C’era la luna piena e io mi ero accorto che si sentiva a disagio. Stava seduta invece di mettersi a dormire, sbuffava, si rialzava, faceva un giretto e tornava a vedere se ero ancora nella tenda. Mi stava lanciando dei messaggi e io non ero in grado di coglierli. Nel frattempo, la luna si spostava nel cielo: sorta a est, navigava verso ovest, benché fosse spuntata molto dopo Venere. Il mio scopo era fare incontri emozionanti, il massimo dei quali sarebbe stato un disco volante, velivoli che in Friuli si vedono spesso. Ma mi sarei accontentato anche della fauna selvatica. A parte il volo ovattato, proprio davanti ai miei occhi, all’imbrunire, di un succiacapre, detto anche caprimulgo, la natura era silenziosa, se escludiamo il canto mesto dei grilli, tipico dell’autunno. La volta precedente, proprio nello stesso posto, alle due di notte una volpe si mise ad abbaiare e la Licantropa le rispose. In un’altra occasione, un rospo smeraldino entrò nella tenda, ma i famosi caprioli, i cinghiali, e le volpi stesse, si sono guardati bene dal mettersi in mostra, vuoi perché sentissero l’odore di cani e umani, vuoi perché erano occupati a cercare cibo, nottetempo, come fanno quasi tutti i mammiferi selvatici.
Insomma, il Tagliamento, benché sia di per sé un fiume bellissimo, non è come essere nella giungla e di animaletti se ne vedono pochini. Ma intanto, io ero alle prese con la mia Licantropa, che mi lasciava perplesso riguardo al suo comportamento. L’altra, dove vado io, lei mi segue come un’ombra. Mi si appiccica e non mi molla mai, indi per cui, come le due volte precedenti, Pupetta ha dormito in tenda con me. L’altra, invece, mi aspettavo che si mettesse a ronfare a poca distanza da me e, per farglielo capire, le avevo portato il suo cuscino, impregnato dal suo odore. Ma non le bastava. La temperatura scendeva man mano che la notte diventava più profonda. Dall’altra parte del fiume, a un paio di chilometri di distanza, qualche batterista si era messo in testa di battere il record di percussioni, cosa che mi ricordava il Madagascar. Alle sette del mattino, quando ho cominciato a sbaraccare l’accampamento, lui era ancora lì, dalle parti di San Vito al Tagliamento, forse in occasione della festa della Madonna d’agosto, a battere sui tamburi, con la stessa energia di otto ore prima, devo aggiungere. M’immagino i suoi spettatori che se ne andavano alla chetichella, tranne i giudici con orologio in mano. Magari, se veramente vuole battere qualche record, in questo momento è ancora lì che tempesta il tamburo di colpi ritmici. In Madagascar, quando c’è qualche festa come quella della circoncisione, per esempio, fanno la stessa cosa, ma con la chitarra basso. Il suono che ne viene fuori è più piacevole di quello dei tamburi pordenonesi della notte scorsa. Almeno è più variato. E vanno avanti tutta la notte.
A mezzanotte ero in tenda a combattere con le protuberanze del terreno, cercando la posizione migliore per non sentirle sulla schiena, o sui fianchi. Pupetta si appallottolava stretta a me e la disturbavo ogni volta che cambiavo posizione. Lo zampirone si era spento. Me ne sono accorto perché uno di quei pestiferi ditteri era entrato nella tenda, in cerca del mio sangue. Avevo due possibilità: o rassegnarmi agli attacchi degli insetti cercando di coprirmi con la coperta fin sugli occhi, o uscire e accendere un’altra spirale alla citronella. Ho scelto la seconda opzione, anche perché di notte dormo poco normalmente e in quel momento non avevo un sonno tale da poter essere definito comatoso. Esco, non agevolmente, trattandosi di una tenda canadese vecchio modello (quelle a igloo sono uscite dopo sul mercato). Petunia non c’era. Inforco gli occhiali e, in ciabatte, così com’ero, vado alla sua ricerca. La sento sbuffare lontano. Mi avvicino alla macchina e la vedo allontanarsi, nel chiarore della luna piena, sul sentiero, nella direzione da cui eravamo venuti. Camminava veloce. Era come se si fosse stancata di aspettare i miei comodi, disapprovasse la mia scelta di passare la notte lì, con l’umidità notturna che entrava nelle ossa, e avesse deciso di incamminarsi verso casa, benché arrivare a casa, come a volte si sente dire che i cani sanno fare, anche da grandi distanze, non fosse nelle sue capacità.
