NB: questo mio articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2002 su “Il Nuovo Friuli”, con il titolo “Come guardinghi camaleonti”.
"Che abbronzato!" mi hanno detto i colleghi al rientro da Cipro. E dopo avergli mostrato, sebbene con qualche riluttanza, anche gli avambracci ustionati, gli spiegavo che non ero andato lì per una vacanza, ma per partecipare a un campo antibracconaggio.
Detta così sembra una cosa tipo boy-scout, con tanto
di tende, walkie-talkie e latrina periferica. Invece noi eravamo cinque adulti,
alloggiati in appartamento uso cucina, con macchina presa a noleggio. I miei
amici erano già stati l'anno scorso, sempre in primavera, e mi avevano avvisato
che c'è un caldo africano, e in effetti siamo a sud della Turchia, ma
quest'anno era più ventilato del solito e la sera faceva fresco.
Mi avevano detto: "Portati lo spazzolino".
"Non preoccupatevi - avevo risposto - porterò
anche dentifricio, pettine, rasoio e schiuma da barba".
Cosicché, mi sono portato dietro un vecchio
spazzolino da denti che tenevo in mezzo ai
pennelli, ma non mi è servito molto perché, per carattere, non ho molta pazienza. I primi uccellini che trovavo, invischiati per le zampe e le punte delle ali, li passavo a Graziella, che delicatamente li ripuliva da ogni residuo di vischio. In seguito, ci ho preso gusto anch'io e, mentre all'inizio li staccavo a secco dal bastoncino invischiato, tirando lentamente e causando anche lo strappo di qualche remigante, poi ho scoperto che spruzzando acqua insaponata durante l'operazione, con uno di quegli spruzzini che si usano per inumidire la roba da stirare, le zampette e le penne venivano via pulite, così che si poteva mollare l'uccellino senza sottoporlo a spazzolatura.
pennelli, ma non mi è servito molto perché, per carattere, non ho molta pazienza. I primi uccellini che trovavo, invischiati per le zampe e le punte delle ali, li passavo a Graziella, che delicatamente li ripuliva da ogni residuo di vischio. In seguito, ci ho preso gusto anch'io e, mentre all'inizio li staccavo a secco dal bastoncino invischiato, tirando lentamente e causando anche lo strappo di qualche remigante, poi ho scoperto che spruzzando acqua insaponata durante l'operazione, con uno di quegli spruzzini che si usano per inumidire la roba da stirare, le zampette e le penne venivano via pulite, così che si poteva mollare l'uccellino senza sottoporlo a spazzolatura.
E' un trauma, per un animale selvatico, essere
afferrato e noi cercavamo di manipolarli per il minor tempo possibile. Del
resto, non li si poteva lasciar andare con addosso residui di vischio, giacché
questo li avrebbe condotti a sicura morte. Non tutti di quei centotre che
abbiamo salvato sono volati via bene, perché qualche timoniera l'avevano
perduta, o tra le nostre maldestre mani o direttamente sul bastoncino
invischiato. Alcuni, dopo la liberazione, forse anche a causa delle piume bagnate,
s'infrattavano, saltellando, sotto il più vicino cespuglio e noi ci chiedevamo
come avrebbero fatto a raggiungere la Siberia. Graziella, prima di liberarli,
gli dava un bacino sulla piccola testa, come benedizione e viatico. Andrea si
chiedeva se in quei casi, trovandosi di fronte un uccelletto impossibilitato a
volare, gli stellioni ne avrebbero approfittato. Non è da escludere, poiché,
date le grosse dimensioni e la dieta insettivora tipica dei sauri, quelle
lucertole chiamate in latino Agama stellio, numerosissime a Cipro, si sarebbero forse trasformate in predatori nei
confronti di una capinera menomata. Ma questo non sarebbe uno scandalo, perché
rientrerebbe nel quadro generale della Natura. Il vero scandalo è che i
ciprioti mangino uccelletti del peso di due grammi, così, a gratis, senza un
reale bisogno. I ciprioti, infatti, sono gente ricca, con un tenore di vita
almeno pari a quello italiano. Grazie al turismo. Mentre a Lignano e Bibione
c'è la pausa invernale, lì hanno i turisti tutto l'anno. E li spremono ben
bene. Hanno un mare stupendo e i quattro quinti delle loro coste sono già stati
deturpati dalla speculazione edilizia. Solo la penisola di Akamas resiste, ma
ancora per poco, all'assalto del cemento.
In compenso i ciprioti buttano le immondizie
dappertutto e l'entroterra, benché vi sia una florida agricoltura, dà un senso
di squallore con tutti quei frigoriferi, quelle carcasse d'auto, i sacchetti
della spazzatura e le interiora di pecora lasciati in giro nei campi e nelle
strade. Il concetto di riciclaggio, insieme alla tecnologia per attuarlo, è ben
lungi dall'essere approdato sull'isola. Su cinquantacinque parlamentari, i
ciprioti ne hanno uno solo che, pare, faccia parte di un partito verde.
Dimodoché, considerato che su una popolazione complessiva di 700.000 abitanti
ci sono 55.000 cacciatori (sarebbe come se noi ne avessimo sei milioni!), la
mia impressione è che a Cipro siano indietro di trent'anni rispetto a noi, in
fatto di coscienza ecologica.
Che il vischio e le reti siano vietati se ne
infischiano, anche in considerazione del fatto che in tutta l'isola, di
guardiacaccia, ce n'è solo un centinaio. Praticamente ogni proprietario di
agrumeto si trasforma, indisturbato, in bracconiere, in primavera col vischio e
in autunno con le reti. Nel 2004 Cipro dovrebbe entrare giuridicamente in
Europa, ma questo non cambierà la situazione perché si sa come vanno certe
cose. Infatti, l'Italia, che in Europa c'è già, continua furbescamente ad
autorizzare l'uso delle reti senza che nessun deputato europeo si scomponga.
