Fonte: Il Fatto quotidiano
Un articolo pubblicato il 15 gennaio sul quotidiano inglese The Guardian (passato ovviamente inosservato nei nostri organi di disinformazione, concentrati su ben altri problemi) dovrebbe farci molto riflettere. L’articolo riportava i risultati del viaggio fatto l’anno scorso dallo scienziato Brad Lister nella foresta pluviale portoricana di Sierra de Luquillo, a 35 anni dalla sua prima esplorazione. Ebbene, Lister ha scoperto che in quel remoto angolo del mondo il 98% degli insetti terrestri era scomparso. La notizia è tanto più clamorosa se si pensa che tale foresta pluviale è un parco nazionale, e quindi protetta da interventi umani, quantomeno diretti. Queste le sue parole: “Si è verificato un vero collasso delle popolazioni di insetti in quella foresta pluviale. Abbiamo iniziato a capire che questo è terribile, che è molto, molto inquietante”. Certo, inquietante anche perché, come noto, gli insetti sono alla base della catena alimentare. Ragion per cui nella foresta anche le rane e gli uccelli sono diminuiti contemporaneamente di circa il 50-65%.
La notizia è tanto più sconcertante se si pensa che i dati sono relativi a un’area protetta. Se ne può facilmente evincere che dove la natura non è protetta la situazione sia ben più grave. Del resto, basti pensare che ad esempio in Europa le farfalle sono diminuite del 50% in 20 anni (periodo dal 1990 al 2011). E che persino nelle riserve naturali tedesche in 25 anni gli insetti volanti sono crollati del 75%. Quale la causa della drastica diminuzione? Le alterazioni degli ecosistemi (anche i parchi non sono isole) e il riscaldamento climatico. Sempre Brad Lister ricorda che nella foresta pluviale il numero di periodi caldi, con temperature superiori a 29 gradi centigradi, è aumentato enormemente: si è passati da zero negli anni 70 fino a qualcosa come il 44% dei giorni.
Il filosofo inglese Timothy Morton definisce il riscaldamento globale un “iperoggetto”, ossia un oggetto che sfugge alla nostra reale percezione, ma in cui trascorriamo la nostra vita. Anzi, il riscaldamento globale è l’iperoggetto per eccellenza. Un iperoggetto di cui non comprendiamo la valenza e la gravità. Quindi ci comportiamo come se non esistesse. Riguarda tutti gli esseri umani da vicino, è connesso a tutte le nostre attività e agli oggetti con cui abbiamo a che fare, eppure è percepito come lontanissimo. Morton ne trae la conclusione che la fine del mondo almeno per l’uomo sia già iniziata. Iniziò con l’Antropocene e si sta concretizzando velocemente. Del resto, la storia dimostra che le estinzioni non avvengono sempre per un evento improvviso (il meteorite dei dinosauri), ma si consumano nel tempo. Avrà ragione lui? Chissà, forse sì, a giudicare da quello che accade in una sperduta foresta pluviale di Porto Rico.
[N.d.R. Grazie a Francesco per la segnalazione]
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