Mentre la rincorrevo, per quel poco che le ciabatte me lo consentivano, già pensavo allo scenario peggiore: me, disperato, che passa la domenica a cercarla, senza poterla neanche chiamare perché non riconosce il suo attuale nome, avendo avuto per i primi tre anni della sua vita, quello di Maddy, da me poi cambiato italianamente in Petunia. Alla fine, la raggiungo e la riporto all’ovile, cioè verso la tenda. Pupetta non si era mossa. La Licantropa mi segue fino alla macchina e allora scatta il piano d’emergenza. Rimetto la conigliera dentro la quale viaggia, che avevo tolto dall’auto perché non me la impestasse con l’odore dei conigli che vi erano vissuti, e vi sistemo dentro Petunia. Chiusa in macchina, con i due finestrini laterali parzialmente abbassati, non avrebbe più potuto scappare. Era mezzanotte e mezza. Più tardi, per due volte, tornato alla macchina per sincerarmi che dormisse, dormiva. Aveva finalmente trovato un posto non umido dove abbandonarsi al sonno. Alle sette del mattino, ancora dormiva.
Cosa sarebbe successo se, punto in tenda dalle zanzare, non fossi uscito per riaccendere lo zampirone? Al mattino avrei avuto una spiacevole sorpresa e l’angoscia mi avrebbe attanagliato. E' stato un caso che invece io sia uscito scoprendo che la Licantropa non era sul suo cuscino? O qualche forza misteriosa mi ha spinto a farlo? Non posso dire, misticamente, di aver percepito una voce interiore che m’ingiungeva di uscire, ma mi piace pensare che qualche entità benevola mi abbia spinto ad agire così. Del resto, non è la prima volta che mi accorgo che... qualcuno lassù mi ama. Ovvero, che gli angeli custodi, o chi per essi (alcuni dicono siano le anime dei nostri morti che vegliano su di noi) mi ha risparmiato un forte stress legato alla scomparsa della cagnolona. Della quale, da oggi conosco un aspetto in più della sua personalità: la caparbietà. Già mi ero accorto che è molto volitiva, cioè fa solo quello che vuole lei e non le piacciono le imposizioni. Tuttavia, quando l’ho raggiunta mentre cercava la libertà mi ha seguito alla macchina senza fare storie, segno che aveva capito che tutto sommato le conviene usufruire dei miei servigi. Anche in casa, dove evidentemente anelava con tutte le sue forze di ritornare, è lei che la fa da padrona e, per fare un esempio, mentre Pupetta mi avvisa che deve uscire, prima di fare la pipì, Petunia mi avvisa dopo averla fatta, cioè è come se mi dicesse: “Vieni a pulire!”
Alle sette del mattino, mentre, facendo più viaggi, portavo il tavolino, la sedia a stradio, la tenda e le vettovaglie verso la macchina, vengo raggiunto da un cane da caccia. Oltre la vegetazione sento il cacciatore che con un fischio richiama la sua bestia. Non so se mi ha visto. Io facevo le mie cose, ma lo considero la ciliegina sulla torta. Il mondo feroce degli uomini mi aveva ripreso prima ancora che tornassi a casa. Oggi è il primo giorno di caccia. Sembra ancora estate. Le due cagnette dormono pacifiche, ora, nelle loro brandine. Ritornato sulla strada asfaltata, vedo una Land Rover dai colori mimetici (un fanatico!) parcheggiata sull’erba, riconosco il cassone posteriore dove l’infame trasporta i cani. Guidando lentamente, faccio mente locale, chiedendomi se per caso in macchina non avessi un punteruolo o un coltello robusto, per i pneumatici del figlio di buona donna. So, mentre mi convinco di non avere l’attrezzatura adatta, che non lo avrei fatto comunque. Ho già dato. Ho anche già pagato tutti i miei debiti con la Giustizia. Ognuno si diverte come può: lui ad ammazzare uccellini, io a campeggiare sulla riva del Tagliamento, in attesa di dischi volanti, con una Licantropa che mi dà del buon filo da torcere. Devo stare più attento la prossima volta.
Splendido post
RispondiEliminaGrazie Paolo!
EliminaMi sento ritornato ai miei tempi migliori.
Confermo l’opinione del precedente signore, piacevole e concreto. Petunia é una buona ispiratrice, non solo ti invoglia a maratone in ciabatte sul greto del Tagliamento, ma ti porta in maniera rocambolesca a temi meno ossessivi e più comprensibili. Buona la prima, Roberto! Salude chei cjans! ; )
RispondiEliminaSì, hai ragione, non posso sempre occuparmi dell'Apocalisse prossima ventura.
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