lunedì 7 novembre 2022

Il mio Madagascar ora si chiama Friuli



Studiare gli animali comporta delle sfide, cominciando dal riconoscimento della specie che si ha di fronte, e questo succede anche quando meno te lo aspetti, quando per esempio pensi di aver a che fare con una specie nota, in questo caso il famoso porcellino di terra. Una specie che conosci fin dall’infanzia, fin da quando rovistavi nella terra, nella sabbia, con paletta e secchiello, e perfino nel fango, con il rischio di prenderti i vermi, e incontravi queste strane bestiole che spesso e volentieri si appallottolavano, come fanno anche i ricci e gli armadilli. Chi, da bambino, non ha incontrato queste creature? Stavolta mi sono trovato in difficoltà, finendo in piena confusione. Io mi sarei accontentato di sapere se il soggetto che avevo di fronte fosse un Armadillidium vulgare o un Oniscus asellus, senza pretendere di sapere quale specie fosse di preciso. L’enciclopedia facente parte della biblioteca di Repubblica (pag. 170), mi parla di due famiglie distinte, quella degli Armadillidi e quella degli oniscidi. Vivono negli stessi ambienti, hanno le stesse dimensioni, ma sono di una colorazione diversa. E tuttavia, sono chiamati con lo stesso nome di Onischi, o porcellini di Sant’Antonio. Se sono di due famiglie differenti, perché vengono chiamati con lo stesso nome?




Comunque sia, grazie al lungo lavoro di elaborazione e di ingrandimento compiuto da Francesco Spizzirri, che ringrazio per il tempo che mi dedica, sono almeno giunto alla certezza che si tratta di un Onisco comune, ovvero un Oniscus asellus. Lo si riconosce per le due file longitudinali di macchichiare sul carapace di colore grigio. L’armadillide dovrebbe essere di colore nero e se mi capiterà di trovarne qualcuno, non mancherò di documentarvelo. A un utente di Natura Mediterraneo è capitato di trovarne uno blu, ma in quel caso si tratta di un soggetto colpito da un iridovirus, che ha la curiosa abitudine di tingere i malcapitati proprio di quel colore. La Natura è ben strana e ogni singolo esemplare ha la sua storia e le sue peculiarità. 




Ad ogni modo, per sgombrare il campo da ulteriori equivoci, non si tratta di insetti, ma di crostacei, probabilmente il caso più eclatante della colonizzazione delle terre emerse da parte di organismi marini. Un altro caso è quello dei gammaridi che si vedono saltare in gran quantità sulla sabbia della battigia, anche lontano dal mare. Ma gli onischi si sono spinti ben oltre. In quanto crostacei, hanno conservato le branchie e quindi necessitano di molta umidità per respirare. Ecco perché li si trova sotto i sassi e le pietre, sotto i mattoni e il legno marcescente, perché quei microhabitat forniscono loro l’ossigeno per respirare. Poiché fu Linneo, nel 1758, a classificarli, la Scienza ha scoperto anche altre cose sul loro conto. Che depongono uova, che subiscono mute quando l’esoscheletro diventa troppo stretto, e che lo fanno in due tempi, prima una metà e poi l’altra, e che la vecchia esuvie viene mangiata. Si è visto che alcune specie di formiche li tollerano all’interno del loro formicaio, perché lo tengono pulito e pochi giorni fa abbiamo visto che, per lo meno sotto un mucchio di tegole che ho nell’orto, c’è anche un ragno predatore che li insidia: la Dysdera Crocata, almeno gli esemplari giovani e teneri.




