettersi di mantenere un serraglio, comprendente magari anche qualche negro malcapitato. Oggi, grazie a un insano comportamento di emulazione, dopo aver desiderato, e alla fine ottenuto, l’automobile come i signori, vogliamo tenere presso di noi, per fare sfoggio di magnificenza, almeno qualche campione di quei serragli medievali. Peccato che non è con lo sfoggio di ricchezze che si diventa signori, ma questo molti non l’hanno ancora capito.
Perché i circhi tradizionali non vogliono mollare gli animali? Perché attirano gente! Perché i proprietari di certi bar tengono pitoni nelle teche d’ingresso del locale? Per lo stesso motivo! La molla dei soldi fa agire circensi e titolari stravaganti di mescite d’alcolici.
Ma non solo! Perché i vivisettori non vogliono mollare gli animali? Perché tramite essi possono arricchirsi. Perché i pellicciai non vogliono mollare gli animali? Qui rispondete da soli, ché la risposta è fin troppo facile.
Idem con cacciatori e macellai. Il soldo è alla base di ogni nostro agire, come già se n’era accorto Carl Gustav Jung [4]. E sapete perché non ci sono leggi che vietano il cannibalismo? Perché non ce n’è bisogno: il divieto di consumare carne umana è interiorizzato nelle coscienze della gente e non ci sono convenzioni internazionali che lo vietino. Ecco dunque che, se si vuole arrivare all’abolizione del commercio d’animali esotici, si deve lavorare sulla coscienza delle persone, facendo sì che togliere un solo uccellino o un ragno gigante dalla foresta sia vista come azione riprovevole. Condannabile eticamente. Solo questo lento processo educativo porterà alla fine dell’immane carneficina d’animali esotici. E sicuramente avrà delle ricadute benefiche anche nella nostra società.
Se non si può pretendere che l’indio amazzonico capisca l’immoralità della cattura di pappagalli o scimmie, perché ha una mentalità da cacciatore e nessuno gliela può cambiare, dovremmo essere noi occidentali a dare l’esempio, mostrando di disdegnare quegli animali che non fanno parte del nostro ecosistema e che hanno diritto di vivere liberi a casa loro.
Purtroppo, siamo proprio noi – noi che dovremmo dare l’esempio – ad incrementare il commercio e questo ci porta alla sconsolata conclusione che, in fatto di etica e di pacifica convivenza con le altre specie, abbiamo ancora molta strada da fare. Noi occidentali stiamo perdendo una magnifica opportunità di indicare la strada da seguire al resto dell’umanità: ne abbiamo i mezzi e le doti intellettuali, ma ci manca la consapevolezza. Altri illuminati, in passato, hanno indicato la strada ma, a ben guardare, nessuno di loro era originario delle nostre contrade. Gesù Krisna, Buddha, Zoroastro erano tutti orientali. Noi solo e sempre barbari. Come una maledizione!
E’ notorio, tornando in tema, che una prima strage è quella della cattura, con l’uccisione della madre per prendere il cucciolo. Una seconda è quella della detenzione in gabbie improvvisate nei luoghi d’origine, con cacciatori e trafficanti che non si curano di fornire acqua e cibo agli animali prigionieri. Una terza è quella del volo in aereo, vero incubo per le condizioni di stabulazione che, se foste un doganiere dotato di un minimo di sensibilità, vi farebbero vergognare di appartenere alla specie umana. Una quarta è quella dello smistamento dall’aeroporto d’arrivo al negozio, dove arrivano solo i sopravvissuti che hanno dimostrato di avere doti di resistenza superiori agli altri. Infine, vi può essere anche un quinto livello di strage, presso le case private in cui i superstiti sono approdati, per lo sbalzo di temperatura, per la spossatezza, per l’indebolimento del sistema immunitario e per lo stress accumulato nei giorni o nelle settimane precedenti, a seconda che le casse siano state spedite via nave o via aereo. In fondo, anche questo rientra nei meccanismi consumistici su cui si basa la nostra economia e va a tutto vantaggio dei commercianti di animali.
In tutti i casi, il record della carneficina si ha durante il trasporto, dal momento che le compagnie aeree considerano il collo come un qualsiasi bagaglio, a prescindere che contenga merce non deperibile o animali vivi. Nove pappagalli su dieci arrivano morti. Dei colibrì c’è una vera e propria strage. Le tartarughine californiane vengono sigillate dentro palline di plastica, mentre i pesci viaggiano dentro sacchetti di cellophane. Vi sono compagnie aeree che non pressurizzano la stiva e migliaia di scimmie e altri animali sono arrivati in Europa morti assiderati, toccando la temperatura, in volo, i meno 50 gradi. Ad ucciderli maggiormente però, durante il viaggio, non è il freddo, ma la mancanza d’aria. Sia nel caso di commercio “legale”, sia in quello clandestino, è interesse dell’accompagnatore o dello spedizioniere che lo spazio venga