Ogni tanto arrivano, è vero, le condanne e le multe da Strasburgo, per l'Italia
inadempiente, ma sono condanne e multe (come le Grida manzoniane) che non
tolgono il sonno a nessuno.
In sei giorni effettivi di lavoro, giacché ce ne siamo
concessi anche due come normali turisti visitando Nicosia e i monti Trodos,
abbiamo distrutto 1581 bastoncini invischiati, trovati negli orti della zona
sud est di Cipro, appoggiati orizzontalmente sui rami dei nespoli, degli aranci
o dei melograni. E' infatti attorno a Paralimni e Agia Napa che cresce la
pianta, chiamata in inglese Sirian Plant, dalle cui bacche si ricava la micidiale sostanza collosa usata per
catturare i piccoli uccelli migratori. Sembra che tale pratica sia molto
antica, mentre l'uso delle reti è stato introdotto solo in anni recenti, in
concomitanza con l'aumentato benessere economico della popolazione.
Perfino la guida del Touring Club Italiano
pubblicizza, scelleratamente, la ghiottoneria
dell'isola a base di uccelletti, a beneficio di quella categoria di turisti temerari che in Perù vogliono assaggiare il porcellino d'India, in Giappone la carne di balena e di serpente, e se vanno in Spagna, ovviamente, non vogliono perdersi la corrida! Barbari in trasferta che vanno a trovare i loro cugini indigeni.
dell'isola a base di uccelletti, a beneficio di quella categoria di turisti temerari che in Perù vogliono assaggiare il porcellino d'India, in Giappone la carne di balena e di serpente, e se vanno in Spagna, ovviamente, non vogliono perdersi la corrida! Barbari in trasferta che vanno a trovare i loro cugini indigeni.
Benché ci muovessimo sempre in modo guardingo, come
camaleonti che attraversano la strada, in alcune occasioni siamo entrati in
contatto con i padroni del fondo. Dato che nella nostra cultura la proprietà
privata è sacra, ci sentivamo svantaggiati psicologicamente entrando nei
frutteti alla ricerca dei bastoncini, ma nel primo caso, materializzatosi dal
nulla il proprietario, abbiamo continuato a fare quello che stavamo facendo:
Andrea saliva sulla scala appoggiata all'albero e ci passava gli stick con gli uccellini attaccati, io, Graziella e Roberto
li pulivamo, Simone filmava. L'uomo è rimasto zitto e fermo ad osservarci,
senza sapere che pesci pigliare.
Nel secondo caso, addirittura, un paio di giorni
dopo, il padrone del frutteto si è messo anche lui a liberare, in nostra
presenza, quegli uccelletti che le sue stesse trappole avevano catturato (in
Friuli invece sarebbe finita a calci e pugni), e quando si è avvicinato a
Graziella per toglierle di mano la capinera, lei, fattasi orsa che difende gli
orsetti, ha sfoderato l'istinto materno gridando: "No, no, no!" e
rifiutandosi di consegnare l'uccelletto nelle mani di quell'omaccio, benché
animato da buone intenzioni. "Devono essere ben puliti..." ho detto
all'uomo, che non si aspettava quella reazione.
Cosa avrà voluto dimostrare, mettendosi con noi a
liberare uccelli? Voleva solo essere ospitale nei nostri confronti o ci aveva
scambiato per funzionari governativi alle dipendenze del Game Service,
il servizio di vigilanza sulla caccia? Qualunque sia la risposta, ce ne
venivamo via, ogni volta, dai poderi con sentimenti contrastanti: da una parte
la soddisfazione immediata di aver tolto di mezzo le insidie e liberato
bigiarelle, canapini, balie dal collare e sterpazzole, dall'altra l'amara
consapevolezza che dopo il nostro passaggio altre migliaia di bastoncini
invischiati sarebbero stati rimessi al loro posto, fino alla fine del passaggio
migratorio. E' poca cosa, sei giorni di perlustrazione, in cinque persone, con
migliaia di frutteti da ispezionare: bisognerebbe essere più numerosi, anche
per una questione di sicurezza, ma non tutti possono spendere quattrocento euro
per il biglietto aereo e prendersi le ferie in aprile. E poi forse bisognerebbe
andare in autunno, quando in ogni orto c'è una rete, e viene compiuta una vera
mattanza, ma in autunno abbiamo il lavoro degli archetti, nel bresciano.
Insomma, non si può arrivare dappertutto.
Come in Sardegna cerchiamo il contatto con gli
animalisti del posto, così a Cipro siamo stati ospiti, una sera, al ristorante,
di Melis Charalambides, esperto della Cyprus Ornithological Society. Egli andrà
a Bruxelles il prossimo dicembre, per chiedere l'intervento dell'Unione Europea
sul problema del bracconaggio, ma io credo di sapere già cosa gli risponderanno:
"E' una questione interna... avete il vostro servizio di vigilanza: fatelo
funzionare!".
Gli uccelli canori continueranno a transitare su
Cipro due volte l'anno e migliaia di loro, chissà per quanto ancora, finiranno
lì il loro viaggio e la loro breve esistenza, transitando attraverso l'apparato
digerente di incoscienti ominidi buongustai, incapaci di vedere l'aspetto
divino della Creazione, avidi materialisti, nocivi all'ecosistema e che
allegramente ci condurranno tutti, come specie, all'estinzione. Purtroppo sono
la maggioranza e fintanto che saranno loro a dominare il pianeta,
saccheggiandolo, noi saremo costretti a vivere nell'ombra, comportandoci da
carbonari, e a muoverci di nascosto, tra i frutteti e altrove, come guardinghi
camaleonti.
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