Ad aggiungere confusione a confusione, c’è un’altra famiglia di invertebrati che potrebbe ingannare i profani: i glomeridi. Anch’essi hanno l’abitudine difensiva di appallottolarsi, ma si tratta di diplopodi, ovvero di millepiedi, niente a che fare con i crostacei (pag. 164 dell'enciclopedia citata).  La specie in questione è la Glomeris marginata e, a questo riguardo, voglio raccontarvi un aneddoto esotico. Mi trovavo a Ranomafana, all’interno dell’omonimo parco nazionale, in Madagascar, e me ne stavo beatamente seduto su una sedia a sdraio sul bordo di una fontana, facente parte dei bungalow dove avevo preso dimora. Credo che avessi in mano un libro, ma l’ambiente circostante era troppo fantastico per concentrarmi nella lettura. E infatti, a un certo punto, la mia attenzione fu attratta da uno strano movimento sul terreno, a qualche metro da me. Era un gigantesco onisco marrone, lungo – non esagero – quattro centimetri e alto due. Mi fiondai verso di lui, pieno di stupore perché niente e nessuno mi aveva preparato a una visione del genere. Purtroppo, non avevo la macchina fotografica con me e non ho prove documentali di quell’incontro. Succede così anche quando si vedono i dischi volanti! Stetti ad ammirarlo a lungo, finché non si perse nella vegetazione dei dintorni. Uscii dal giardino dell’albergo, in direzione della piazzetta del villaggio, ed ero così emozionato che al primo bianco che incontrai volli riferire quanto avevo appena visto. Mi sedetti vicino a lui, all’aperto, su una panca che dava sulla strada principale. Era un olandese con la barba. Gli feci un disegno sul block-notes. Lui capì di cosa stavo parlando, trattandosi di un residente – un mezzo hippy – e mi disse che i bambini malgasci, con quegli animali, ci giocano a biglie, quando ovviamente sono appallottolati. Una volta tornato in Italia, cercai di capire di che specie si trattasse, così, a memoria e ora penso che fosse un diplopode, poiché avendo le trachee come gli altri millepiedi, hanno più autonomia negli spostamenti, cioè non devono andare velocemente in cerca di microhabitat umidi. Il Madagascar, terra di sogno e, per me, di ricordi. La magia fatta realtà. E Francesco ne sa qualcosa!

12 commenti:

  1. QUANDO ERI A TAMATAVE CON ME NON MI SEMBRAVA CHE TI INTERESSASERO MOLTO GLI INSETTI, ERI SVAGATO PER ALTRE COSE, FORSE DOVRESTI RACCONTARE DI QUALCOSA CHE C'E' SULLA COPERTINA DEL TUO LIBRO francesco

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    1. Se quello a cui alludi è stato, per me, un rito di iniziazione (a cosa, poi, non so), allora tu sei stato il mio mentore, insieme all'indimenticabile Marcello.

      Comunque, tu non c'eri con me sulla terrazza dell'hotel del cinese, dove si davano convegno le "makurele" e dove la sera sentivo il canto metallico e cadenzato del succiacapre.

      Ma io l'ho saputo dopo di che uccello si trattasse, perché sul momento non ne avevo la più pallida idea.

      Solo una volta tornato in Italia l'ho capito.

      I succiacapre si trovano in tutto il mondo e ci sono anche qui da noi: ogni tanto, la sera d'estate, li vedo volare nel greto del Tagliamento. Mai trovato il nido!


      E non c'eri con me quando al mercato di Bazary Be un bambino si trastullava con un grosso coleottero marrone, a cui un adulto della sua famiglia aveva legato del filo di nylon da pesca, trasformandolo in una...macchinina vivente.

      Proprio come i nostri nonni, che legavano un filo ai cervi volanti, trasformandoli in...aeroplanini.

      Gliel'ho tolto, benché sua madre fosse lì presente e ho messo subito mano al portafoglio. Volevo riscattare l'insetto e porgevo una banconota di piccolo taglio alla donna, la quale però mi ha fatto cenno di darla al bambino stesso.

      Da educatore, sapevo che dare dei soldi ai bambini piccoli è sbagliato, ma ho eseguito gli ordini.

      Il giorno dopo, sempre al mercato, ho comprato una macchinina di plastica, ovviamente di fabbricazione cinese, e sono tornato sul posto con l'intenzione di regalarla al bimbo, ma quel giorno la bancarella, con madre e figlio, non c'era, così non mi è rimasto altro da fare che regalare il giocattolo a Lydie, che figura sulla copertina del mio libro, da te fotografata, e che l'avrebbe portato al suo figlioletto.

      Gli animali mi interessavano anche nel 2006, ma, come dici tu, ero distratto da...altre cose.