economizzato, così si sono trovati mammiferi chiusi all’interno di casse grandi quanto il loro stesso corpo. L’impossibilità di muoversi è già una crudeltà negli allevamenti intensivi, con conigli e galline ammassati in poco spazio: figuriamoci in casse che non offrono la possibilità di fare alcun movimento. E che dire di quegli uccelli immobilizzati con il nastro adesivo o fasciati stretti stretti? Stiamo parlando di animali nati e cresciuti liberi che, dopo lo stress della cattura, si ritrovano immobilizzati per molte ore senza potersi grattare, muovere o tanto meno deambulare. Se avete un minimo di empatia, capite da soli che un simile trattamento può condurre solo alla morte, ma il cinismo con cui i commercianti, alla partenza e all’arrivo, puntano ad ammortizzare le perdite grazie al gran numero di esemplari importati, ci riempie ancora di più di amarezza e ci fa vergognare di appartenere a questa razza spietata.
Gli ambientalisti che si preoccupano della specie e non del singolo, affermano che se si vietasse totalmente l’esportazione di fauna esotica, non si farebbe altro che incrementare il commercio illegale. Un po’ come i radicali che propugnano la liberalizzazione delle droghe leggere per sconfiggere il traffico criminale di eroina. Ed è un po’ come il discorso dell’aborto, che è meglio sia fatto in ospedale, da personale qualificato, piuttosto che dalle mammane, con molte perdite tra le madri che abortiscono.
Gli animalisti che invece si preoccupano sia delle specie che del singolo esemplare, affermano che è proprio il commercio legale a fungere da cavallo di Troia per quello illegale, dato che tra le maglie di quello autorizzato c’è posto anche per quello illegale, che può passare indisturbato. Oltre al fatto che spesso si mettono in difficoltà gli stessi esperti e i forestali preposti ai controlli aeroportuali. Di fronte a una borsa di coccodrillo o a una cintura di lucertola, come fa il povero cristo di doganiere a sapere di quale specie si tratta? Sarà una specie compresa nell’allegato I o nell’allegato II?
Il legislatore sembra abbia fatto le cose a metà, ovvero che non abbia fatto nulla di positivo per fermare l’emorragia di animali dalle foreste del sud del mondo alle gabbie delle città occidentali.
I trafficanti gongolano.
Il commerciante europeo o americano non è meno colpevole di quello brasiliano o tailandese. In entrambi i casi a farla da padrone è la smania di arricchire, senza alcuno scrupolo. E se i commercianti, che possiamo benissimo chiamare schiavisti, non hanno scrupoli, il compratore, magari mosso a compassione nel vedere un pappagallo spelacchiato in vetrina, resta il colpevole principale, in base al principio che è la domanda a creare l’offerta. Peccato che lui non lo sappia! Peccato che non se ne renda conto. E in fondo, questa ignoranza della realtà, questo obnubilamento del senso morale, è esattamente ciò di cui i governanti, palesi o occulti che siano, hanno bisogno: il popolo nell’ignoranza, come c’insegna la Storia della Chiesa, è il modo migliore per esercitare il dominio e il potere. Da cui ovviamente ne derivano privilegi.
Ciascuno fa la sua parte. Ciascuno brucia il suo granello d’incenso sull’altare del Dio Moloch. Ciascuno è al contempo vittima e carnefice. Il “cupio dissolvi” sembra farla da padrone. Noi osserviamo impotenti e lasciamo che una minoranza di sfruttatori spogli questo splendido pianeta che ha visto un’impennata di dolore e sofferenza da quando la nostra specie è comparsa su di esso. Ciascuno si trincera dietro l’ipocrita rassegnazione e non si astiene dal comprare fettine di vitello, pesci esotici o usignoli del Giappone, qualora gli prenda il ghiribizzo di farlo. Ciascuno obbedisce pedissequamente alla cosmica legge della Sopraffazione.
Di questo assurdo carosello, stiamo aspettando la scena finale.


Note:
Bibliografia:
Bollettino WWF n. 4-5 vol. 4° 1975
Rivista La Nuova Ecologia, luglio 1988, pag. 18
Manuale contro il commercio illegale di animali e piante selvatici, 1989

4 commenti:

  1. Se vuoi andiamo insieme in Congo a liberarli.
    Ti pago io il biglietto aereo e tutto il resto.
    Non sto scherzando!
    Ma prima vorrei sentire un esperto per sapere in quale parte dell'Africa è meglio liberarli. Potrebbe darsi che in Congo non ce ne siano di quella specie.
    Ciao

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  2. Da quel che so i pappagalli sono vittime solo degli umani, a parte qualche grossa aquila che potrebbe ghermirli. Non mi risulta che cadano vittime di altri predatori. Piuttosto, se Gina è nata in cattività forse potrebbe avere qualche problema in natura, nel reperimento del cibo, ma se si aggregano a qualche stormo di conspecifici, intelligenti come sono, imparano presto.

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