Quando si “prepara” una rivoluzione significa che si
sta lavorando per un sistema. Preparare, preoccuparsi, predisporre… il prefisso
dice chiaro qual è l’intendimento: “si lavora in funzione di...”.
Quindi non è ribellione, non è rivoluzione, insomma
per intenderci non è la stessa cosa della presa della Bastiglia in cui una
massa di facinorosi - padri, madri, figli - attaccano ciecamente la roccaccia del
potere ove sono incarcerati i loro cari - i debitori, i poveracci, i ladruncoli
per fame, le vittime del sistema - la espugnano con la forza della disperazione
e liberano tutti i detenuti. Qui non si pensa, non si pondera, non si fanno
programmi, semplicemente si pareggia il conto e si risolve il problema
contingente.
Se la “rivolta” è cogitata e perseguita con fini
ragionati significa che questa è un’operazione del sistema, significa che
l’opera è condotta e guidata da tecnici, da teorici di un meccanismo
“aggiustativo”, l’intento è il mantenimento della sperequazione sociale utile
al dominio piramidale. Insomma è una rivoluzione di masanielli che
contribuiscono al mantenimento del potere di pochi su molti.
Non importa che i pochi apparenti non abbiano più le
facce di prima, la muta dei volti noti con volti sconosciuti è una bella
tattica per illudere le masse, quel che conta è la perpetuazione del metodo…
E quando la crisi è pilotata da un potete finanziario
ed economico mondiale ogni cambiamento è funzionale all’incremento di quello
stesso potere, cioè all’ulteriore asservimento delle masse.
Oggi per ottenere questo bel risultato prima si
impigrisce il popolo assuefacendolo al consumismo ed ai vizietti
finto-trasgressivi, poi vengono dati targets da raggiungere per consentire la permanenza nei “comforts” (bisogni indotti), poi si creano cuscinetti e
spazi di compensazione meritocratica (i managers strapagati, i dirigenti, gli amministratori), poi si
producono volutamente falle che lasciano a secco alcuni strati della società,
poi si impedisce che la libera iniziativa possa trovare forme di sopravvivenza
autonoma, poi si incute nella popolazione il mito di una “equità sociale” che
prende il nome di “sacrifici per la democrazia” (ovvero pagare più tasse e
indebitarsi sempre più), poi si creano forze politiche “alternative” con lo
scopo di assorbire i malumori e stemperare la voglia di ribellione diretta…
E qui incontriamo il M5S, i pentacolari grilli e
casaleggi che si “preoccupano” di offrire “giustizia sociale” ed hanno pronto
in mano un bel pacchetto di opzioni per il miglioramento della società… Di
quale società? Magari quella stessa che ci ha condotto sin qui..?
Però un neo, una pecca evidente, una voglia di
nascita, un naso lungo o delle gambe troppo corte, insomma un segnale della
“bugia” appare alla vista acuta di chi non si fa imbrogliare dallo stridio imbonitorio.
Beppe Grillo: “Amo il modello del Buon selvaggio
di Jean Jacques Rousseau e della decrescita felice di Serge Latouche...”
Intervistatore: “Allora le bistecche, l’accumulo di
ricchezze, il SUV?”
Beppe Grillo: “Beh, nessuno è perfetto!”
Come dire: “Fate quel che dico ma non seguite quel
che faccio”.
Grillo salvatore della patria o salvatore del
sistema?
Paolo D’Arpini
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