Testo di Joe Fallisi
Fonte: http://riciclaggiodellamemoria.blogspot.it/2013/03/etica-e-morale-sono-concetti-ideologici.html
Etica e
morale significano esattamente la stessa cosa e già il concetto generale di
giustizia è superiore, perché dalle consuetudini normate (transeunti e
relative ai vari gruppi umani) essa può e deve persino prescindere.
Un
qualunque vivisettore non è "privo di etica", se con questo termine
si intende ciò che esso designa: costume che si fa regola. Allo stesso modo,
per fare un altro esempio, l'infibulazione è "etica" in alcuni
contesti tribali, ma non per questo cessa di rappresentare una delle forme più
atroci di violenza sulle donne. Non di etica, infatti, o di morale hanno
bisogno gli esseri viventi, ma di equità, principio – e possibile sentimento
comune – rispetto alla giustizia ancora più alto e meno relativo.
La
cui base ritengo
si possa trovare, paradossalmente, nella visione della natura non umana. Su di essa noi riversiamo
l'immagine del "male", del "non senso" elaborata dalla nostra
coscienza/falsa coscienza specifica (coscienza infelice). Nondimeno continua a
vivere come meraviglioso insieme di organismi in perenne trasformazione
armonica ed equilibrio, unione di cosmi, COSMO.
Il
concetto di equo rimanda, in senso unitario, a quello di
"equilibrio", di "armonia", e, appunto, di
"cosmo". E il "meraviglioso insieme" di cui sopra rimane
tale – può essere percepito e valutato in questi termini – anche in presenza di
sofferenza e dolore, che sono, per qualunque ambito della manifestazione,
elementi intrinseci alla vita, così come, del resto, il piacere e la gioia (su
questo terreno, in relazione alla critica dell’ideologia consolatoria
falsificante la realtà, Nietzsche ha scritto pagine di fuoco).
Sta di
fatto che ogni complesso strutturato e vario di organismi viventi non-umani
offre alla contemplazione non proiettiva un’immagine di bellezza cosmica, cioè
di armonia profonda in perpetuo divenire-equilibrio. Dove ogni forma che nasce
e muore si integra in modo organico alle altre, nessuna impone su tutte la
propria tirannia, né, tanto meno, tende a distruggere l'oikos, la casa comune, e/o a sostituirla con
un suo simulacro fantasmatico. L'animale umano, viceversa – in modo
specialissimo la "razza padrona" dell'uomo pallido negli ultimi
cinque secoli – è proprio questo che fa in virtù del suo cervello prodigioso e
tremendo e di una volontà di potenza che ha ormai come suo fine esplicito
quello di non averne.
Le
ideologie del "sol dell’avvenire" si sono dissolte come
ectoplasmi e proprio quelle che hanno fornito il supporto e
la giustificazione allo "sviluppo" e al
"progresso" risultano sempre più al servizio della macchina
divorante, ormai senza freno, mondo, bios, uomini, animali, natura. Adorno,
anche lui accusato d'essere "reazionario",
"nostalgico", vedeva -denunciava la ratio dell'illuminismo trasformarsi
nel mostro che avrebbe portato alla reificazione definitiva delle anime e
dei corpi: da mezzo grandioso di liberazione ad ancella
prima, "scientifica", della tirannia e dello status quo. Questo processo è oggi
talmente approfondito e generalizzato che sembra persino folle
poterlo mettere in discussione al di là delle chiacchiere, perché tutti
ci troviamo dentro l'ingranaggio, chiusi nella cupola di piombo... macinati,
lavorati, plasmati...
Così,
non è illogico che provengano in gran parte da
ambiti "tradizionali", capaci, nel loro immobilismo, di
mantenere un freno e una sorta di barriera alla corsa disastrosa, spunti
critici utili a fare qualche minima breccia. Il tirannoantropo ora si
contempla con orrore e vede in sé, invece del dio in terra
"laico" ed "emancipatore", un disgraziato,
un poveraccio delirante, malatissimo, servo volontario e devastatore il
cui telos è
la pura astrazione, il nulla. Ma, piuttosto che invertire la rotta
catastrofica, produce nuova falsa coscienza. Non gli servirà a niente.
Marx,
Bakunin, Kropotkin, i rivoluzionari dell’800-900 quasi senza eccezione (al di
fuori dei Naturiens e di pochissimi altri), non percepivano e neanche
presentivano l'impatto sempre più catastrofico del "progresso" umano
nei confronti del mondo.
Si
auguravano - immaginavano, tutti loro, con l'occhio puntato esclusivamente
sull'uomo e la sua storia, un possibile avvenire radioso sol che quest'ultimo
fosse riuscito a sbarazzarsi delle catene di classe. Senza rendersi conto che
quei ceppi avevano a loro volta radici antichissime e sempre nuove nella
tirannia infinita sulle altre specie e che la natura stessa, concepita come
riserva di caccia, "bestia" - cosa da domare e riplasmare a
piacimento e pozzo cui attingere senza tregua, un giorno (molto presto) avrebbe
comunque presentato il conto.
Non
solo non è giunta la palingenesi della società, ma il tempo delle loro speranze
è stato seguito, in rapida successione, da due massacri mondiali. Quel
tentativo, quell'ipotesi, con tutte le sue grandezze, verità e illusioni, è
dietro le nostre spalle. Nessun esorcismo, nessuna preghiera o giaculatoria
ridarà vita ai morti.
Joe Fallisi
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