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  2. PARLARE DI SUCCHIACAPRE IN MADAGASCAR E' UN TANTINO EQUIVOCO SE POI E' ASSOCIATO AD UN UCCELLO ......francesco

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    1. Allora, lo chiamerò "caprimulgo", che significa la stessa cosa.

      Pensa che in Perù li chiamano "gallinella cieca". Li ho visti a Nasca, una sera, quando volano rasoterra.

      E in Sudafrica li vedevo nei fari della macchina in movimento, ma non si facevano investire.

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  3. PER QUANTO RIGUARDA I SOLDI DATI AL BAMBINO PER L' INSETTO LEGATO E' UN ATTO SBAGLIATO IN MADAGASCAR PERCHE' IL GIORNO DOPO TI TROVI UNA MAREA DI BAMBINI CON L' INSETTO LEGATO CHE SPERANO ANCHE LORO DI AVERE DEI SOLDI. francesco

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    1. Sì, c'è questo rischio, come ben sappiamo entrambi, ma in quel caso non è successo.

      In hotel ho trovato un bravo giovane, dipendente della struttura, che con un paio di forbicine e con molta pazienza è riuscito a tagliare via il filo di nylon, che era legato attorno al corpo del coleottero.

      Poi, sono andato a liberarlo in periferia, su una grande siepe.

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  4. O CARO ROBERTO CHE DI LYDIE TI RICORDI SOLO DELLA MACCHININA PER IL FIGLIO, CAZZO IL NOME NON TE LO SEI DIMENTICATO, CHISSA' COME MAI?

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    1. Il nome è stato facile mandarlo a memoria, Lidia, ma i loro cognomi impronunciabili sono così lunghi che non è possibile ricordarli. A meno che non siano cognomi francesi, come nel caso di Pascaline.

      Pensa che Tina, che è diventata la mia seconda moglie, ha cinque nomi, tra cui anche quello del nonno, ma tu pensi che io li sappia tutti?

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  5. NATURALMENTE LE ALTRE COSE ERANO I TRAMONTI, IL MARE, I COLORI, I POUSSE-POUSSE, LE SPIAGGE, IL SOLE, ECC....... PERCHE' NON HAI IL CORAGGIO DI DIRLO APERTAMENTE? TUTTI NOI ERAVAMO AMMALIATI DA QUESTE COSE francesco

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    1. Ma è scontato!

      E' ovvio...i tramonti, i paesaggi...

      A qualsiasi italiano residente potevi chiedere cosa gli piaceva di più del Madagascar e tutti ti dicevano la stessa cosa: il senso di libertà.

      In effetti, laggiù mi sentivo un signore, ma quando tornavo in Italia mi sentivo di nuovo come un barbone.

      Ecco perché in 12 anni, ci sono andato una dozzina di volte, dal 2006, quando ti ho conosciuto, fino al 2017.

      Fuggivo da una realtà in cui mi sentivo prigioniero. Probabilmente, a te capitava la stessa cosa.

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  6. VORREI CHE CI FOSSE MARSELO' A SENTIRE " dove si davano convegno le "makurele" e dove la sera sentivo il canto metallico e cadenzato del succiacapre.

    Ma io l'ho saputo dopo di che uccello si trattasse, perché sul momento non ne avevo la più pallida idea" CAZZO MA LO HAI SCRITTO APPOSTA. francesco

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    1. Quel grande vecchio hotel, di proprietà di un cinese, aveva ampie terrazze che si affacciavano su grandi alberi frondosi. La sera, e per buona parte della notte, sentivo quel verso metallico e ritmato. Non sapendo che verso facesse il caprimulgo, sono rimasto a lungo incerto.

      In Italia, li avevo visti volare al tramonto al Tagliamento e una coppia in volo dalla terrazza della mia baita in montagna. E altri due investiti su una strada asfaltata di Bibione Pineda, morti romanticamente insieme, forse investiti dalla stessa macchina.

      Per qualche giorno, Marcello fu ospite di quell'albergo. Poi non seppi più nulla di lui, finché non andai a Roma e lui venne a prendermi in stazione, quando volevo chiedere il permesso di soggiorno la prima volta. Lui mi portò all'ambasciata. Se non ricordo male, era il 2008.

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