Fonte: Pazzo web 5stelle
Nella città
eterna, a Roma, aumentano i senza fissa dimora. Non sono nomadi, non
sono rom. Quelli che vediamo sdraiati ai bordi della Stazione Termini
o nelle roulotte non vorrebbero vivere così, alla giornata e a cielo
aperto, eppure sono costretti. Perché per molti italiani, la strada
e la roulotte rappresentano l’ultima spiaggia dove poter vivere o
sopravvivere. Sono più che
raddoppiate, nel 2014, rispetto all’anno precedente, le richieste
all’Help Center della stazione Termini da parte dei “senza fissa
dimora” con un sensibile aumento degli italiani in difficoltà. Più
58% è il dato con cui si è dovuto confrontare il sistema di
accoglienza romano. Il 23% delle richieste provengono da italiani. I
nuovi utenti sono stati 1.722 su un totale di 2.927 persone
disagiate. Una persona su quattro vive per strada, o meglio nelle
stazioni in condizioni di disagio completo. Sono questi i numeri choc
dell’indagine presentata dall’Osservatorio Nazionale sul Disagio
e sulla Solidarietà nelle stazioni italiane.
Sempre a Termini, dal
primo gennaio 2015, sono arrivate 19.300 richieste di aiuto che hanno
riguardato 2.700 persone di cui 650 italiani. A questo si aggiunge un
altro fenomeno in aumento, sinonimo di impoverimento e di mancanza
totale di risorse: il boom di famiglie che vivono in roulotte. Solo a Roma si contano
48 strade con 107 alloggi su quattro ruote. Due anni fa erano circa
la metà. La giornata tipo di italiani diventati senza fissa dimora
si svolge così: la mattina vanno al lavoro (chi ce l’ha ancora),
la sera si rintanano in roulotte a custodire quel poco di dignità e
di pudore rimasto. Usano i bagni del cimitero, l’acqua delle
fontane, in silenzio. Sperano di non essere riconosciuti. Alcuni
hanno uno stipendio o una pensione, ma non sufficienti per pagare un
posto dove vivere. Un alloggio, una casa, un tetto sopra la testa.
Esistenze ai margini di una quotidianità disarmante, fra giochi per
i bimbi, stendini, bomboloni di gas all’aperto, attacchi elettrici
d’occorrenza. Famiglie di italiani con figli piccoli, padri e madri
separati, single, esercenti, anziani, impiegati, imprenditori caduti
in disgrazia.
Ognuno ha la sua storia, la sua disavventura. Con un
denominatore comune: senza più una casa, in strada per la crisi che
morde, i problemi che ci sono puntuali e raddoppiano, lo stato
inesistente, sordo. Da mesi e mesi. Centosette roulotte contate in 48
vie. Il 30% in più, a distanza di oltre due anni e mezzo. Dal centro alla
periferia. Sono quelli che chiamano “invisibili”, o che almeno
vorrebbero essere tali, ma così facendo danno ancora più
nell’occhio di chi una casa c’è l’ha. Un fenomeno in
espansione che a Roma, purtroppo, sta diventato la normalità.
Dall’Eur all’Aventino, da Ostiense al Fleming, dalla Cassia a San
Lorenzo, dalla Garbatella fino ad Ostia. D’altronde, sono oltre
400.000 le famiglie dello Stivale che hanno perso la casa negli
ultimi cinque anni. I numeri, che toccano vari aspetti, confermano il
dilagare dell’emergenza romana.
Vigilanza ancora
latente sulle condizioni igieniche di un’area da tempo terra di
nessuno. Dormono col sottofondo del traffico su Lungotevere Aventino;
in via del Commercio ora c’è un mega telone vicino alla roulotte
«allargata» del disabile che vi dimora; a viale dell’Industria, a
pochi metri dal Palazzo dei Congressi, si lavano in bacinelle attorno
a una discarica. Gianni e la sua famiglia, invece, sfrattati, per un
mese ospiti di una tenda sotto gli alberi del Parco Papacci in via di
Grottarossa, una roulotte sono riuscita ad averla grazie alla
mobilitazione social del quartiere. Cifre recenti parlano di +21% dei
pasti nelle mense comunali, un impoverimento che colpisce chi, fino a
pochi mesi fa, si sentiva garantito dal proprio tenore di vita. A
conferma pure i dati sul fronte sanitario: l’Urbe è una delle
grandi aree con il maggiore incremento di disagio economico che
conduce all’impossibilità di acquistare medicinali.
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